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La chiusura (per ora a tempo) del punto nascita di Mirandola rappresenta non solo un enorme problema per i residenti della Bassa, ma rischia di trasformarsi in un importante ostacolo per la corsa di Bonaccini alla guida nazionale del Pd.
Il presidente della Regione, come noto, ha fatto del 'modello Emilia' la chiave della sua scalata al Partito democratico e in questo esempio di fulgore descritto da Bonaccini la sanità viene ovviamente descritta come fiore all'occhiello.
Ebbene, oggi Bonaccini si ritrova a fare i conti con la chiusura di un punto nascite fondamentale come quello di Mirandola, nella sua Emilia, nella sua Modena.
I nodi irrisolti delle liste d'attesa, della carenza di personale, delle operazioni chirurgiche programmate e posticipate all'ultimo istante (quando il paziente è già in ospedale pronto), possono essere in qualche modo camuffati da slogan e comunicazione efficace, armi delle quali Bonaccini è completamente padrone.
Ma la chiusura di un punto nascite non si nasconde. Hai voglia far parlare tecnici, esperti e ginecologi sulla 'sicurezza delle mamme': a Mirandola non si nasce più. E questa è una realtà.
Una chiusura talmente grave che ha infatti portato il Pd locale a una tanto clamorosa quanto tafazziana protesta. Il sit in davanti alla sede provinciale dell'Ausl di Modena rappresenta prima di tutto la situazione kafkiana di un partito in polemica con se stesso, un partito in pieno cortocircuito di idee e progetti, incapace di unità nel momento più delicato. Un partito i cui dirigenti della Bassa si scagliano contro i propri stessi amministratori in modo talmente masochista che viene da credere, e non è escluso sia così, che dietro vi sia un disegno renziano e terzopolista (non è un mistero del resto la vicinanza politica di Paolo Negro, pur idealista convinto e per certi versi coraggioso, a Matteo Richetti).
Perchè quel sit in rappresenta anche, molto più concretamente, un attacco diretto al sistema creato con cura e difeso da una campagna di comunicazione martellante e cesellate del governatore Bonaccini. E' evidente infatti che il Pd nel suo manifestare (sia chiaro sacrosanto nel merito) ha sbagliato (volutamente) indirizzo: il corteo con tanto di cartelli avrebbe dovuto tenersi presso la sede della Regione Emilia Romagna e non davanti agli uffici dell'azienda sanitaria modenese. Una foglia di fico che non basta a difendere il governatore da un attacco diretto.
Non ha ovviamente gradito il governatore emiliano la protesta di Paolo Negro e compagni Pd (dirigenti che paradossalmente sostengono proprio Bonaccini al congresso nazionale), ma l'ha dovuta subire in silenzio. Perchè quando non si hanno più armi, non si può che ripiegare in ritirata. Subisce il fuoco amico del suo partito, Bonaccini, ma subisce soprattutto un elemento di verità e una sconfitta personale. In campagna elettorale Stefano da Campogalliano aveva promesso che avrebbe riaperto, come primissimo atto, il punto nascita di Pavullo. Oggi, a tre anni di distanza, si ritrova a dover chiudere anche Mirandola. Alla faccia del 'modello Emilia'. Alla faccia del candidato alla segreteria che si presenta non tanto come politico, come 'uomo del fare' e amministratore senza macchia e senza paura.
Giuseppe Leonelli
Redazione Pressa
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