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Possono la Regione Emilia Romagna e il suo Presidente rimanere indifferenti di fronte all’annunciata e imminente demolizione, a Castelfranco, delle “case operaie” di inizio Novecento? Era stata la stessa Regione a riconoscere negli anni 90 del secolo scorso l’esigenza di programmarne l’integrale recupero e a finanziarne il progettato primo stralcio, portato poi a esecuzione. Ora l’amministrazione comunale vien meno a quell’impegno originario e dà mandato all’Acer (Azienda Casa Emilia Romagna) di Modena – paradosso singolare - di abbattere le case in luogo di recuperarle.
Si tratta di un episodio di straordinario interesse per la precoce iniziativa municipale di edilizia sociale: l’amministrazione socialista assunse allora il compito di dare casa a chi era attratto nel capoluogo dalla prima industrializzazione e programmò l’espansione dell’insediamento urbano per comprendervi un nuovo quartiere – due isolati attraversati da viali alberati – e così soddisfare quella esigenza di adeguate abitazioni.
Un’esemplare vicenda di razionale urbanistica. E si rivolse per il progetto all’ingegnere allora protagonista della prima produzione dell’Istituto per le case popolari di Bologna.
Gli Uffici della tutela statale hanno negato interesse culturale allo storico insediamento di edilizia pubblica, perché sarebbe stato radicalmente ristrutturato negli anni Ottanta del Novecento, ma è vero invece che gli edifici si sono conservati nell’assetto originario e dunque palese è l’errore di identificazione che, per riflesso burocratico, non si è voluto riconoscere.
Italia Nostra si rivolge con fiducia al Presidente Bonaccini perché nella sua responsabilità di guida della Regione, che ha compiti di programmazione delle politiche abitative, contrasti la cancellazione dal centro storico di Castelfranco Emilia di un esempio, raro nell’ambito dell’Emilia Romagna, di precoce edilizia sociale rimasta integra nelle essenziali strutture e perciò recuperabile ad aggiornati standard abitativi.
Italia Nostra, sezione di Modena
Redazione Pressa
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