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Dice che bisogna provarci. Che la politica è incontro, compromesso, dialogo.
Anche nascosto, inconfessabile, frutto di serate da non dire e da ricercare comunque. Tra opposti. O meglio tra il nulla pneumatico, vanamente pieno, e il tutto. Tutto, in ogni senso. Comunque alla ricerca di accordi, spazi, sorrisi. Mentre fuori (mai così dentro nonostante il tempo) c’è solo vuoto, angoscia, disastro e silenzio. Dice che è questo. In generale. Quando si parla di maggioranze e opposizioni, locali, regionali e nazionali. Perchè la divisa conta. Anche se da fuori non sembra. E nel particolare l’altro giorno Richetti ci ha provato a uscire. Una uscita strumentale, funzionale, machiavellica in un momento in cui Renzi è in disgrazia? Sì, forse. Ma una uscita. Che ha ripetuto ieri sera a Spezzano insieme a Lucia Annunziata.
Una uscita che porta a puntare il dito contro al potentissimo (almeno oggi) Bonaccini e a Muzzarelli. E anche contro a Renzi.
Una uscita che porta a svelare l’ipocrisia di un presidente della Regione eletto tale (secondo Richetti) grazie a una magistratura che accelerò il suo procedimento allungando a dismisura quello dello stesso Matteo, suo potenziale avversario («13 giorni contro 13 mesi» - ha detto il parlamentare). Lo ha detto e poi ha sorriso dicendo «Stefano mi ha chiamato spesso». Che così va il mondo. Amici comunque. Sempre. Ma per una una volta i ‘caffè’, i compromessi, la «Regione ancora rossa» nonostante tutto, l’ansia di mettere tutti d’accordo di Bonaccini, si scontrano con i numeri di un parlamentare ribelle (e che sia forzatamente ribelle non importa in questo contesto). Tredici mesi contro tredici giorni. Così è. Buona fede a parte.
Leo
Redazione Pressa
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