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Praticamente dall'inizio della guerra porti come quello di Mariupol, o di Berdyansk, dove vengono caricati partono verso i porti italiani i cargo contenenti argilla, caolino ed altri materiali per l'industria ceramica prelevato dalla grandi cave dell'Ucraina, sono inavvicinabili. Un flusso all'anno di circa 1,7 milioni di tonnellate di argilla soprattutto destinate al comprensorio ceramico sassolese, interrotto. Circa il 20% del totale. I porti sono fuori uso e gli armatori dall'inizio del conflitto hanno smesso di avvicinarsi. Il mare e una decina di giorni da, quando questa intervista è stata realizzata, erano già diverse le navi sia russe sia di diverse nazionalità, affondate.
Un enorme problema per l'industria ceramica italiana che ha il cuore a Sassuolo e per chi di questi materiali necessari per la produzione, la rifornisce. Tra i soggetti di maggiore esperienza e di peso nel settore, per il comprensorio di Sassuolo, c'è Andrea Barillaro, titolare della Baan Industrial Raw Material.
Nel suo ufficio di Colombaro ci sono campioni di tutti i materiali che servono alla produzione ceramica: oltre ad argilla e caolino, Feldspato, Sabbie e quarzi, Ossido di cerio, Ossidi coloranti, Corpi macinanti, Ulexite, Talco puro, Carbonati. Materiali che Barillaro individua e importa da cave in tutto il mondo. Accordandosi con i fornitori direttamente per poi organizzare il trasporto via nave fino al porto di Ravenna dove il materiale viene stoccato e poi trasportato su camion via terra fino a Sassuolo. Per farsi una idea, per alimentare il comprensorio sassolese, al porto di Ravenna arrivavano dall'Ucraina due navi da 15.000 tonnellate di argilla la settimana per un totale di 120.000 tonnellate al mese. Materiale molto chiaro, di ottima qualità ed economico. Ora dall'Ucraina il totale è zero. Difficile anche per chi come Barillaro è sul mercato da anni e conosce altre vie del mondo per rifornirsi di materiale, affrontare questa situazione.
Le forniture da altri Paesi, non sono sufficienti per compensare l'assenza di tali quantità, e costano molto di più. Ora si è ritornati al pre anni '90 per l'argilla rifornendosi dalle cave tedesche ma la Germania non ha più la rete logistica di una volta, ovvero prima che il mercato si orientasse verso l'Ucraina, e oggi mancano container e camion, almeno quelli sufficienti per trasferire il materiale richiesto per compensare lo stop dall'Ucraina. Poi c'è la questione prezzi. Alla fonte e per il trasporto. Questi salgono a vista d'occhio. Nella mezz'ora che trascorriamo nel suo ufficio, Barillaro riceve due mail in cui si comunica unilateralmente la variazione al rialzo di alcune materie. Anche del 10%. Ciò che in tempi di pace succedeva ogni tanto ed in maniera concordata a programmata oggi è roba quotidiana, comunicata con un messaggio. Prendere o lasciare. Eppure è l'unica via. Gli stoccaggi di materiale proveniente dall'Ucraina sono ormai esauriti e le prospettive non sono buone. 'Anche se la guerra finisse oggi - ci vorrebbe almeno un anno per ripristinare le forniture. I porti sono distrutti, ci sarebbero intere infrastrutture da ricostruire'. E alla tristezza per la guerra si aggiunge la tristezza nel guardare quelle cartine appese al muro con i vari continenti, dall'Australia all'Europa, colorate sulla base dei materiali che vi si possono trovare, dove l'Ucraina non è più, chissà per quanto tempo, il Paese che fino al 24 febbraio, era.
Gianni Galeotti
Redazione Pressa
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