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Ho letto sul vostro giornale della contestazione sull'area ex Amcm (video sopra). Ieri sera allora, quando la folla era sparita, sono andato di persona a vedere per farmi una idea.
Devo dire che nel complesso il comparto risulta sicuramente interessante. Bellissimo il 'nuovo' teatro e il colpo d'occhio c'e. Una passeggiata piacevole in un contesto sicuramente estetico. Anche se temo che questo enorme spiazzo di cemento d’estate diventerà impraticabile.
E mancano ancora le tre palazzine di appartamenti di lusso che non abbelliranno l’effetto!
Il verde risulta sacrificato ma quantomeno è presente rispetto a piazze di nuova riqualificazione completamente prive di alberi (come dal Data Center alla Sacca!). Tuttavia la riflessione mi pare d'obbligo. Io, cittadino di periferia, come il 90% dei miei concittadini, come usufruirò di quel comparto?
Dovrò recarmi in auto per andare a teatro con parcheggi prima gratuiti ora a pagamento? Rispetto a prima, i ragazzi modenesi usufruiranno della palestra, e poi? E il mercato Albinelli reggerà contro la Coop? Spero di sì.
In linea di massima il comparto, devo dirlo, mi sembra pensato per una certa categoria di cittadini abbienti e i privati costruttori; ma tutti gli altri? Lo chiedo perché pare, da quanto dicono i 'contestatori' che l'area pubblica Amcm, sia stata venduta ad un privato ad un valore inferiore rispetto al valore effettivo. Questa svendita però, chi la paga? Come accade spesso verrà pagata da tutta la collettività, per un comparto però di cui non usufruirà tutta la collettività e i cui profitti, probabilmente, saranno a beneficio del costruttore di appartamenti di lusso e del supermercato?
Spesso ci domandiamo perché i conti del Comune siano in rosso. Qui abbiamo una prima risposta. E nel frattempo, nelle periferie non ci sono i soldi per rifare i marciapiedi, ciclabili o curare il verde pubblico.
E allora mi trovo forse d'accordo con chi dice che probabilmente erano da creare 'servizi pubblici per la città', come appunto quei 'contestatori' della varia sinistra modenese.
Fabio Barbieri
Redazione Pressa
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