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'A uccidere la figlia di Dugin sono stati i servizi speciali ucraini'

Secondo l'Fsb, una agente ucraina entrata in Russia a luglio ha piazzato un ordigno con innesco a distanza nell'auto della 30enne

Sarebbero stati i “servizi speciali ucraini” a organizzare e a compiere l’attentato in cui sabato scorso ha perso la vita la politologa e giornalista russa Darya Dugin, figlia del filosofo Aleksandr Dugin, ritenuto uno dei massimi ideologi delle politiche del Cremlino e fermo sostenitore dell’offensiva militare in Ucraina. Lo ha riferito all’agenzia russa Tass il Servizio federale per la sicurezza di Mosca, noto con l’acronimo Fsb.
Secondo quanto sostenuto dai servizi russi, a compiere l’attentato sarebbe stata un’agente ucraina poi fuggita in Estonia, Vovk Natalya Pavlovna. La donna sarebbe entrata in Russia insieme alla figlia a fine luglio e avrebbe poi iniziato a monitorare gli spostamenti e la vita quotidiana della cronista, classe 1992. Secondo quanto comunicato in giornata da fonti delle forze dell’ordine russe, Dugin sarebbe morta a causa dell’esplosione di un ordigno installato nella sua auto e innescato a distanza.
La deflagrazione in cui ha perso la vita la giornalista, oggetto dal mese scorso di sanzioni da parte del governo del Regno Unito in quanto accusata di diffondere informazioni false a sostengo dell’intervento militare russo in Ucraina, è avvenuta lungo una strada distante circa 40 chilometri da Mosca. Dopo l’esplosione, Denis Pushilin, governatore filo-russo della regione separatista ucraina di Donetsk, aveva incolpato le autorità di Kiev dell’attentato, sostenendo che il governo “terrorista” dell’Ucraina, avrebbe voluto “liquidare” il filosofo, finendo però per uccidere la figlia.
Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente ucraino Volodimyr Zelensky, dal canto suo, aveva negato ogni coinvolgimento nell’omicidio affermando che Kiev non è “uno stato criminale”. Dugin è ritenuto uno dei principali ideatori dello sfondo teorico e filosofico delle politiche nazionaliste del presidente Vladimir Putin.
Secondo quanto sostenuto dai servizi russi, a compiere l’attentato sarebbe stata un’agente ucraina poi fuggita in Estonia, Vovk Natalya Pavlovna. La donna sarebbe entrata in Russia insieme alla figlia a fine luglio e avrebbe poi iniziato a monitorare gli spostamenti e la vita quotidiana della cronista, classe 1992. Secondo quanto comunicato in giornata da fonti delle forze dell’ordine russe, Dugin sarebbe morta a causa dell’esplosione di un ordigno installato nella sua auto e innescato a distanza.
La deflagrazione in cui ha perso la vita la giornalista, oggetto dal mese scorso di sanzioni da parte del governo del Regno Unito in quanto accusata di diffondere informazioni false a sostengo dell’intervento militare russo in Ucraina, è avvenuta lungo una strada distante circa 40 chilometri da Mosca. Dopo l’esplosione, Denis Pushilin, governatore filo-russo della regione separatista ucraina di Donetsk, aveva incolpato le autorità di Kiev dell’attentato, sostenendo che il governo “terrorista” dell’Ucraina, avrebbe voluto “liquidare” il filosofo, finendo però per uccidere la figlia.
Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente ucraino Volodimyr Zelensky, dal canto suo, aveva negato ogni coinvolgimento nell’omicidio affermando che Kiev non è “uno stato criminale”. Dugin è ritenuto uno dei principali ideatori dello sfondo teorico e filosofico delle politiche nazionaliste del presidente Vladimir Putin.

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Redazione La Pressa
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