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'Auguri a tutti i papà, soprattutto a quelli che #nonpossonostareacasa'. Una frase che accompagna l'immagine scelta dal S.U.L.P.L, sindacato dei lavoratori della Polizia Locale, per celebrare tutti i padri, nel giorno della loro festa, il 19 marzo di ogni anno. Che quest'anno combacia con una delle fasi della nostra storia del dopoguerra più incredibili e impensabili, fino a solo un mese fa. Quella che coincide con l'emergenza coronavirus, che obbliga tutti, e quindi anche tanti papà, a stare in casa come non mai, che ne obbliga altri a lavorare, come non mai, (poliziotti, carabinieri, agenti della polizia locale, medici, infermieri, camionisti), e che ne porta altri, purtroppo, a morire, come non mai.
Perché oggi non possiamo dimenticare che nella maggior parte di quelle bare che abbiamo visto trasportare verso i crematori di tutta Italia c'erano (e purtroppo ci saranno), per lo più uomini, e tanti, tantissimi papà. Che hanno dovuto morire senza potere ricevere nemmeno l'ultimo saluto dei loro figli.
Perché oggi non possiamo dimenticare chi l'emergenza economica, sociale e parentale, la vive tutti i giorni. A prescindere dal coronavirus. I tanti uomini separati che sono, rimangono e spesso devono battersi per rimanere papà. Spesso alienati, esclusi, allontanati, ed umiliati da uno Stato e da un sistema legislativo (quest'ultimo mai applicato nelle sue recenti evoluzioni tese a rafforzare e ad affermare il diritto dei figli alla bigenitorialità), che ha di fatto negato ai padri i loro diritti, al punto da farsi riprendere e condannare dalla Corte Europea.
Che il coronavirus e questa tremenda emergenza, una volta finita, ci aiuti a considerare e a riconsiderare anche questi squilibri, non degni di una società civile.
Gi.Ga.
Redazione Pressa
La Pressa è un quotidiano on-line indipendente fondato da Cinzia Franchini, Gianni Galeotti e Giuseppe Leonelli. Propone approfondimenti, inchieste e commenti sulla situazione politica, .. Continua >>