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Terapia domiciliare precoce Covid, pressing sul Ministro per la validazione

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Il Comitato nazionale con 2200 medici volontari attivi attende riscontro nei primi giorni di settembre sul protocollo di cura domiciliare inviato dopo l'incontro di luglio. A La Pressa la portavoce Valentina Rigano ne spiega passato presente e futuro


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A 18 mesi dall'applicazione, in scienza e coscienza, da parte di migliaia di medici in tutta Italia, delle terapie domiciliari precoci in iniziale alternativa a 'tachipirina e vigile attesa', e a 5 mesi dall'approvazione, da parte di tutte le forze politiche, in Senato, dell'ordine del giorno per riconoscere, sviluppare e sostenere le terapie domiciliari, la svolta per il riconoscimento nell'applicazione del protocollo di cura già somministrato a decine di migliaia di pazienti poi guariti, non c'è ancora.

La risposta da parte del Ministro ai rappresentanti del Comitato Terapie Domiciliari Covid 19, dopo i due incontri al Ministero di marzo e luglio, dovrebbe arrivare i primi giorni di settembre. Il Comitato #terapiadomiciliarecovid che riunisce oltre 2000 medici in tutta Italia, capaci di seguire volontariamente a domicilio e con telemedicina migliaia di pazienti, ha attivato da tempo, prima ignorato e poi ricevuto, un confronto con il Ministero per il riconoscimento del protocollo per la terapia domiciliare precoce contro il Covid-19.

Una terapia nata prima della vaccinazione, dal confronto tra medici italiani e stranieri che investiti dalla tempesta del covid sui loro pazienti, provarono ad andare al di la dell'indicazione sulla Tachipirina e sulla vigile attesa, con schemi di cura che oggi è sbagliato ritenere alternativa alla vaccinazione, come i detrattori accusano, anzi viaggiano in parallelo. Perché le migliaia di testimonianze di pazienti guariti, anche anziani, confermerebbero che tali terapie precoci evitano nei fatti, come succede per la vaccinazione, l'aggravamento dei sintomi, direttamente nelle prime fasi gestibili al domicilio, riducendo drasticamente l'ospedalizzazione dei soggetti contagiati. Nella consapevolezza, rafforzata dai risultati ottenuti, che il covid19 sia una malattia che deve essere affrontata ai primi sintomi, quando il paziente è a casa, evitando così in molti casi un peggioramento verso forme più gravi che costringono, appunto, al ricovero in ospedale.

A La Pressa abbiamo riportato nel tempo diverse testimonianze di persone guarite, anche a Modena, dove la rete di medici si è diffusa.

Dopo mesi di richieste di incontro puntualmente ignorate da parte del ministero, nel marzo scorso il comitato è stato ricevuto e ha sottoposto al Ministero lo schema terapeutico in un incontro alla presenza del sottosegretario Sileri. Un mese dopo, nell'aprile, le linee guida sulla terapia domiciliare del ministero vennero aggiornate (aggiornamento in vigore oggi). Vennero aggiunti altri farmaci rispetto al paracetamolo ma venne ribadito il ruolo centrale della terapia territoriale ed il ruolo dei medici di base nel monitoraggio dei pazienti covid al proprio domicilio.
Di fatto diversi elementi contenuti nello schema di cura domiciliare del Comitato. Ma il riconoscimento e l'applicazione dello schema terapeutico ancora non è arrivato. Nell'ultimo incontro al ministero della salute del 27 luglio scorso, i rappresentanti del Comitato, creato e sviluppato già dalla primavera 2020 attraverso la rete social organizzata dall'avvocato Erick Grimaldi (e che oggi conta 600.000 iscritti), hanno messo nuovamente a disposizione del Ministero i metodi ed i risultati ottenuti in termini di guarigioni. La risposta è stata la richiesta di un rapporto strutturato che 48 ore dopo è stato puntualmente consegnato al ministero dal Comitato stesso. Del Comitato è portavoce Valentina Rìgano, giornalista d'inchiesta che dagli inizi ha seguito lo sviluppo della rete e del gruppo delle terapie domiciliari. Il Comitato ora è in attesa da parte del Ministero di una risposta rispetto alla richiesta di condivisione e di validazione dei protocolli adottati da migliaia di medici che in un anno e mezzo hanno evitato l'ospedalizzazione di migliaia di pazienti, anche anziani, somministrando immediatamente dopo l'insorgere dei sintomi, terapie tarate sul paziente attraverso l'utilizzo di farmaci già approvati ed in commercio. Abbiamo raggiunto Valentina telefonicamente, iniziando a parlare proprio del rapporto presentato per poi conoscere meglio l'attività del Comitato, che lei stessa ha raccolto, insieme alle testimonianze di pazienti guariti al proprio domicilio in un libro intitolato 'La Rete del Coraggio'. Una occasione anche per rispondere a diverse critiche rivolte al Comitato. Dall'accusa di essere no-vax a quella di essere medici che curano via facebook. Fino ad arrivare a ciò che la gestione dell'emergenza pandemica ha fatto emergere. L'importanza di strutturare e potenziare la sanità territoriale e la telemedicina e di una informazione scientifica e giornalistica che devono garantire trasparenza e non spalleggiarsi a vicenda a suon di veline da pubblicare acriticamente.

Gi.Ga.


Redazione Pressa
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