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Affetto da malaria, contratta dopo un viaggio in Africa, il 2 gennaio 1960, muore, all'ospedale di Tortona, a soli 40 anni Fausto Coppi.
Coppi era chiamato 'l'Airone' perché al posto delle gambe sembrava avesse le ali e, invece di pedalare, volava. Nel dopoguerra il ciclismo era lo sport più seguito in Italia e gli italiani erano uniti nell'ammirare le gesta di Coppi e degli altri campioni su due ruote.
Fausto Coppi, traguardo dopo traguardo, tappa dopo tappa, era diventato l'eroe ciclista, il mito intramontabile.
Vinse 5 giri d'Italia, due tour de France e 3 campionati mondiali.
Uomo di poche parole, non era avvezzo, alle luci dei rflettori; per lui parlavano i successi sportivi.
La rivalità sportiva, con gli avversari, non scalfiva l'amicizia, che rimaneva tale anche in gara.
Ne è un esempio la foto del famosissimo scambio di borraccia, sul Col du Galibier, al tour del 1952, tra Coppi e un altro grandissimo ciclista, Gino Bartali.
Nello sport del ciclismo, dopo Coppi, di grandissimi, che hanno saputo far sognare milioni di italiani, ce ne sono stati pochi; tra questi, certamente Marco Pantani, un altro la cui parabola di vittorie e di sfide della vita si è interrotta troppo presto.
Redazione Pressa
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