Da anni Lapressa.it offre una informazione libera e indipendente ai suoi lettori senza nessun tipo di contributo pubblico. La pubblicità dei privati copre parte dei costi, ma non è sufficiente.
Per questo chiediamo a chi quotidianamente ci legge, e ci segue, di darci, se crede, un contributo in base alle proprie possibilità. Anche un piccolo sostegno, moltiplicato per le decine di migliaia di
modenesi ed emiliano-romagnoli che ci leggono quotidianamente, è fondamentale.
C’è una frase di Sir Winston Spencer Churchill sull’economia che ho sempre considerato giusta e riconducibile alla politica italiana. L’aforisma recita così: “Un Paese che si tassa, nella speranza di diventare prospero, è come un uomo in piedi dentro un secchio, che cerca di sollevarsi tirando in alto l’impugnatura”. A questa frase, ben più modestamente dello statista inglese, potrei aggiungere che i politici impegnati a promettere soluzioni alle giuste istanze dei cittadini senza spiegare dove troveranno il denaro, sono peggiori dell’imbecille che spera di volare per la stanza sollevando un secchio. Se poi alla domanda sulla copertura finanziaria ripetono la tiritera che fa capo alla lotta all’evasione fiscale, allora questo significa una cosa sola: tosare le pecore, tasse per tutti quelli che, a differenza di banche, assicurazioni, grandi gruppi industriali e multinazionali, non hanno gli strumenti per evadere.
La fantasia italica della politica economica, a questo punto dà il meglio di sé (o il peggio) perché, se da un lato il cittadino è blandito con la grande azione meritoria che un soggetto di spesa non sarà gravato di tasse, in verità gli si aumenta il costo da un’altra parte e, alla fine dei conti, la fregatura è servita. Leggetevi di Michele Porro il volume “Le tasse invisibili. L’inganno di Stato che toglie a tutti per dare a pochi”, dopodiché mettetevi il cuore in pace e non prestate più fiducia più a nessuno.
La coperta economica è sempre la stessa e, se si riscaldano i piedi, si scopre il capo e viceversa. Anzi, la coperta è sempre più corta, a causa del debito pubblico in crescita continua, nonostante l’aumento della pressione fiscale.
L’unica strada è una riforma seria del fisco – a mio parere, copiando quello americano, dove si scarica quasi tutto e a nessuno conviene fare il “furbo” - e dare atto ad una altrettanto seria “spending review”. Richiamate Cottarelli! Prendete in mano il suo documento e date uno scossone ai parassiti che in Italia proliferano da decenni! Anche in questo caso, propongo un volume uscito nel 2015 e redatto proprio da Carlo Cottarelli: “La lista della spesa – La verità sulla spesa pubblica italiana e su come si può tagliare”.
Il problema è che gli enti inutili e affini, quello che il Movimento 5 Stelle un tempo chiamava i benefici della casta e sodali ad essa collegati, rappresentano controllo dell’elettorato, voti, personaggi che hanno contribuito ad eleggere qualcuno e che, giustamente, devono essere ricompensati ecc...ecc… C’è poi la questione delle pensioni, degli emolumenti… della struttura stessa dello Stato, delle Regioni… Insomma, tutto l’armamentario Pentastellato di un tempo. Siccome può arrivarci anche l’imbecille citato da Churchill, che un ladro non deciderà mai di condannarsi e punirsi con la prigione, è difficile immaginare che chi ha faticato e investito tanto per entrare nella “casta”, ottenere un certo tipo di stipendio e benefits, essere gratificato con una pensione fuori dal mondo, poi decida di darsi la zappa sui piedi. Un’azione di questo genere può intraprenderla solo una rivoluzione o un movimento di cittadini onesti e ancora animati da un ideale superiore alle personali convenienze.
Ecco spiegato il consenso dato da molti ai Cinque Stelle (considerati l’ultima spiaggia), chiudendo gli occhi sull’evidente inesperienza e incapacità di alcuni. Ed ecco spiegato perché in Umbria si è registrato un crollo che ha portato i grillini al 7,4% dal 14,6% del 2015. Un proverbio toscano dice: “Chi va al mulino, s’infarina” e il Movimento di Grillo si è imborghesito. Fine della storia e fine probabile dei 5 Stelle a breve, non avendo un’identità precisa e troppa gente improvvisata, incapace d’indirizzare le scelte di un Paese e governare la “macchina pubblica”.
Fine anche delle speranze? Siamo destinati al default, quando il debito pubblico non sarà più gestibile? Sopportabile? Una speranza, seppure remota, c’è. Facciamo un passo indietro, percorrendo il cammino della storia e torniamo al nostro Risorgimento. Se questo irrequieto e straordinario Paese si chiama Italia, lo dobbiamo principalmente a tre personaggi: Vittorio Emanuele II, Garibaldi e Cavour. I primi due erano i “trascinatori”, i soggetti carismatici che sapevano infondere un ideale supremo all’esercito e al popolo con i loro “Qui si fa l’Italia o si muore”, ponendosi alla testa dell’esercito nella battaglia di San Martino e cambiando ben tre cavalli, abbattuti dal fuoco austriaco o dichiarando che “...non siamo insensibili al grido di dolore che da tante parti d’Italia si leva verso di noi”. Cavour era lo stratega, l’intellettuale, l’uomo che sapeva muovere le pedine giuste sullo scacchiere internazionale. Camillo Benso Conte di Cavour era lo statista.
Guardando ai nostri tempi - e ammettendo che qualche nostro eletto voglia essere “statista” e non politico che vive di banalità, slogan, baruffe chiozzotte e poesiole inutili, recitate leggendo il “gobbo” davanti alla telecamera - i Cinque Stelle mi pare abbiano perso lo slancio rivoluzionario e poi non hanno intellettuali di spessore. Sono gli intellettuali, che provocano i radicali cambi di direzione in un Paese. La Sinistra avrebbe intellettuali assolutamente validi come Cuperlo, il filosofo Cacciari e tanti altri, ma nel suo DNA c’è lo statalismo e non si può pretendere che cambi la propria natura, il proprio riferimento ideologico. Matteo Renzi e il suo “Italia Viva” mi paiono soggetti ancora d’approfondire e il suo fondatore, al quale si deve riconoscere carisma, capacità comunicativa e astuzia politica, è quello della famosa frase “Enrico stai sereno” e con i genitori non proprio esenti da critica. Per questo e tante altre situazioni, ha una credibilità vacillante. Su Giovanni Toti e il suo “Cambiamo” credo possa essere valutato, e vorrei tanto sbagliarmi, ancora meno di Angelino Alfano e “Nuovo Centro Destra” divenuto poi “Alternativa Popolare”.
Resta il centrodestra, che già possiede i leaders Vittorio Emanuele II e Garibaldi nelle persone di Matteo Salvini e Giorgia Meloni (nell’ordine che più vi piace). Manca lo stratega, l’intellettuale, il moderato, l’uomo con una autorevolezza riconosciuta, inattaccabile sul piano personale e professionale, capace di muovere le pedine giuste sullo scacchiere internazionale.
In questo ruolo avrebbe potuto giocare Silvio Berlusconi, ma l’anagrafe non aiuta e le sue vicende private l’hanno ormai relegato ai margini. E allora chi potrebbe mettersi a capo di Forza Italia, con il Cavaliere alla presidenza a far da “saggio”, da “padre della Patria”? Chi potrebbe essere Cavour? Per me, un uomo solo: Mario Draghi. Solo lui, insieme a Carlo Cottarelli, potrebbe dare il via ad una azione rivoluzionaria moderata, ma ugualmente incisiva. Siamo vicini, vicinissimi al burrone e non c’è tempo da perdere con esperimenti e governi assurdi. Altre idee? Altre opinioni? Lo spazio per i commenti è qui sotto e, vivaddio, siamo in democrazia!
Massimo Carpegna