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Ora è facile. Dopo una sconfitta con 8 punti di scarto e dopo la consacrazione di Bonaccini con oltre il 50 per cento dei consensi, è semplice ammettere che la Lega ha sbagliato approccio e candidato in Emilia Romagna. O meglio sarebbe semplice, sempre che non si voglia negare l’evidenza come sta cercando di fare ancor oggi il Carroccio. In ogni caso molto meno facile era criticare la Borgonzoni e i leghisti alla vigilia del voto, quando l’entusiasmo nel centrodestra era alle stelle e si parlava esplicitamente di vittoria. Ebbene, l’unico che in quella fase all’interno del monolite e del pensiero unico a trazione leghista che ebbe il coraggio di dire che la Borgonzoni non era il candidato giusto, fu Bruno Rinaldi, candidato in lista con Cambiamo.
Rinaldi fu il primo, il 9 gennaio intervistato da La Pressa, ad avere la forza e la incoscienza di gridare l’ovvio, quando non conveniva farlo, quando il farlo gli causò critiche feroci all’interno del suo partito e la reprimenda degli alleati. Disse ‘il re è nudo’ Bruno Rinaldi da Castelvetro. E, come il bimbo di Andersen, ha aperto la strada a una presa d’atto della verità. Non si tratta ora di lasciarsi andare a stucchevoli ‘l’avevo detto’, ma fare tesoro di quella previsione che forse era già sotto gli occhi di tutti, ma che per convenienza e senso di subalternità rispetto alla Lega nessuno voleva pronunciare. Perché la politica non si traduce solo nel risultato finale (in questo caso pochi i consensi incassati alle urne da Rinaldi), ma anche nella spregiudicatezza di rompere le convenzioni. Lucia Borgonzoni non era il candidato giusto e la narrazione leghista auto incensante neppure. Ammetterla ora questa verità è l’unica possibilità per riprovarci tra cinque anni in Emilia Romagna, per non ripetere l’errore che Rinaldi ha denunciato, quando sembrava folle farlo. E per offrire una alternativa finalmente credibile al Sistema di potere Pd Emiliano romagnolo.
Leo
Redazione Pressa
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