Modena calcio, in 15 anni dalla luce alla tenebra

Nel 2002 il Modena era l'orgoglio della città, iniziava la sua seconda avventura in serie A (dopo quella degli anni '60) ed il Comune aveva il problema di potenziare lo stadio per ospitare la massima serie. Oggi è tutto il contrario in una città che dorme


Quindici anni fa il problema, per il Comune, era quello di uno stadio Braglia troppo piccolo e da riqualificare su nuovi standard per ospitare i tifosi che lo avrebbero invaso dopo la promozione in serie A. Era il 12 maggio quando la squadra di De Biasi centrò un obiettivo impensabile con 3 giornate d'anticipo. Trionfo, orgoglio, col pensiero rivolto a Gigi Montagnani indimenticabile Presidente, scomparso due anni prima, che abbe il merito di predisporre quegli strumenti per costruire un gruppo capace di passare in due stagioni dalla C1 alla serie A. Programmazione, passione, collaborazione, crescita. C'era questo, 15 anni fa. Tutto ciò che oggi, e non solo da oggi, continua ad essere negato, svilito, calpestato, offeso.
C'era anche quella collaborazione con il Comune che dopo oltre mezzo secolo dagli ultimi lavori si vide costretto a pianificare una serie di interventi in vista della maggiore affluenza di tifosi derivante dalla promozione in serie A e che dall'estate del 2003 costrinse a mettere il Braglia al passo coi tempi con l'obiettivo di accoglierne, con standard adeguati alla serie A, almeno 20.000. Da settembre lo stadio fu 'rattoppato' con una curva tutta nuova ma con i settori di gradinate curva piscina ancora obbligati a tribune a tubolari, per aumentare i posti provvisoriamente. Ma c'era tanto, c'era l'euforia non solo per una squadra inaspettatamente anche se meritatamente in serie A. C'era una città intorno che condivideva un sogno. Che continuava ad essere quello della Pallavolo, a quel tempo della Daytona e che tornava ad essere alimentato anche dal calcio.
Quel sogno poi infranto, svanito, non solo dal lento quanto inesorabile declino di una gestione e di una società passata di mano e portata al disastro ma anche di una città che piano piano, quel sogno lo ha abbandonato.
Un disastro sportivo che si materializza oggi nell'esatto contrario di quanto c'era ieri. E non solo sul piano privato, della proprietario, ma anche pubblico e sociale. Perché oggi, anche a livello imprenditoriale ed istituzionale, è stato perso quello smalto che c'era ieri. Perché Caliendo e di Caliendosi è detto di tutto (e ha fornito il materiale per farlo), ma se il personaggio Caliendo ha portato il Modena nel baratro senza prospettiva in cui è (sembrerà banale, opportunista e tranchant dirlo), ma c'è perché c'è stato qualcuno che ci ha dormito sopra. A livello politico, istituzionale ed imprenditoriale. Che ha girato la testa dall'altra parte, quando, già alcuni anni fa, gli allarmi oltre che i precedenti, c'erano tutti. Segnali che inducevano, suggerivano, se non urlavano, la necessità di cambiare rotta. Perché a sbattere, anche in termini di impegno e danno economico, ci sarebbe andata l'intera città, oltre che la società. Così è stato. E a quel punto, a questo punto, non bisognava arrivarci. Per evitare che il Braglia diventasse ciò che è oggi: una cattedrale degradata nel deserto. Un pozzo senza fondo. Per evitare che la disilussione dilagasse e che anche l'ultimo pizzico di orgoglio (che resiste ancora nei colori della maglia), svanisse. Perché quello stadio è patrimonio non solo economico ma anche valoriale per un'intera città. E chi quella città, nel bene e nel male, la rappresenta, ha il diritto di dovere di difendere quel patrimonio e quei valori. Anche con le armi e con il primato della politica, nel senso più nobile del termine, a garanzia del bene e dell'interesse pubblico.
Perchè anche sul piano economico, la fotografia di oggi è l'esatto contrario della fotografia di 15 anni fa. Quando il Modena che funzionava sul campo funzionava, almeno nella trasparenza, anche nei conti. Che 'tornavano alla grande', sottolineava anche la rivista degli industriali modenesi Modena Mondo, a quel tempo (sotto la Presidenza Fini che successe a quella di Montezemolo). vero pungolo e stimolo per la pubblicazione amministrazione. Era il tempo in cui i conti, con tutti i normali limiti, erano trasparenti e venivano mostrati dalla società anche in conferenza stampa. Cosa che non succede da anni. Conti che dicevano che nell'anno della promozione erano stati investiti quasi 20 miliardi (di vecchie lire), e quando un brillante Doriano Tosi prometteva solidità e futuro alla società. Il resto è storia nota e triste, dalla CPL a Caliendo.
Proprio dalle colonne di Modena Mondo di 15 anni fa, Paolo Reggianini chiudeva il suo articolo sul mondo della serie A che aveva rivisto l'ingresso del Modena, scrivendo: 'Se il calcio italiano riuscirà a rubare qualche segreto al Modena, potrà garantirsi un futuro molto diverso da quello attuale. Altro che favola a lieto fine. Di questa squadra finita in serie A dobbiamo essere tutti orgogliosi'.
Gianni Galeotti
Nella foto, l'immagine tratta dalla rivista 'Modena Mondo' del maggio del 2002
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