GIFFI NOLEGGI
Acof onoranze funebri
La Pressa redazione@lapressa.it Notizie su Modena e Provincia
Logo LaPressa.it
Facebook Twitter Youtube Linkedin Instagram Telegram
GIFFI NOLEGGI
progettiOltre Modena

Viaggio della Memoria, la Storia dell'orrore toccata con mano

La Pressa
Logo LaPressa.it

Il progetto non consisteva nella visita del simbolo stesso dell'Olocausto, cio? Aushwitz- Birkenau, ma in un ben più vario itinerario, le cui visite comprendevano Dachau e Mauthausen, oltre al meno conosciuto Castello di Hartheim


Viaggio della Memoria, la Storia dell'orrore toccata con mano
Paypal
Da anni Lapressa.it offre una informazione libera e indipendente ai suoi lettori senza nessun tipo di contributo pubblico. La pubblicità dei privati copre parte dei costi, ma non è sufficiente. Per questo chiediamo a chi quotidianamente ci legge, e ci segue, di darci, se crede, un contributo in base alle proprie possibilità. Anche un piccolo sostegno, moltiplicato per le decine di migliaia di modenesi ed emiliano-romagnoli che ci leggono quotidianamente, è fondamentale.

Anche quest’anno si è tenuto l’ormai rituale Viaggio della Memoria, aperto alle quinte delle scuole superiori modenesi e, in via del tutto eccezionale, a qualcuno delle quarte del mio istituto (Liceo Scientifico Wiligelmo).

Anche questa volta, dopo essere stato appena pochi mesi prima in un viaggio-studio in Slovenia, visto il mio interesse, ho intrapreso questa esperienza, che mi ha portato nuovamente a sprofondare nella storia più viva e tutt’altro che remota. Volente o nolente, visto che sono stato l’unico della redazione del mio giornalino scolastico (00Willy), spetta a me il compito di raccontare questa esperienza (che consiglio vivamente, si intende).

Tuttavia, in questa circostanza, il progetto non consisteva nella visita del simbolo stesso dell’Olocausto, cioè Aushwitz- Birkenau, ma in un ben più vario itinerario, le cui visite comprendevano Dachau e Mauthausen, oltre al meno conosciuto Castello di Hartheim.


Detto questo direi che posso iniziare …

Il primo giorno, come al solito, si è svolto per la maggior parte in viaggio dentro uno dei tanti pullman che ci raccoglievano. Pertanto scavate pure nelle vostre reminiscenze più prossime o meno se vi è capitato di compiere un viaggio del genere. Più o meno sono tutti uguali i viaggi in questa circostanza. A metà, tuttavia, ci siamo fermati a Bolzano: ove il Campo di Fossoli fu trasferito per ordine delle SS nel 1944, in seguito all’avanzamento del fronte di battaglia. In questo luogo, non potendo visitare il campo completamente cancellato, siamo stati accolti in una struttura per poter consumare il nostro pasto, prima di ascoltare una conferenza. A parlare è stato un uomo. Un uomo qualsiasi. Mai stato in quei posti di cui sentiamo parlare in relazione al nazismo.

Non ha mai respirato l’ardente odore di carne umana dalle ciminiere e non è mai stato appeso per le braccia, legate dietro la schiena, in modo strappare la cartilagine dei polsi, delle mani e delle spalle. Lui no, ma i suoi genitori sì. Sua madre, una ricca borghese, e suo padre, un proletario, si sono incontrati proprio a causa di tutto questo, perché entrambi prigionieri politici. Due persone completamente diverse, l’una trattata come principessa fin dalla tenera età, l’altro, le cui foto fino ai trent’anni sono, tre su quatto, quelle segnaletiche del suo arresto. Classi diverse, ma stesso destino. Romantico? Sdolcinato? Inappropriato da narrare? No. Semplicemente umano. Comunque non mi soffermerò su tutte le storie che ci sono state narrate. Sarebbe decisamente ripetitivo. Tuttavia voglio che l’impegno con cui hanno tenuto viva la propria tragica vicenda trasparisca da queste parole. La storia, ricordiamoci, ha due identità: la storia collettiva e la storia di ogni singola persona. Conoscere la prima è d’obbligo, mentre la seconda no, se non per spiegare maggiormente la precedente.

Ad ogni modo … giunti a Monaco abbiamo fatto una passeggiata per la città e abbiamo dormito la prima notte in un ostello, non eccelso, ma sempre un posto dove dormire, tipicamente dotato di bar con tanto di birra dispensata ormai anche ai neonati. Non è mia intenzione giudicare, la cultura è cultura, ma mi sembra doveroso narrare tutto, non nei minimi dettagli, ma almeno ciò che è rilevante.

Il secondo giorno ci siamo spostati di pochi chilometri dalla citta principale della Baviera, arrivando al villaggio di Dachau. Una guida ci ha introdotto al primo campo di concentramento seguendo minuziosamente quella che fu la vita dei detenuti, orbitante attorno alle capanne, demolite per motivi igienici. Fatta eccezione per l’edificio principale, dove si trovavano gli uffici e tutti gli organi burocratici, sono rimaste solo due delle baracche, ovvero quelle “false”. Lo scopo di esse era di ingannare la croce rossa, quando venivano a visitare il campo e, dotate com’erano di tutti i confort, suscitavano sempre responsi positivi e celavano le vere condizioni dei prigionieri. Detenuti che, sempre meglio ricordare, non erano solo ebrei. Esserlo era un aggravante. Le classi principali internate erano: Prigionieri Politici, Ladri/Assassini (usati per fare i kapò), Omosessuali, Asociali (per tutti coloro che non potevano mettere negli altri gruppi), Testimoni di Geova e Immigrati (tedeschi fuggiti dal Terzo Reich). Per ulteriori approfondimenti cercate la Tavola di Dahau su Internet. Riprendendo la narrazione … conclusa la spiegazione abbiamo girato liberamente ammirando i santuari di tutte le principali religione europee lì edificate a memoria imperitura e uno dei pochi forni crematori con relative camere a gas. “Salvate” dal tempestivo arrivo degli alleati. E sono ancora lì. Dopo tanti anni. Insieme al cancello d’entrata rubato e poi ritrovato in Norvegia.

Al pomeriggio è stato la volta del castello di Hartheim, un piccolo maniero disperso nelle campagne tedesche. L’edificio porta su di se doppiamente la brutalità della pulizia etnica e ideologica della nazione tedesca durante l’oscuro periodo del nazismo. Fu, difatti, prima un luogo ove si compì l’Aktion T4, un progetto nato dalla “generosità” del Fuhrer nei confronti di un contadino, che desiderava una morte veloce ed indolore per il suo bambino deforme, tramutato nella realizzazione di un programma politico. Coloro che mangiavano i soldi della Germania, malati di mente e menomati di corpo, dovevano essere uccisi, in quanto “vite indegne di essere vissute”. E qui devo per forza dire una cosa. Lo so, mi sono già interrotto troppe volte, ma è davvero importante. Tutto quello che vi ho narrato NON È UNA INVENZIONE DEI TEDESCHI. I campi di concentramento erano già presenti nella guerra boera, gestita dai ben poco accoglienti soldati inglesi, e la pulizia etnica era già stata attuata da Roosevelt (sì, proprio lui!) consigliato dai suoi assistenti e nel pieno spirito di difesa della razza. Quale razza poi … Sta di fatto che dopo la chiusura del programma, a causa della troppa eco che stava assumendo, il catello divenne il luogo di detenzione dei prigionieri dei lager non più in grado di lavorare, destinati ad una morte certa.

Il terzo giorno abbiamo visitato anche Mauthausen in Austria, ben diverso da come appare il suo “cugino” teutonico. Se uno è il prototipo di come tutti si immagino un campo di concentramento, l’altro è una vera propria fortezza sulla cima di una collina, con tanto di cinta muraria che copre 3 lati su 4 del complesso. Dietro vi è la cava. E anche la scala. Quella scala su cui i detenuti dovevano portare macigni pesati svariate centinaia di chili diventata simbolo del <lavoro che rende liberi>, come ci ricordano le scritte su quasi tutti i campi di lavoro e prigionia.

Infine, l’ultimo giorno, abbiamo completato il nostro percorso quali fiaccole della memoria con il discorso pronunciato in presenza delle autorità davanti alla cava che celava, dentro una fessura della montagna, il segreto laboratorio per la costruzione delle famigerate V1 e V2, primi missili intelligenti. Lì, un rappresentante per scuola, ha spiegato perché, tra le tante frasi prese dagli spezzoni di lettere dei detenuti prima di morire, ne abbiamo scelta una in particolare. Così tutto ha avuto fine. Con una riflessione di circa un minuto e un celo che preannunciava pioggia.

Alberto Avallone


Redazione Pressa
Redazione Pressa

La Pressa è un quotidiano on-line indipendente fondato da Cinzia Franchini, Gianni Galeotti e Giuseppe Leonelli. Propone approfondimenti, inchieste e commenti sulla situazione politica, ..   Continua >>


 
 
 
 

Acof onoranze funebri

Feed RSS La Pressa
Oltre Modena - Articoli Recenti
Gaza: spari sulla folla che riceve ..
Secondo quanto riferito dal ministero della Sanità della Striscia, ad aprire il fuoco sono ..
01 Marzo 2024 - 06:58
Tragedia a Firenze nel cantiere ..
I vigili del fuoco parlano 'di un importante crollo dei piloni principali'. Sul posto stanno..
16 Febbraio 2024 - 12:17
Von Der Leyen ritira la proposta di ..
Nella seduta plenaria del parlamento Europeo la presidente della commissione UE si è ..
06 Febbraio 2024 - 16:22
Incendio sul monte Cusna, bruciati ..
Costernazione e l'invito alla prudenza per evitare comportamenti scorretti, da parte della ..
04 Febbraio 2024 - 23:17
Oltre Modena - Articoli più letti
Covid, 4700 contagi al concerto per ..
A riportalo è l'edizione di lunedì del quotidiano The Guardian. Il Boardmasters si è ..
26 Agosto 2021 - 14:33
La pandemia globale di Coronavirus? ..
E' tutto ancora on line. Il John Hopkins Center for Health Security con il World Economic ..
03 Marzo 2020 - 09:43
Israele abbandona il Green Pass: con ..
Il boom dei contagi con Omicron ha reso del tutto evidente l'inefficacia dello strumento per..
05 Febbraio 2022 - 00:21
'Covid, chi si vaccina può sia ..
Parla Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società italiana malattie infettive ..
10 Maggio 2021 - 15:09