'La Rete città sane? Serve proprio a chi ha più problemi, come Modena sul fronte della qualità dell'aria'

 

La presidente della Rete Città Sane Simona Arletti replica a un articolo de La Pressa e a un successivo intervento del M5S relativamente al suo ruolo nella stessa Rete Città Sane e ai costi che gravano sul Comune di Modena.

Ecco l'intervento che, come sempre, pubblichiamo in modo integrale. 

 

Desidero informare i vostri lettori, a nome del Comune di Modena che rappresento quando svolgo funzione di presidente rete città sane, che alcune informazioni da voi riportate non sono complete rispetto ai costi supportati dal bilancio del Comune, inoltre ritengo che abbiate trasmesso un' idea non corrispondente allo scopo della rete città sane per come è organizzata nei 30 paesi europei in cui esiste su richiesta dell'organizzazione mondiale della sanità (Oms).

Mentre avete indicato correttamente che il costo di adesione per un Comune delle dimensioni di Modena che ammonta a 1000 euro anno, cifra ferma da una decina di anni, va spiegato che il costo che si assume la città che ha la presidenza della rete, prima era Bologna,  dal 2010 è Modena,  deve coprire il costo del part-time della persona che svolge il ruolo di coordinatore tecnico della rete. 

Questa persona quando nel 2019 Modena cederà la presidenza ad altra città tornerà a tempo pieno sempre come dipendente quindi non ci sarà nessun risparmio effettivo sul bilancio del Comune solo uno spostamento di capitolo della cifra indicata. Oggi la stessa persona si occupa della rete e dei progetti del Multicentro ambiente e salute domani seguirà solo quelli, abbiamo preferito per chiarezza rendere chiaro il doppio ruolo e imputare la cifra di contributo per il part-time piuttosto che lasciare tempo pieno sottintendendo il doppio incarico, la cifra è comunque sempre la stessa.

 
Si parla nel vostro articolo inoltre del serio problema delle polveri sottili lasciando sottintendere che se l'adesione e il coordinamento della rete servissero a dimezzare le polveri ne varrebbe la pena. Questo presuppone un grosso equivoco, le città sane sono nate come movimento stimolato da Oms per condividere analisi degli indicatori di salute, strategie e buone prassi per diventare città  più sane e tra questi il primo determinante è l'istruzione, poi il benessere (lavoro, casa) poi l'ambiente e infine i servizi sanitari, sempre tra i determinanti principali si pone lo stile di vita (alimentazione, attività fisica, fumo, uso di alcol, comportamenti sessualmente responsabili...). In pratica quindi proprio le città con maggiori problemi quali quello della qualità dell'aria possono trovare utile confrontarsi con esperti e con altre esperienze.
A livello locale se tutti i bambini del triennio elementare partecipano al progetto di comunità per le prevenzione obesità infantile denominato Informascuola, su cui a Valencia ho riferito e che ha destato interesse di citta che lontane  come Tel Aviv, è per il lavoro di rete che ufficio città sane ha costruito negli anni con Ausl, scuole, volontariato, sponsor privati.  Se tutti i ragazzi delle seconde medie di Modena possono partecipare al percorso di sensibilizzazione sulla donazione degli organi, del sangue e dei tessuti è sempre per il lavoro di coordinamento che è stato seguito  con le scuole, le due aziende sanitarie, i medici di base e le associazioni del dono. Se i cittadini modenesi all'anagrafe possono dichiarare la loro volontà a donare organi in caso di decesso, con l'obiettivo di aumentare la volontà a donare per accorciare le liste di attesa dei dializzati in attesa di trapianto si deve al protocollo siglato tra Rete  e Centro nazionale trapianti. Se i ragazzi di Modena per primi hanno beneficiato del percorso museale sulla donazione come stile di vita sano e solidale col progetto Globulandia, poi portato in altri 15 Comuni italiani, è per il finanziamento ottenuto dalla rete da Fondazione cassa di risparmio. Se in tutti i quartieri si è diffusa la presenza di percorsi casa scuola a piedi o in bici, Pedibus, è anche grazie al supporto dato dalla rete ai vari quartieri e ai volontari, genitori e non, tanto ormai sono azioni diventate prassi che vanno avanti in autonomia. Non aggiungo altro sull'impatto locale dei progetti costruiti con la rete, mentre sul ruolo nazionale credo il vostro articolo sottovaluti 'colpevolmente' la scelta di essere a servizio di altri Comuni anche più grandi come Milano, Torino, Bologna e al tempo stesso coordinatore di buone prassi, è un onere e un onore o non possiamo mai esser orgogliosi di esser riconosciuti da altri in ruoli guida? A fronte di queste considerazioni giudicheranno liberamente i lettori se è giusto che Modena continui a sviluppare politiche di prevenzione con altri Comuni di diverse espressioni politiche ma animati da lo stesso obiettivo, insieme alle altre città europee.

Simona Arletti