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La redazione de La Pressa ieri è stata contatta telefonicamente da una donna residente in un Comune della Provincia di Modena della quale la redazione conosce nome e residenza. La lettera racconta la straziante vicenda di una mamma che alcuni anni fa scelse di partecipare a un film hard. Scelta della quale poi si è pentita uscendo faticosamente da quello che lei stessa giudica oggi un errore. Ma l'incubo, a causa di alcuni compaesani della donna è tornato. Abbiamo riflettuto con attenzione sulla opportunità di pubblicare il testo sottostante, ma l'auspicio è che la pubblicazione di questa lettera, inviataci dalla diretta interessata (che per ovvi motivi anche per tutela della figlia preferisce restare anonima) possa contribuire a fare luce nelle menti di quelli che oggi sono i suoi aguzzini psicologici.
Tempo addietro, in un periodo molto particolare della mia vita, feci un grave errore entrando in un mondo particolare di cui tutt’oggi mi vergogno a parlare, pur vedendomi ora costretta a farlo. Torno indietro nel tempo di circa 4 anni. Era il novembre 2015. Tramite un amico conobbi un attore hard che mi convinse a recitare in alcuni film hard. Dopo pochi mesi, mi resi tuttavia conto dell’errore che stavo facendo: quella non era la mia vita e non volevo che facesse parte del mio futuro.
Quell’errore mi provocò all’epoca un forte shock psicologico, costringendomi ad entrare in terapia per cercare di risolvere il trauma che mi ero provocata da sola: infatti mi sentivo sporca. Ora, dopo anni dalla fine della terapia, sono riuscita a ricostruirmi una vita normale: ho un lavoro rispettabilissimo, ho stretto amicizie nuove e più che degne.
Avevo anche iniziato a partecipare alla vita sociale pubblica aderendo ad un movimento politico. All’interno d’esso ho conosciuto alcune persone di cui mi sono ciecamente fidata, persone che mi hanno portata ad aprirmi al fine di essere completamente onesta e trasparente, persone a cui ho raccontato il mio passato travagliato.
Purtroppo da lì è nato il mio calvario: proprio le persone con cui mi ero aperta hanno inziato a spargere i loro velenosi semi, raccontando in lungo e in largo ciò che avevo fatto. Hanno iniziato a denigrami come persona, come donna, come mamma e tutt’ora, strumentalizzano questa oscura parentesi della mia vita per i loro scopi e bassi fini, allo scopo di bloccarmi lavorativamente e impedire la mia crescita sociale e politica. Come subdoli carnefici psicologici, minacciano di mettere tutto sui giornali, non contente di avermi già infangato per tutto il paese in cui vivo. E’ vero, io ho fatto a suo tempo un brutto scivolone ma non ho commesso alcun crimine e a fatica sono riuscita a ricostruirmi una vita normale. Non sento il bisogno che venga rinvangato ciò che ho fatto né merito di essere infangata ed ingiuriata per i miei errori con il nomignolo di “prostituta”, nè merito di esser costretta a leggere sui vai social sottili prese in giro con riferimenti ad errori di cui oggi mi vergogno, strumentalizzate unicamente per fini personali, sociali e politici.
Pur non appartenendo più allo stesso gruppo politico, i miei carnefici continuano ad ingiuriarmi e a vessarmi con apostrofi infanganti e continui riferimenti ad un passato di cui speravo dopo un lungo calvario e lavoro personale su me stessa, di essermi liberata. Queste ingiuste e immotivate angherie con le quali vengo bullizzata per pura cattiveria – chiaramente all’unico scopo di farmi abbandonare le attività sociali e politiche di cui sono orgogliosa di far par parte per riabilitare me stessa come persona e come donna – hanno risvegliato in me turbamenti ed incubi che mi hanno provocato una seria crisi depressiva, portandomi soltanto a desiderare di lasciare il paese in cui vivo, a desiderare di lasciare lavoro ed amicizie. Si può davvero essere così crudeli? Si può davvero essere carnefici al punto da voler annientare una persona, moralmente e fisicamente?!
Ricordate: la cattiveria può uccidere una persona.
Lettera firmata
Redazione Pressa
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