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Sono ancora tanti i misteri che circondano la discarica di Poiatica. Così come sono rimaste senza risposte le tante interrogazioni poste alla Provincia. Ce n’è almeno una che riguardava il biostabilizzato, sulla quale nel 2013 ho presentato anche un esposto alla Procura di Reggio, e sulla quale hanno chiesto lumi più volte anche i comitati ambientalisti. Ma poi su tutto è calato un silenzio di tomba. Nessuna risposta. Ovvio.
E adesso stranamente c’è anche chi mostra una dannata fretta di chiudere la discarica, ma a patto che non si indaghi più sulle responsabilità del gestore e di tutti gli organi di vigilanza e controllo.
Ma si! Mettiamoci sopra in fretta un bel tappo d’argilla o d’amianto, e smontiamo in fretta ogni polemica, ogni preoccupazione, ogni rivolta! “ Quel che è stato è stato, scordiamoci il passato…” Chiudiamo la discarica e tanti saluti a tutti quanti!
Dunque a quanto pare c’è chi ha fretta di chiudere, negando che ci sia mai stato, né ora né mai, alcun problema per l’ambiente e per la salute. Negando che sia stata una discutibile gestione da parte di Iren. E per non smontare direttamente persino le ragioni dell’indagine delle Dda di Bologna su Poiatica, si arriva persino a ipotizzare che, se le ecomafie ci hanno davvero smaltito veleni, queste sono arrivate con i loro camion di notte come la Befana, ad insaputa di tutti gli angioletti… A me questa versione pare quella delle tre scimmiette, che non vedono, non sentono e non parlano. Ritorno a battere chiodo sull’interrogativo che mi martella in testa da qualche anno e che riguarda il biostabilizzato. Quando nel marzo 2013 scoppiarono le contestazioni per la puzza e il disagio che faceva il biostabilizzato conferito a Poiatica, fu chiesto subito alla sindaca da quale impianto provenisse e chi lo producesse.
Va detto che in base alla Convenzione stipulata tra la sindaca ed Iren, la sindaca poteva esigere qualsivoglia informazione da Iren riguardo ogni passaggio della filiera, tra cui da quali impianti provenissero rifiuti di ogni sorta ecc… Inoltre grazie anche ad un altro accordo, con Enìa era stato stipulato che ogni anno entro luglio il gestore della discarica si impegnava a fornire tutti i dati che riguardavano i produttori, gli impianti e la qualità del rifiuto, sia al sindaco, che ad Arpa, Ausl e Provincia.
Quindi non si spiega il silenzio creato ad hoc attorno al misterioso biostabilizzato.
C’è una cosa sola che fu affermata più volte dalla stessa sindaca e messa a verbale durante un consiglio comunale, cioè che il biostabilizzato arrivava dalla Toscana, esattamente da Massa.
Massa quindi mi restò in testa come qualcosa d’indicibile, ma oggi forse comincio a capire perché, dato che non solo a Massa, ma tutta la Toscana è finita nel ciclone delle indagini della Dda di Firenze, sullo smaltimento illecito di rifiuti. In particolare ci sono indagini che in un qualche modo, più o meno indirettamente coinvolgono anche Iren.
Che c’entra Iren con la Toscana? Nel novembre 2016 si scopre un traffico di rifiuti pericolosi a Cava Paterno, dove secondo la Dda sono stati conferiti per anni, sistematicamente, rifiuti radioattivi, fanghi conciari tossici della Val d’Arno e amianto. Nella compagine della società Produrre Pulito spa, che gestiva la discarica, appare una serie di altre società: la Infra srl, che contiene la STA spa, che contiene la UCH Holding srl, dove compaiono come azionisti al 49% Unieco e all’1% Iren.
Il 23 giugno scorso il M5S presenta una corposa interrogazione alla Regione Toscana, in merito alla gestione di Cava Paterno, dove accusa l’assenza di controlli puntuali da parte delle istituzioni e gli interessi di gruppi societari privati e pubblici, legati al Partito Democratico di Sinistra. Di fatti nella composizione delle società partecipate, che gestivano l’impianto emerge la regia del PDS, DS e PD, e delle loro banche. Cava Paterno è la nuova Terra dei Fuochi Toscana. Tra le società appare la Cooperativa Castelnuovese, presente al 50% in UCH, più volte indagata per il business dei rifiuti in mezza Toscana e per i favori ottenuti da Banca Etruria.
Ma non è tutto.
Il quotidiano Repubblica nel settembre 2016 riporta notizia di una nuova indagine della Dda per un altro smaltimento illecito di rifiuti. Si tratta di fanghi civili e industriali, rifiuti pericolosi, smaltiti da almeno tre anni come fertilizzanti su 800 ettari di terreni agricoli in Toscana. L’indagine della Dda ha portato 250 finanzieri ad eseguire gli arresti di diversi dirigenti e imprenditori accusati di aver smaltito illegalmente 80.000 tonnellate di rifiuti. Tra gli indagati compaiono anche dirigenti della ASA spa di Livorno. Cos’è ASA spa? ASA è l’Azienda Servizi Ambientali di Livorno. ASA ha diversi impianti di depurazione dei fanghi reflui, tra i quali anche quello di Rosignano Solvay. Il capitale sociale prevalentemente pubblico è suddiviso per il 60% tra i 25 comuni dell’ambito territoriale ATO5, tra cui Livorno, Pisa e Siena ecc.., e poi il 40% ad AGA spa del gruppo IREN.
Nell’indagine dello smaltimento dei fanghi di depurazione che ha coinvolto anche ASA spa emerge daccapo la manovalanza dei casalesi, attraverso al VE.CA SUD, legata ai clan del casertano. In Toscana i fanghi da smaltire rappresentano da diversi anni un’emergenza, come pure lo smaltimento dell’amianto.
A questo punto una domanda sorge spontanea: quali altri rifiuti non i regola sono arrivati a Poiatica dalla Toscana, oltre al fatidico biostabilizzato?
Maria Petronio