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Si era all'indomani del rastrellamento operato nei pressi di Villa Ganaceto nell'estate del 1944, ove furono impiccati 4 partigiani, la cui memoria è tuttora conservata in un cippo ricordo eretto sul luogo dell'esecuzione. In seguito a quel rastrellamento, giovani ed anziani renitenti alla leva della zona furono condotti all'Accademia Militare di Modena e da qui successivamente in una caserma nei pressi di Forlì ed incorporati in un reggimento di soldati per gran parte racimolati in analoghe operazioni di rastrellamento. All'interno del reggimento si distingueva per la sua attività 'disgregatrice' il sergente Farioli di Modena, il quale approfittando del suo grado, si appropriava di moduli presso la fureria e rilasciava quotidianamente autorizzazioni a militari per recarsi a casa in permesso o in licenza, ovviamente senza più fare ritorno.
Nel tentativo di arginare l'emorragia del Reggimento, il Comandante decise di applicare la pena di morte nei confronti dei disertori e uno di essi, per questa ragione, fu fucilato nel cortile della caserma alla presenza dei soldati, ai quali fu detto che doveva servire di ammonimento e che, comunque, era ormai inevitabile la loro consegna ai tedeschi.
Contro il Comandante si levò il sergente Farioli ammonendo che non era consentito, nell'attuale frangente, che un ufficiale italiano potesse uccidere né, tantomeno, consegnare le sue truppe al comando straniero. Un tale fatto si configurava come un delitto di estrema gravità e come tale, non sarebbe rimasto impunito e, in caso di ulteriori condanne a morte o di consegna delle truppe al comando tedesco, si sarebbe proceduto contro di lui come si procede contro un traditore. Uno degli ufficiali presenti interruppe chiedendo che il sergente venisse immediatamente passato per le armi.
Al che Farioli ribattè 'se ciò accadrà, la stessa sorte a bravissima scadenza , sarebbe toccata al Comandante!' Costui, convinto di trovarsi di fronte ad un esponente partigiano, decise di soprassedere ad ogni esecuzione capitale nonché al trasferimento delle sue truppe al comando tedesco.
Dopo tale intervento, molti altri soldati si allontanarono favoriti instancabilmente dal predetto sottufficiale e il residuo di quel reggimento fu, dopo pochi giorni, trasferito in una caserma di Lugo, nel tentativo di consegnarlo ai tedeschi.
Mentre un ufficiale tedesco prendeva in consegna le poche truppe ancora rimaste, il nostro sergente (zaino in spalla e fucile a tracolla) in compagnia di un suo collega, il sergente Nava, quest'ultimo disarmato, abbandonava la caserma e si dirigeva alla stazione ferroviaria di Lugo da dove, insieme, prendevano il treno per Modena.
All'Alt più volte intimato dalle ronde militari incontrate, il sergente Farioli rispondeva di aver ricevuto ordine di condurre il sergente 'disertore' all'Accademia Militare di Modena. Ai viaggiatori che sul treno avevano più volte invitato il disertore a fuggire anche col loro aiuto, il medesimo rispondeva che era troppo rischioso in quanto il Farioli era particolarmente feroce , e che temeva che la sua famiglia potesse subirne le rappresaglie.
I due proseguirono il viaggio verso Modena per continuare la loro attività nelle file della Resistenza. 'Il feroce sergente Farioli”, altro non era che l’Avvocato Vittorino Morselli (classe 1918), cattolico praticante, presidente della Provincia di Modena per due legislature negli anni 70, tra i fondatori della Federazione Socialista di Modena, che così raccontava questo episodio di grande coraggio che intitolava per modestia ad un inesistente sergente Farioli.
Il 24 Marzo ne ricorre il venticinquesimo della scomparsa e tanti tra i suoi amici, elettori ancora in vita e parenti ne ricordano sia le opere da lui istruite (Panaria Bassa, Fondovalle Estense, Polo Scolastico Modenese e tanti altri progettati sotto la sua presidenza e successivamente realizzati) che i suoi solidi principi di giustizia sociale e qualità morali.
Lorenzo Carapellese