Volley, le fusioni a freddo di uno sport senza bandiere

La pallavolo, con i suoi cambi e le sue instabilità societarie (soprattutto nel settore femminile) è il paragone di quest'Italia ballerina, dalla politica all'economia, passando per le eccellenze


La sconfitta in gara 4 che ha dato a Novara il suo primo titolo nel campionato di A1 femminile è stata anticipata da un commento, sul sito volleyball.it, che alludeva a come lo scudetto, nel caso in cui la Liu-Jo avesse vinto la gara e la successiva “bella”, sarebbe stato comunque il terzo titolo della River Volley, la quale continua ad essere a tutti gli effetti la squadra di Piacenza. Stranezze del volley contemporaneo direte voi, non ci sono più le bandiere figurarsi le squadre e via dicendo. Giorni fa abbiamo detto come queste schizofrenie rappresentino a pieno Modena, la quale si è scoperta orgogliosa da avere nel suo tempio una finale scudetto con l’orgoglio della Ghirlandina da difendere. Più in grande però la pallavolo, con i suoi cambi e le sue instabilità societarie (soprattutto nel settore femminile) è il paragone di quest’Italia ballerina, dalla politica all’economia, passando per le eccellenze.
Perché è innegabile che il volley sia il fiore all’occhiello degli sport di squadra azzurri, e probabilmente è per questo che anche se le piazze tradizionali vengono svuotate, fuse e riassestate, si va avanti ugualmente. Pensate a cosa succederebbe nel calcio se squadre come la Juventus o il Napoli dovessero cambiare colori o città. Nel volley invece ci troviamo di fronte a un caso come quello della Lube, che pur rimanendo sempre in quella provincia (Macerata) ha mutato tre volte la sede di gioco: Macerata appunto, Treia e Civitanova, la sede “madre”. Ma nessuno ha avuto nulla da ridire sull’identità di quegli scudetti. E che dire delle piazze “storiche” che sono scomparse?
Ora, si può ritenere che la fusione tra Nordmeccanica e Liu-Jo sia stata fatta a freddo e i motivi ancora oggi non sono del tutto chiari, tuttavia non si può negare come Modena sia un brand per la pallavolo e, caso singolare in Italia, lo sia in maniera eccellente sia a livello maschile che femminile e a livello giovanile. A Modena nei bar il primato del volley è indiscutibile, secondo solo alla Formula 1, il calcio… vabbeh!
C’è quindi in ogni caso, fusione a freddo o meno, di che essere orgogliosi che un “superteam” sia nato proprio sotto la Ghirlandina e non altrove, a dispetto del blasone che si è perso. Blasone che però potrebbe essere recuperato con un’iniziativa di stampo storico: dopo il museo della figurina perché non aprire un museo del Volley? Magari proprio al PalaPanini, esponendo sul soffitto non solo i titoli che oggi sono riconducibili al Modena Volley 2.0 ma anche quelli storici targati Audax, Avia Pervia, Minelli, Indomita, Fini, Cabassi… è un tributo doveroso perché a Modena si è fatta la Storia di questo sport con 23 titoli maschili e 12 femminili conquistati complessivamente tra Seccha e Panaro. E d’accordo che, come dice Vasco Rossi, non siamo mica gli Americani, che loro hanno le squadre professionistiche che si spostano da un lato all’altro degli States, con blasone al seguito, con le città che le accolgono con tutti gli onori e non con freddezza. Però è così che va il mondo, e di fronte a una tradizione che evapora davanti ai fatti, essere parte di una città che rimane un punto fermo può e deve essere un motivo di orgoglio. Chiudiamo facendo l’esempio di Treviso: fino a che c’è stato l’impegno dei Benetton, la squadra maschile targata Sisley, ha dominato per quasi un ventennio arrivando ad un passo dalla stella. Poi è scomparsa dai radar e oggi al Palaverde si “accontentano” dell’Imoco Conegliano, squadra di vertice in A1 femminile, quest’anno eliminata proprio dalla Liu-Jo. Bando ai sentimentalismi dunque, Modena è la pallavolo. Facciamone tesoro.
Stefano Bonacorsi
Modenese nel senso di montanaro, laureato in giurisprudenza, imprenditore artigiano, corrispondente, blogger e, più raramente, performer. Di fede cristiana, mi piace dire che sono .. Continua >>