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Studentessa Unimore: 'Lezioni in presenza col Green Pass, solo bluff'

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'L'Università stessa obbedisce pedissequamente alle regole imposte da questo governo, senza porsi minimamente dalla parte degli studenti'


Studentessa Unimore: 'Lezioni in presenza col Green Pass, solo bluff'
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L'università degli studi di Modena e Reggio Emilia, ha deciso quest’anno di puntare sulla presenza come peraltro stabilito dalle linee guida del MIUR e dalle linee guida del MUR. Sono sostanzialmente d’accordo su questa indicazione pedagogica dopo l’intero anno accademico precedente, passato in DAD. Ma è davvero tutto come appare? Sono una studentessa di Scienze Formazione Primaria al secondo anno di studi e ho ricominciato l’attività accademica da circa due settimane nella sede distaccata di Viale Timavo a Reggio Emilia.
La volontà di riportare le attività accademiche in presenza seppur sia stata pensata teoricamente con buone intenzioni e sia stata spinta fortemente anche dal Ministero, sta incontrando notevoli difficoltà, che raggiungono molto spesso l’assurdo.

Il primissimo ostacolo alla serena frequentazione della vita universitaria è sicuramente stato posto in essere con l’approvazione del “certificato verde”, requisito obbligatorio per chiunque varchi la soglia dell’edificio accademico, Ci sarebbe molto da dire su questo strumento discriminatorio che divide gli studenti in due categorie; gli studenti di serie A appartenenti alla categoria degli aventi diritto all’ingresso e gli studenti di serie B che non avendo lo stesso diritto non possono entrare.

Non v’è dubbio che la finalità di introduzione di un lasciapassare non sia quella dichiarata ma sia piuttosto un modo indiretto di spingere la vaccinazione dei giovani. I proclami ministeriali sulla presunta funzione di tale strumento, in realtà si scontrano con la dura realtà: se fosse davvero strumento sanitario utile, l’ingresso dopo il controllo del QR code dovrebbe essere libero.

Accade invece ad Unimore che per poter accedere alle aule dove si svolgono le lezioni bisogna prenotare il posto tramite applicazione on line che traccia la presenza della matricola in una determinata aula.
Le lezioni obbligatoriamente in presenza quindi, devono essere così prenotate dallo studente prima di giungere sul posto o tramite Qr code affisso all’ingresso dell’edificio. Un controllo ulteriore che rende tutto notevolmente più complicato, tra codici alfanumerici e organizzazione degli orari contemplati in un unico blocco e che molto spesso impediscono di poter prenotare il proprio posto fisico anche ai corsi successivi. Succede quindi che bisogna stare svegli di notte per avere la possibilità di frequentare alcune materie, provare quindi a prenotare alle 6 del mattino sperando che non ci sia stato l’assalto allo scoccare della mezzanotte, o andare comunque e sperare che le prenotazioni effettuate da app o da sito, siano minori e lascino la possibilità a chi non è riuscito a prenotarsi, di poter entrare comunque.

Questo accade perché non ci sono spazi adeguati per il numero degli studenti di Scienze Formazione Primaria ed è un problema che esiste da sempre in ambito universitario, semplicemente in periodo pre-pandemico chiunque poteva entrare e sedersi anche per terra mentre oggi non è possibile per le ovvie ragioni di distanziamento sociale da rispettare.
Lo Stato e la Regione quindi, non hanno mai investito sull’istruzione dal punto di vista strutturale in questi quasi due anni di emergenza, ma si sono preoccupati unicamente di partorire un “certificato verde” obbligatorio ed inutile, lasciando comunque le Università nelle stesse condizioni precedenti. L’Università stessa poi, obbedisce pedissequamente alle regole imposte da questo governo, senza porsi minimamente dalla parte degli studenti che pagano per giunta rette piuttosto importanti e che si ritrovano invece servizi mal organizzati e per nulla funzionanti.
A questo punto sorge un problema aggiuntivo; il mio diritto allo studio viene doppiamente leso. In primo luogo da uno strumento di “ conformità sociale” abominevole, dove mi tocca l’onere della prova di essere sana, dall’altro lato nonostante io abbia dimostrato ciò, mi si richiede un ulteriore livello di controllo che NON sempre apre la porta della lezione. Si vuole quindi obbligare alla presenza in un contesto dove la stessa NON può essere garantita a tutti e neanche a coloro che vogliono davvero usufruirne. Viene garantita unicamente al più veloce.

Nonostante si sia perfettamente a conoscenza della situazione grottesca sopra esposta, e sia già stata segnalata da diverse parti, nessuno pare porsi in ottica di contrasto a tali ingiustizie, si attende semplicemente che qualcosa cambi, che qualcuno si accorga che forse non ha alcun senso voler tutelare la presenza laddove non sia possibile garantirla. Forse bisognerebbe invece investire negli spazi. Si continua perciò per scelta a negare modalità di didattica mista come lezioni registrate o in streaming, ciò accade anche perché l’edificio di Viale Timavo è sprovvisto di linea wi fi, quindi non sono possibili altre modalità nonostante che la condizione descritta, NON dipenda dagli studenti, ma dipenda da scelte ministeriali e universitarie che lo studente subisce.

Evidentemente l’interesse di tutela allo studio non è argomento così ghiotto da dover risvegliare le coscienze di chi continua a non voler vedere come in quasi due anni si siano calpestati molteplici diritti fondamentali previsti nella Costituzione. Tutto questo in nome di una sicurezza sanitaria che di scientifico nulla ha e mentre attendiamo che il lasciapassare venga esteso a chiunque, come accadrà tra pochissimi giorni, i più non si rendono affatto conto che tale strumento è stato introdotto con ben altri scopi se all'interno delle aule si viene tracciati con sistemi aggiuntivi che danno diritto o meno alla frequenza in presenza.
Michela Vandelli, studentessa di Scienze formazione primaria

Redazione Pressa
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