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Caro direttore,
Scrivo al suo giornale in merito alla vertenza sindacale alla Goldoni. Chi scrive è un militante politico che vuole soltanto sia fatta chiarezza su tutta questa vicenda, non sono in cerca di visibilità.
Tutte le 'parti sociali' si dicono soddisfatte del risultato ottenuto. Il marchio è salvo, la produzione può ripartire.
È soddisfatta la Keestrack, l'azienda belga che si è trovata al posto giusto nel momento giusto. Come biasimarli? Per poco più di un piatto di lenticchie sono riusciti a portare a casa un'azienda specializzata e nota in tutto il mondo. Di più: grazie alla loro posizione di forza hanno dettato legge, imponendo il licenziamento di un terzo dei dipendenti, senza che il sindacato potesse fiatare.
Sono soddisfatti i dirigenti italiani della Goldoni, che potranno continuare a vivere come nababbi. Hanno passato gli ultimi anni tra stipendi smisurati, lussuose auto aziendali e pranzi di pesce pagati col sudore degli operai.
Non gli è mai interessato che l'azienda fosse in perdita e che una realtà tanto fondamentale per Carpi e Rio Saliceto rischiasse di scomparire. Adesso si preparano a una nuova avventura, non possono che esserne entusiasti.
È soddisfatta persino la multinazionale cinese, anche se ad oggi non è chiaro cosa volessero ottenere. La proprietà del marchio? Il fallimento di un concorrente? In ogni caso ne hanno ricavato un know-how praticamente inestimabile, possono gongolare anche loro.
Anche le istituzioni regionali (in primis Bonaccini e Colla) possono dirsi contente, hanno aumentato la propria proiezione politica senza doversi spendere più di tanto. Molto meno contenti saranno i sindaci e i loro concittadini, soprattutto a Rio Saliceto, dove il danno all'indotto sarà difficilmente riparabile in poco tempo.
Allo stesso modo CGIL e CISL, come organizzazioni, possono dire di aver portato a casa la faccia, nonostante abbiano affrontato la vertenza senza una vera strategia e puntando unicamente a rimanere a galla.
Per contro, i delegati sindacali che si sono trovati a dover seguire questa linea devono oggi ingoiare un rospo dalle dimensioni spropositate.
Questi ultimi, insieme agli altri operai, non sono per niente contenti. Hanno fatto grande la Goldoni e il nome del suo proprietario (che l'ha indebitata e portata sull'orlo del fallimento, salvo prima scappare coi soldi dei cinesi). Hanno sopportato mesi e mesi di cassa integrazione, senza che l'azienda rispettasse la turnazione, concedendo a pochi 'privilegiati' di poter continuare a lavorare. I 110 operai che rimangono perdono svariate tutele e devono rinunciare ad almeno 1200 euro annui di premio produzione, praticamente un mese di stipendio.
Dopo 6 mesi passati a presidiare l'azienda perché non venissero portati via i macchinari, a difesa della propria dignità, 69 di loro se ne sono dovuti andare. Prenderanno una buonuscita misera, nonostante molti lavorassero in quella fabbrica da ben prima che io nascessi. Addirittura l'azienda ha pensato di licenziare un operaio in fascia protetta!
Perché nessuno parla di questo? Perché tutti gridano alla vittoria e nessuno ha il coraggio di dire le cose come stanno? Alla Goldoni si è consumato uno scempio durato un decennio e con un finale impietoso, alcuni operai la percepiscono come una presa in giro e hanno ragione. Rivolgo a lei e ai suoi redattori il più sincero invito a far luce su quanto veramente successo, al di là dei comunicati della Keestrack, della Goldoni, della Lovol, della CGIL e del PD.
Lettera firmata
Redazione Pressa
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