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In questi giorni circola con insistenza una delle parole più antipatiche al mondo: tassa. Tassa sulle merendine, sulle bibite gasate… E poi, la madre di tutte le battaglie: quella contro l’evasione fiscale! Da quando ho l’uso dell’intelletto, e oramai sono parecchi lustri, sento questo impegno proclamato dal politico di turno, che ha una messe di bei progetti, ma non ha mai spiegato con quali soldi realizzarli. E allora spuntano i proventi ricavati dalla lotta all’evasione. Il dato certo è il continuo esproprio di denaro in forma diretta o indiretta, giustificato dal fatto che tanti non pagano il dovuto.
Siamo il Paese dei furbetti, dove il furto con destrezza è titolo d’intelligenza. Proprio questa mattina sentivo alla radio di una ricerca fatta a Roma, dove risulta che migliaia di case popolari date in affitto a 150 euro mensili, sono abitate da persone proprietarie di uno o più immobili, che affittano ad altri.
Costoro, non contenti d’occupare un’abitazione senza diritto, in gran parte sono pure morosi e cioè non versano il dovuto!
Ma torniamo a noi e alla madre di tutte le battaglie. Grosso modo si potrebbe dividere la popolazione in tre categorie: gli “onesti”, che si vedono decurtare le tasse alla fonte, dallo stipendio e pagano per tutti; i “furbetti per necessità”, che a volte lavorano in nero per non chiudere baracca e baracchini, e infine quelli che proprio se ne fregano del fisco. Tra questi c’è una nicchia di persone, con imponibili di grande rilevanza, che pagano solo una parte, una piccola parte del dovuto allo Stato e il resto lo trasformano in fondi non rintracciabili, che viaggiano parecchio tra le isolette dei paradisi fiscali. Sono loro i maggiori responsabili del disavanzo e non il povero Cristo che t’aggiusta la persiana bucherellata dalla grandine e, con occhi imploranti, ti dice: “Me li dà così o vuole la fattura?”.
Tanto per capire di quali cifre stiamo parlando, siamo sui 100 miliardi l’anno di evasione dovuti all’IVA, 35,6 miliardi secondo il Mef, 32,9 miliardi nell’elusione dell’IRPEF relativo al lavoro autonomo o d’impresa, e poi l’IRES (8,2 miliardi), l’IRAP (7,6 miliardi), l’IMU (5 miliardi), l’IRPEF relativo al lavoro dipendente (4,5 miliardi). Altro disavanzo da evidenziare è quello delle entrate contributive a carico del datore di lavoro, valutate in 8,3 miliardi di euro annui.
Possibile che non esista un modo per far pagare questi delinquenti? Qualche “malpensante” dirà che al fisco non sono affatto stupidi e saprebbero benissimo come colpire, ma la politica frena: frena perché i grandi gruppi finanziano le campagne elettorali, sono proprietarie di giornali, radio, televisioni… e non conviene agitare troppo le acque. Mi auguro che non sia così…
In certi Paesi, come gli Stati Uniti, una maggiore serietà e onestà hanno prevalso e all’ombra della “Statue of Liberty” si dice comunemente che è possibile non iscriversi nelle liste comunali ed evitare di andare votare, ma non è possibile sfuggire al “jury duty”, quando sei chiamato per far parte della giuria di un processo, e al “tax day”, il giorno in cui devi pagare le tasse. Se sei impossibilitato, il fisco americano ti concede una proroga fino al 15 ottobre senza nessuna multa. Poi, son dolori.
Il punto di partenza, nel rapporto tra governo e contribuente, è diverso: l’America si fida della tua onestà di bravo cittadino, che vuole offrire il suo apporto alla grandezza della nazione. Come si pagano queste tasse? Conservi tutti gli scontrini di qualsiasi cosa e vai da un commercialista (nelle grandi città ci sono uffici aperti al pubblico tipo le Poste ad ogni angolo). L’addetto ti chiede quanto hai guadagnato approssimativamente nell’anno precedente, se hai delle spese da detrarre, ti compila il modulo e vai alla cassa. Si scarica tutto, dal cellulare ai trasferimenti in taxi, all’abbonamento per la metropolitana, ai viaggi per lavoro e persino l’affitto di casa, anche se non completamente. Incredibile ma vero, detrai anche il costo dei quotidiani! A nessuno conviene non emettere scontrini e ciò contribuisce all’onestà degli americani, perché se il fisco scopre che hai mentito, paghi il dovuto con le penali e vai in galera per imparare ad essere più corretto. Non conviene avere conti in sospeso con lo “Zio Sam” perché lui se ne accorge e non scappi dalla giusta punizione.
Vediamo più nello specifico e magari importiamo qualche soluzione dall'America, invece che copiare solo certi eccessi.
Il sistema generale di tassazione negli Stati Uniti e tra i più progressivi; vale a dire che le tasse sono diverse a seconda del reddito dimostrato da un soggetto fisico o giuridico. Se hai un reddito alto, pagherai tasse più salate rispetto ad una persona che ne ha uno basso. Questo garantisce che anche i più poveri si sentano cittadini che contribuiscono al benessere del Paese, anche se in maniera ridotta. Forse noi non lo comprendiamo, ma questo atteggiamento fa parte dell’onore d’essere un americano… in the land of freedom, in the home of the brave!
L'imposta grava sia sulle persone fisiche che sulle persone giuridiche e colpisce solo il cittadino residente, colui che risiede nella Nazione e gode dei diritti e doveri a lui assegnati dalla Costituzione.
Il fisco americano è gestito da un ente chiamato “IRS”, che controlla se una persona o una società ha pagato le tasse o meno, e non è possibile fare i furbi. Neppure Al Capone c’è riuscito! Se l'errore nel pagamento è commesso dall’IRS, si presenta reclamo e l’intero importo non dovuto è rimborsato. In caso contrario, e ciò è il terrore di tutti gli americani, la pena è molto gravosa.
Esiste anche la “Sales Tax” con scadenze mensili, trimestrali oppure annuale e il pagamento delle tasse deriva dagli importi fatturati. Va aggiunto che, a seconda dello Stato, occorrono dei specifici dettagli in fase di preparazione della dichiarazione. In California, ad esempio, è necessario presentare il fatturato che è stato pagato con la carta di credito, in modo che possa essere fatto un controllo incrociato tra le entrate e le uscite di danaro.
A questo punto, visto che il sistema US funziona a meraviglia, cosa ne direbbe l’attuale governo della svolta di scopiazzare qualcosa, così da avere la mano un po’ più leggera sul portafoglio degli stipendiati e picchiare duro sui grandi evasori?
Massimo Carpegna