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La barba bianca di 'Claus'

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La Modena invisibile


La barba bianca di 'Claus'
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E poi in strada, tra i mendicanti e i suonatori, ci sono i ‘clandestini’, gli ‘irregolari’, quelli senza permesso o con il per messo scaduto. Quelli che se le forze dell’ordine li scoprono (si fa per dire perchè ovviamente c’è ben poco da ‘scoprire’) li denunciano, li allontanano, con segnano loro un ‘foglio di via’ o li spediscono in qualche Cie. Eppure dalle facce e dagli sguardi mica si capisce la differenza tra un ‘regolare’ e un ‘irregolare’. Tra chi ha il per messo e chi no. Dalle mani, ingiallite sul palmo e crepate sul dorso, allungate a chiedere una moneta, dai vestiti, dai sorrisi, dall’odore di alcol, di fumo e di sudore, dall’incedere barcollante, non si nota davvero la distinzione. Tra un uomo e l’altro, tra una donna e l’altra. Tra un nigeriano e un romeno, tra un marocchino e un italiano.

Ma ‘ci vuole ordine’ e allora è quasi naturale non mettere in discussione questa convenzione burocratica, questa barriera tra persone con i documenti in regola, con bolli e timbri stampati da altri uomini questa volta però con mani pulite e curate sia sul dorso che sul palmo – e uomini ‘clandestini’. I primi ‘noti ’ e, se bisognosi, aiutati dai servizi sociali (anche qui si fa per dire), i secondi dei quali il Comune e le istituzioni possono non occuparsi senza per questo macchiarsi la coscienza: tollerati a volte, cacciati altre.

Una distinzione così radicata che contribuisce a costruire l’identità stessa, la percezione stessa che le persone hanno di sè. Una percezione che paradossalmente a volte è falsata. Magari perchè un paese come la Romania o la Bulgaria è da pochi anni entrato nell’Unione europea e, come per miracolo, se si ha la fortuna di essere nati in quello Stato, non si è più ‘clandestini’.

Ma poco importa: perchè la paura resta. Perchè comunque, se si vive sulla strada, il rischio di essere cacciati c’è sempre. E forse è il rischio minore. E’ il caso di Nicolaus, 60 anni lo scorso maggio. Con le poche parole di italiano che conosce racconta di provenire da un paesino vicino a Bucarest, di avere moglie e cinque figli. E di fare la spola dall’Italia alla Romania. Quando può. Quando ha abbastanza soldi per permetterselo. Lo abbiamo incontrato per la prima volta una settimana fa all’incrocio tra via Bellinzona e via Vignolese, a due passi da uno dei bar più frequentati di Modena. Era al semaforo in attesa del rosso, per poter passare di finestrino in finestrino e chiedere qualche moneta. Ci ha sorriso, ma ci ha allontanati con diffidenza: «no, no, se mi mettete sul giornale mi cacciano», «non ho documenti».

Non abbiamo insistito. Poi per caso domenica sera lo abbiamo rivisto nella zona del Direzionale 70. E’ lì che Nicolaus dorme la notte insieme ad altri connazionali. Alcuni cartoni e qualche sacchetto di plastica delimitano i giacigli. Ci ha visti e ci ha sorriso come se ci conoscessimo da tempo. A differenza della volta precedente si è lasciato fotografare e ha raccontato qualcosa di sè. «Mi chiamo Nicolaus» hadetto e con quella lunga barba bianca e quello sguardo ricordava davvero un ‘Santa Claus’ in piena estate. Un Babbo Natale senza renne, ma ancora sorridente. Glielo abbiamo fatto notare, ma senza successo.

«In Romania non c’è lavoro e così sono venuto in Italia»- racconta tra i nostri ripetuti inviti a ripetere e il nostro interpretare le sue parole. «Ogni tanto torno al mio paese, l’ultima volta tre mesi fa». E del suo giaciglio di fortuna, del cibo («comprato di tanto intanto in qualche market») non si preoccupa troppo. «Con la polizia non ho mai avuto grossi problemi» spiega. Ma non è facile credergli. Più volte le forze dell’ordine sono intervenute in quella zona per ripulirla ed allontanare i clochard. E in strada quanto si guadagna al giorno? «Poco» dice sorridendo e, dopo aver sprofondato la mano nella tasca dei pantaloni, la fa riemergere piena di monetine ramate da 2 e 5centesimi. «Questo mi danno». Ha de gli amici, qualcuno che la aiuta? «Sì, ho un amico che dorme di fianco a me e conosco gli assistenti sociali». Proviamo a chiedere cosa significhi quel ‘conosco’, ma inutilmente.

E poco distante dalla ‘postazione’ al semaforo di Nicolaus troviamo due suoi connazionali. Parlano volentieri ma non vogliono farsi fotografare. Hanno 45 e 48 anni: dicono di essere cugini e di chiamarsi entrambi Marian: in Romania li aspettano moglie e figli. Sono in Italia da sei mesi: chiedono tutti i giorni l’elemosina al semaforo di viale Muratori. «Raccogliamo una quarantina di euro al giorno, sono tutto quello su cui possiamo contare, non abbiamo mai chiesto aiuto al Comune». Usano par te dei soldi per comprare cibo e sigarette e parte li por tano a casa di tanto in tanto: «il viaggio in Romania in pullman costa 60 euro». La notte dormono nelle panchine del parco Rimembranze o alla stazione dei treni. «D’estate non è un problema dormire all’aperto - spiegano -. L’importante è stare distanti dalla zona in cui trovano ricovero i nord africani, i marocchini in particolare sono spesso ubriachi». Sì, perchè più che della polizia e della municipale («spesso i vigili ci hanno fatto la multa, ma non abbiamo i soldi per pagare») i clochard sembrano temere la gente di strada stessa. E se il razzismo diventa una forma di semplice autodifesa, la ‘competizione’ fa il resto: «Altri due rumeni chiedono soldi al semaforo prima di questo, la gente non ci dà nulla perchè hanno già lasciato una moneta a loro».

E’ mezzogiorno e mezza e i due cugini si allontano dalla loro postazione. Uno di loro recupera da una siepe uno zainetto sgualcito. Li guardiamo e per giustificarsi subito aprono la borsa: si intravedono vestiti appallottolati e due pacchetti di sigarette. «Non nascondiamo cose strane» dicono. Non l’avevamo pensato, ma ci vergogniamo per averli fissati.

Giuseppe Leonelli


Giuseppe Leonelli
Giuseppe Leonelli

Direttore responsabile della Pressa.it.
Nato a Pavullo nel 1980, ha collaborato alla Gazzetta di Modena e lavorato al Resto del Carlino nelle redazioni di Modena e Rimini. E' stato ..   Continua >>


 
 

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