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Francesco Cagliari: 'Quando Giovanardi difendeva Bianchini'

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Ecco il testo della interpellanza in Senato 2014. Ricordiamo che?Giovanardià indagato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna per rivelazione di segreti d'ufficio e violenza o minaccia a un corpo politico, amministrativo o giudiziario dello Stato. Delitti aggravati dall'aver agevolato una organizzazione mafiosa, nello specifico la 'Ndrangheta


Francesco Cagliari: 'Quando Giovanardi difendeva Bianchini'
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Francesco Cagliari ha recuperato una interpellanza di Carlo Giovanardi del 22 luglio 2014, dal sito ufficiale del Senato: http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/showText?tipodoc=Sindisp&leg=17&id=794707.
Da questo documento risulta evidente come Giovanardi conoscesse i rapporti tra Bolognino e Bianchini.
Ricordiamo che Giovanardi è indagato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna per rivelazione di segreti d'ufficio e violenza o minaccia a un corpo politico, amministrativo o giudiziario dello Stato. Delitti aggravati dall'aver agevolato una organizzazione mafiosa, nello specifico la 'Ndrangheta. Tra gli indagati anche il capo di gabinetto della prefettura di Modena, Mario Ventura. Il caso riguarda le presunte pressioni fatte per favorire la Bianchini di San Felice, coinvolta nell'inchiesta Aemilia, per farla ammettere alla White list. Per questo l'Ufficio di Presidenza della Commissione parlamentare Antimafia ha chiesto a Carlo Giovanardi di autosospendersi.
 
Ecco il testo integrale:

'i coniugi Augusto Bianchini e Bruna Braga erano titolari dell'omonima impresa Bianchini costruzioni Srl, nata nel 1990 ed operante a livello nazionale nel settore delle costruzioni, per committenti sia pubblici che privati.

L'azienda nasceva come piccola realtà territoriale dall'incorporazione di altre società di famiglia (la storia imprenditoriale dei Bianchini risale infatti al 1920), fino a raggiungere negli ultimi anni un fatturato di circa 15.000.000 euro, dando lavoro ad oltre 100 dipendenti. Nel maggio 2012 fu colpita dagli eventi calamitosi che devastarono l'Emilia-Romagna, e, nonostante i notevoli danni subiti, la famiglia, grazie anche ai propri dipendenti, fu da subito attiva prima nella predisposizione delle aree d'accoglienza presso i comuni di San Felice sul Panaro, Finale Emilia e Cavezzo (tutti in provincia di Modena), poi per la messa in sicurezza e demolizione di edifici pericolanti, per arrivare infine alla ricostruzione. Si tiene a sottolineare che molti degli interventi (realizzazione di alcuni piazzali destinati ad ospitare le tendopoli, fornitura di materiali edili, di recinzioni, di moduli prefabbricati, messa a disposizione dei propri capannoni non danneggiati quale deposito per le derrate alimentari che, giorno e notte, provenivano da diverse parti del Paese, eccetera) furono svolti a titolo gratuito, segno di solidarietà e riconoscenza verso il proprio territorio;


a giugno 2013 l'azienda dava lavoro a circa 150 persone (oltre 100 dipendenti, i restanti artigiani) presso i propri cantieri che si trovavano sia nella zona sismica, sia in Lombardia per Expo 2015 dove, per acquisire le commesse, aveva preventivamente ottenuto la regolare iscrizione alla white list di Milano;

il 17 giugno 2013 però, la Bianchini costruzioni Srl ricevette dalla Prefettura di Modena una comunicazione interdittiva antimafia motivata dalle seguenti cause: la Bianchini Costruzioni Srl avrebbe assunto, alle proprie dipendenze, nel periodo immediatamente successivo al terremoto, numerosi soggetti, prevalentemente di origine cutrese, gravati da precedenti di polizia e taluni da precedenti penali, riconducibili in modo diretto o indiretto a cosche di grande spessore criminale di origine calabrese; si sarebbe accertata la presenza, il 3 settembre 2012, nel corso di un servizio finalizzato al monitoraggio dei cantieri della ricostruzione, svolto dai militari del locale comando provinciale dell'Arma, di Michele Bolognino, pregiudicato, condannato per il reato di cui all'art. 416-bis del codice penale, all'interno dell'area sita in via Rovere di Finale Emilia, dove la Bianchini costruzioni stava lavorando in virtù del subappalto acquisito dal raggruppamento di imprese capeggiato dalla 'CMC' di Ravenna, sebbene non fosse alle dipendenze della stessa; ci sarebbe la sussistenza di rapporti economici della Bianchini costruzioni con Virginio Villani, socio fondatore, assieme a Antonio Muto, della 'MU.VI', poi 'MA.VI. Srl', appartenente quest'ultimo ad una famiglia notoriamente contigua ad esponenti del gruppo mafioso del 'Grande Aracri' e al boss di Isola Capo Rizzuto (Crotone) Michele Pugliese, nonché rapporti ed interessi economici con la EdilCutro Srl già di Gaetano Lerose, che rileva nell'ambito dell'attività istruttoria volta al rilascio dell'informazione interdittiva a carico della ditta Bacchi da parte del prefetto di Reggio Emilia;

allo stesso tempo però la Prefettura avrebbe dichiarato che erano stati acquisiti oggettivi elementi per ritenere sussistente il pericolo di infiltrazioni mafiose tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi della ditta Bianchini costruzioni Srl con sede legale a San Felice sul Panaro, via degli Estensi n. 2223, pur non sussistendo nei confronti dell'amministratore unico, Augusto Bianchini, nato a San Felice sul Panaro il 30 giugno 1953, né della proprietà, cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all'art. 67 del decreto legislativo n. 159 del 2011;

avendo il Tar dell'Emilia-Romagna respinto il ricorso dell'azienda in data 7 agosto 2013, si costituì una nuova Bianchini costruzioni, con nuovi soci i figli Alessandra e Nicola Bianchini e la madre Bruna Braga, nuovo consiglio di amministrazione, senza i dipendenti contestati dalla Prefettura e senza il signor Augusto Bianchini (seppur la prefettura stessa indicava come privo di impedimenti legali a farlo), e presentò la domanda di reiscrizione alla white list di Modena;

anche in questo caso però la Prefettura di Modena, senza attenersi a fatti concreti, ma solo a presunzioni, avrebbe ritenuto non sufficienti le modifiche fatte, confermando quindi la sanzione interdittiva antimafia adottata precedentemente;

di fronte alla più completa solitudine in quanto ad una società o, comunque, ad un soggetto viene privato il diritto al lavoro semplicemente tramite presunzioni che potrebbero dimostrare l'esistenza del pericolo di rischio di infiltrazioni o condizionamenti, il consiglio di amministrazione della Bianchini costruzioni Srl depositò domanda di concordato in bianco con riserva presso il Tribunale fallimentare di Modena, depositando altresì nel frattempo un nuovo ricorso al TAR di Bologna;

purtroppo il TAR di Bologna, basandosi di nuovo sulle sole tesi della Prefettura rigettò la richiesta, obbligando di fatto l'azienda a depositare il piano di concordato liquidatorio, che comporta la chiusura della stessa. Da questo increscioso fatto molti fornitori non hanno potuto incassare, nei tempi stabiliti, i loro crediti e molti dipendenti, non avendo trovato lavoro presso altre aziende, hanno aderito alla cassa integrazione guadagni (circa 70-80 persone);

la Bianchini costruzioni Srl è inattiva da più di anno, ovvero da giugno 2013 e non opera in nessun cantiere;

i coniugi Bianchini, certi della loro onestà e integrità, tra l'altro rimarcata dalla prefettura stessa nell'atto interdittivo, presentarono il 27 giugno 2013 la domanda di iscrizione alla white list di Modena per la società Dueaenne Sas di Braga Bruna & C. Sas, il cui socio accomandatario con il 95 per cento di quote è la signora Bruna Braga, mentre il socio accomandante col 5 per cento era il signor Augusto Bianchini, il quale poi vendette le quote al figlio Nicola, uscendo quindi da qualsivoglia ruolo anche da tale società;

ad oggi nessuna risposta è stata ancora data dalla Prefettura di Modena in merito a tale richiesta, pertanto la Dueaenne Sas si trova in balia di decisioni che potrebbero portarla al diniego dell'iscrizione;

un'altra vicenda della famiglia è quella del figlio Alessandro Bianchini. Dipendente della Bianchini Costruzioni Srl, nel luglio 2013 invece di acquistare dai genitori una parte della società assieme ai fratelli decise, dopo aver rassegnato le proprie dimissioni, di aprire una piccola ditta individuale sempre nel campo dell'edilizia. Di fatto, attraverso i crediti maturi e rimasti insoluti come dipendente acquistò, con regolare accordo sindacale, qualche macchinario, e nel 2013 sviluppò un fatturato inferiore a 200.000 euro (ben diverso da quello della Bianchini costruzioni Srl). Alessandro Bianchini operò sin da subito in autonomia, in una nuova sede, con propri mezzi e maestranze, senza quindi dipendere dalla Bianchini costruzioni; anche a livello personale decise di trasferirsi da solo a Modena, dove risiede tuttora. Le commesse acquisite erano diverse da quelle dell'azienda della madre e dei fratelli e, come precisato alla Guardia di finanza durante la visita ispettiva svolta nel giugno 2014 presso la propria sede di via del Commercio a San Felice sul Panaro, ogni necessità di materiali o di macchinari, veniva soddisfatta mediante noleggio o acquisto da società specifiche (e sebbene la madre e fratelli disponessero di numerose macchine ferme e di materiale accumulato inutilizzato, quindi eventualmente disponibile ad 'ottimo prezzo', mai Alessandro Bianchini si è approfittato della situazione per evitare sospetti di prosecuzione dell'attività della Bianchini costruzioni Srl). Per poter continuare a lavorare, Alessandro Bianchini presentò in data 7 ottobre 2013 domanda di iscrizione alla white list di Modena per la quale attende ancora risposta;

sui coniugi Augusto Bianchini e Bruna Braga gravano allo stato attuale 2 ipoteche sulla casa di famiglia, iscritte da banche e fornitori a cui, per lavorare, avevano prestato garanzie personali. Oltre alla casa, anche tutti i beni della società, ovvero terreni ed immobili a San Felice sul Panaro, Rioveggio (Bologna) e Sermide (Mantova), si trovano gravati da ipoteche di banche e fornitori;

i coniugi Bianchini, dopo più di 40 anni di lavoro, avevano potuto risparmiare una piccola cifra: anche questo denaro, oggetto di garanzia a favore di quell'azienda su cui avevano investito da una vita, è stato 'preso' dagli istituti di credito;

la situazione oggi è quella di una famiglia in cui il padre a 61 anni non può lavorare (secondo la prefettura, seppur 'pulito') e nemmeno andare in pensione, non ha denari ed una casa ipotecata da banche e fornitori che da un giorno all'altro potrebbero rendere esecutivo il loro titolo; una madre che gode di una pensione minima e quindi non sufficiente a sfamare la famiglia; un figlio più grande che ha provato a intraprendere la propria strada e che resta speranzoso solo di ottenere quel via libera tanto atteso dalla Prefettura; la figlia in cerca di lavoro, impossibile da trovare se non saltuariamente presso bar; il figlio più piccolo che ancora studia e che contribuisce alle spese svolgendo quando capita lavori occasionali. In casa vi è anche la nonna, anziana e non autosufficiente, chiaramente da accudire;

a parere degli interroganti le sanzioni interdittive antimafia dovrebbero avere come scopo quello di proteggere la società e le imprese da potenziali pericoli di infiltrazioni mafiose;

nel caso in questione la stessa Prefettura non mette in dubbio l'onestà dell'imprenditore che ha tempestivamente rimosso tutte le cause di sospetto indicate nell'interdittiva provvedendo ad esempio immediatamente al licenziamento dei lavoratori assunti dopo il terremoto,

si chiede di sapere quali iniziative urgenti il Ministro in indirizzo intenda assumere per evitare che strumenti pensati per combattere la criminalità organizzata non producano come unico effetto quello di distruggere aziende sane, provocare disoccupazione e impedire a chi ha la sfortuna di esserne vittima, e ai propri familiari, di continuare a svolgere attività imprenditoriali.'

(inserzione a pagamento)


Redazione Pressa
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