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Rientro di tanto in tanto a Modena e non posso fare a meno di osservare taluni cambiamenti che ovviamente a chi risiede lontano appaiono maggiormente evidenti. Ho ormai desistito dal cercare di fare capire cosa significhi (anche in rapporto alla normativa internazionale peraltro ratificata dalla Repubblica Italiana e quindi Legge dello Stato) avere un bene classificato Patrimonio dell'Umanità.
Qualifica che una volta concessa può anche essere revocata se non se ne rispettano le condizioni. Purtroppo con chi non vuole capire c'è poco da fare. Ma vi è un altro aspetto che maggiormente mi indigna. Oggi ho veduto in Piazza Grande, disposti tavoli all'aperto di un bar ristorante proprio sotto il palazzo dell'Arcivescovado.
Quello spazio è sacro, bagnato dal sangue di Martiri della Libertà, non può essere utilizzato impropriamente, tralaltro celando in parte la Porta dei Profeti del Duomo (ma questo è secondario).
Sarò delicato, ma dove la terra fu bagnata dal sangue di Martiri, ripeto, bisogna accostarvisi con reverenza e non sedersi per un rinfresco o una bibita. Capisco che ormai quello che conta è il profitto, ma rispetto e memoria non possono essere relegati solo ad anniversari. La storia è fatta anche di luoghi, Come mi sono indignato nel vedere giovani accompagnati dai loro 'insegnanti' (poco meritori di tale qualifica) coca cola in mano, sgranocchiare patatine nel corso delle visite ai campi di sterminio e prigionia, altrettanto mi indigno nel vedere quei tavolini. Li mettano pure altrove, ma quel selciato è sacro, a meno che la memoria sia ormai un optional da usare a propria discrezione. Cosa ne sanno gli studenti modenesi di cosa accadde in piazza Grande e chi fossero quei Martiri? Forse non hanno mai neppure alzato la testa verso la lapide che li ricorda (a proposito, rinfrescare la corona, no?)
Scusate se mi ripeto, sarò ormai anziano e forse secondo alcuni incline al rimbambimento, sarò forse 'delicato' nel prendermela per quello che forse per altri è di poco peso, ma rivendico il mio diritto alla Memoria ed al fare rispettare tale Memoria.
Giuseppe Bellei Mussini
Redazione Pressa
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