Manifesti 'Stop gender', il Comune conferma: 'Tutto regolare nessuna discriminazione'
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Manifesti 'Stop gender', il Comune conferma: 'Tutto regolare nessuna discriminazione'

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L'Assessore Baracchi ha risposto all'interrogazione del Consigliere Alberto Bignardi (PD) che aveva chiesto una verifica sui contenuti da lui giudicati violenti e discriminatori


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I manifesti per promuovere la petizione #stopgender dell’associazione Pro vita affissi negli spazi pubblicitari del Comunedi Modena nell'ottobre scorso non sono discriminatori e non sono perseguibili e censurabili essendo espressione dell'opinione del soggetto promotore della campagna, regolarmente iscritto negli elenchi delle associazioni riconosciute che come tali agiscono in linea con i dettami costituzionali. E' in sintesi il contenuto della risposta fornita dall'Assessore comunale alle pari opportunità Grazia Baracchi all'interrogazione presentata da Alberto Bignardi (Pd) per chiedere quali provvedimenti potesse attuare l’amministrazione rispetto ad una comunicazione a suo dire 'violenta che incrementa le discriminazioni”, se fossero state rispettate le linee guida comunali per le affissioni e quali siano le iniziative del Comune per contrastare la discriminazione basata sul genere e sull’orientamento sessuale.  La risposta è chiara: nessuna violazione.

 


L'Assessore Baracchi ha sottolineato come i manifesti siano stati oggetto di diverse segnalazioni giunte al Comune di Modena da parte di cittadini che li hanno indicati come discriminatori e si sono sentiti urtati dal loro contenuto, ritenendolo “violento e inappropriato”. Prendendo atto delle segnalazioni, l’Ufficio Pari opportunità aveva segnalato il manifesto all’Istituto di autodisciplina pubblicitaria (Iap) chiedendo di verificare se le immagini e il testo riportato violassero il Protocollo d’intesa sottoscritto dall’Istituto con l’Anci nell’intento di consolidare modelli di comunicazione ispirati al rispetto del principio delle pari opportunità e della dignità della persona. Una verifica al termine della quale non è stato rilevato nulla di quanto contestato.

Nella risposta, l’assessora Baracchi ha riferito che il Comitato di controllo dello Iap non ha ritenuto di intervenire, archiviando il caso alla luce delle norme contenute nel Codice di autodisciplina della comunicazione commerciale.

Anche in recenti pronunce, infatti, il Giurì ha sottolineato che “la comunicazione sociale, come quella in questione, gode di maggiori margini di libertà rispetto alla comunicazione commerciale, sulla base del principio di tutela della libertà di pensiero garantita dalla Costituzione. Ciò purché sia evidente che si tratta dell’opinione dei promotori della campagna e che le modalità comunicazionali ed espressive adottate non si pongano in evidente contrasto con specifiche norme del Codice di autodisciplina”.

Il dibattito

Aprendo il dibattito Elisa Rossini (Fratelli d’Italia) ha sostenuto che la campagna in questione “non aveva niente a che vedere con le discriminazioni. Contestava l’introduzione della teoria gender nelle scuole, rispetto alla quale esiste grande dibattito nel Paese. L’intento era ridare ai genitori la priorità educativa sui temi della sessualità chiedendo di impedire questo insegnamento. Modena è una città che non discrimina – ha aggiunto – e quindi non dovrebbe discriminare chi la pensa diversamente”.

Giovanni Bertoldi (Lega Modena) ha considerato l’interrogazione “strumentale per riportare in Consiglio il tema della discriminazione”. Il consigliere ha evidenziato come sia legittimo “ritenere inappropriati certi insegnamenti per bambini su tematiche che affronteranno più avanti. La libertà di opinione deve essere sempre rispettata”. Il consigliere ha ricordato, infine, che il Comune non ha commesso nessuna irregolarità nella pubblicazione di quel manifesto. Stefano Prampolini ha affermato di non aver rilevato discriminazione nella locandina della campagna: “Ho solo trovato l’espressione di un’idea che condivido poiché certi temi possono condizionare facilmente l’infanzia”.

Irene Guadagnini (Pd) ha chiarito che “nessuno vuole insegnare l’orientamento sessuale: ciò che conta è insegnare a non discriminare”. La consigliera ha infatti affermato che obiettivo del lavoro scolastico “deve essere educare i ragazzi ad accogliere e ad ascoltare, e intercettare la loro richiesta d’aiuto”.

Per Camilla Scarpa (Sinistra per Modena) “è un bene che temi discussi in città arrivino in Consiglio”. Poi, condividendo le proprie perplessità sulla natura del manifesto “che veicola in maniera molto strana l’espressività del minore” ha ricordato la mancanza attuale di una legge sull’educazione sessuale ed affettiva: “Ci sono associazioni e gruppi che possono colmare questo vuoto introducendo temi come la contraccezione o la problematica delle discriminazione”.

A proposito dell’educazione alla sessualità e alla affettività, Enrica Manenti (Movimento 5 stelle) ha voluto ricordare la proposta di legge presentata, a maggio 2021, dalla deputata Stefania Ascari per l’inserimento della materia a scuola e nei corsi universitari: “Qualcosa in questo ambito si sta muovendo e forse, come Consiglio, faremmo bene a sostenerla”.

In replica, il consigliere Bignardi ha sottolineato la sofferenza di molti giovani in merito al loro orientamento sessuale, affermando che quei manifesti “sono pattume e offendono queste persone oltre a vanificare il tanto lavoro che si è fatto e si sta facendo per l’inclusione”. Per il consigliere “è legittimo dire di no all’educazione sessuale nelle scuole, ma non si può parlare di teoria del gender, che non esiste, e di scelta dell’orientamento sessuale che non si può scegliere. Quello che si fa nelle scuole – ha aggiunto – è parlare di bullismo e l’orientamento sessuale può essere una delle tante cause che lo scatenano”.

Intervenendo a chiusura del dibattito, l’assessora Baracchi ha sottolineato che le azioni nelle scuole e non solo sono orientate alla valorizzazione delle differenze. “È la legge 107 sulla Buona scuola che sollecita l’introduzione di percorsi specifici sull’accoglienza, la discriminazione, il bullismo, la violenza. E questo noi facciamo, muovendoci quindi nell’ambito della norma. La teoria gender a scuola non esiste, esistono progetti orientati al rispetto di tutte le persone”.



 


Redazione Pressa
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