Da anni Lapressa.it offre una informazione libera e indipendente ai suoi lettori senza nessun tipo di contributo pubblico. La pubblicità dei privati copre parte dei costi, ma non è sufficiente.
Per questo chiediamo a chi quotidianamente ci legge, e ci segue, di darci, se crede, un contributo in base alle proprie possibilità. Anche un piccolo sostegno, moltiplicato per le decine di migliaia di
modenesi ed emiliano-romagnoli che ci leggono quotidianamente, è fondamentale.
Giovedì 28 novembre l'Iraq ha conosciuto la giornata più sanguinosa da quando a inizio ottobre sono scoppiate le proteste contro la classe dirigente accusata di essere corrotta e incapace di garantire standard di vita accettabili alla popolazione.
Secondo l'agenzia di stampa Reuters le manifestazioni che si sono tenute ieri nel paese hanno causato la morte di oltre 60 persone. In tutto sarebbero circa 400 i morti causati dalle proteste cominciate a inizio ottobre mentre i feriti si contano nell'ordine delle migliaia.
Durante le proteste tenutesi oggi a Nassiria le forze di sicurezza avrebbero ucciso tre persone, riferisce Reuters.
Le terribili violenze di questi giorni hanno spinto il primo ministro Abdel Abdul Mahdi ad annunciare le dimissioni.
L'annuncio delle dimissioni di Mahdi è stato preceduto dall'intervento dell'ayatollah al-Sistani, leader spirituale degli sciiti iracheni.
Al-Sistani, che solitamente fa sentire la sua voce solo in situazioni di grave crisi, ha fatto appello sia al governo sia ai manifstanti, chiedendo la cessazione delle violenze. Il leader religioso si è rivolto anche al parlamento suggerendogli di riconsiderare il suo appoggio al primo ministro alla luce della dura repressione da parte del governo.
Di tutte le manifestazioni che hanno sconvolto e stanno sconvolgendo il mondo nelle ultime settimane (Libano, Cile, Bolivia, Ecuador, Venezuela, Hong Kong, Francia) quelle in Iraq sono di gran lunga le più brutali e sanguinose. Le proteste in Iraq assunsero da subito connotati particolarmente violenti causando la morte di decine di persone. Già durante la prima ondata di proteste, conclusasi il 9 ottobre, vennero uccisi 149 civili, principalmente a causa di colpi d'arma da fuoco sparati dalle forze dell'ordine.
Da quando gli Stati Uniti e alcuni loro alleati hanno invaso l'Iraq nel 2003, il paese si trova in uno stato di perenne crisi e violenza. Come se non bastasse, nel corso di questo decennio l'ascesa dello Stato Islamico (Is) ha messo in seria discussione l'integrità territoriale dello Stato iracheno. Il califfato venne infatti proclamato a Mosul, la seconda città più grande dell'Iraq.
Sebbene l'Is sia stato debellato in quanto organizzazione politica in grado di controllare ampie porzioni di territorio, l'Iraq è tutto meno che un paese stabile. Cellule terroristiche continuano ad operare e il paese è infestato da trappole esplosive e ordigni rudimentali, come dimostrato dall'attentato che recentemente ha causato il ferimento di cinque militari italiani.
Il caso delle proteste irachene è particolarmente interessante perché esse hanno a che fare anche con l'influenza iraniana nel paese. Infatti, i manifestanti non solo lamentano corruzione, crisi economica, alta disoccupazione e pessimi servizi pubblici ma protestano anche contro l'influenza di Teheran in Iraq. L'influenza della Repubblica Islamica è progressivamente aumentata a partire dalla caduta di Saddam Hussein nel 2003. Gli iraniani esercitano la loro influenza dal punto di vista politico, economico e religioso, in particolare facendo leva sul fatto che l'attuale classe dirigente irachena è per la maggioranza sciita, così come la maggioranza della popolazione.
Per esempio, le Forze di mobilitazione popolare, una numerosa milizia paramilitare che ha svolto un ruolo da protagonista nella guerra contro Is, sono appoggiate da Teheran.
L'ostilità dei manifestanti iracheni nei confronti dell'ingerenza iraniana si è palesata in modo inequivocabile due giorni fa quando essi hanno dato alle fiamme il consolato iraniano di Najaf. Quell'evento drammatico ha dato il via alle violenze degli ultimi giorni, culminate nell'annuncio delle dimissioni da parte del primo ministro Mahdi. Il personale del consolato è stato evacuato prima che esso venisse raggiunto dai manifestanti inferociti.
Il carattere anti-iraniano delle proteste in Iraq dimostra che il controllo di Teheran sulla cosidetta mezzaluna sciita - l'area di influenza che raggiunge il Mediterraneo passando per Iraq, Siria e Libano e che è percepita come una grave minaccia alla sicurezza regionale da parte di Stati Uniti, Israele e Arabia Saudita – non è poi così consolidato.
Massimiliano Palladini
Redazione Pressa
La Pressa è un quotidiano on-line indipendente fondato da Cinzia Franchini, Gianni Galeotti e Giuseppe Leonelli. Propone approfondimenti, inchieste e commenti sulla situazione politica, .. Continua >>