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Quando la città era già cucita

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Il bando periferie ultima spiaggia per recuperare 20 anni di progetti falliti e un disegno armonico della città che è stato cancellato


Quando la città era già cucita
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Guardando la foto aerea dell'archivio Panini di Modena non ci sarebbe bisogno di scrivere e dire nulla. L'area è quella a nord della stazione ferroviaria, quella che si sviluppava (e si sviluppa) sull'asse nord sud. Quella della fascia ferroviaria nord. Quella oggetto degli interventi previsti, sulle aree pubbliche, dal bando periferie elaborato e presentato nei giorni scorsi dal Comune. Finanziato, in parte, grazie ad un bando del Ministero al quale il comune ha partecipato con un progetto specifico di riqualificazione dell'area a nord della stazione, abbandonata al degrado e chiusa, scucita dalla città da 20 anni.

Un asse dove ancora regnano macerie, degrado ed abbandono. Dove una volta c'era l'ex Consorzio agrario, ora, e da 20 anni, c'è un area abbandonata, di proprietà di Esselunga, circondata da due strisce di terreno di proprietà di Comune e Coop Estense.

 Piccole, queste ultime, almeno rispetto alla prima, ma sufficienti per tenere bloccato la possibilità di Esselunga di edificare e sviluppare l'area. Come in effetti è stato fatto, per quasi 20 anni. Creando un enorme frattura sull'asse nord-sud. Vecchia storia, ma sempre nuova.
Così come lo è quella dell'altra area, quella dove c'era il mercato bestiame e, successivamente (visto che nel 1955 non c'era ancora), il macello pubblico. Realtà economiche, nate a poche centinaia di metri in linea d'aria dalla Fiat Trattori, dove lavoravano circa 3.500 dipendenti (che erano 3.500 famiglie italiane immigrate da quasi tutti i comuni della provincia, Finale Emilia, Mirandola, Pavullo...), che avevano motivato e dato linfa vitale ai quartieri Sacca e Crocetta che, delimitati da viali ordinati ed alberati viaggiavano in parallelo alle aree industriali. Sviluppando parallelamente, l'estensione dei servizi pubblici (scuole, linee bus, servizi sanitari), strade, chiese.

In 30 anni, da quel 1955, vennero realizzati, fatti vivere e sviluppato interi quartieri. Fino agli anni '90 nei quali, con la graduale dismissione della aree industriali, iniziarono a crearsi vuoti non solo nella dimensione spaziale e territoriale, ma anche e soprattutto nella visione politica. Che da quel momento (anche se può essere superficiale e approssimativo dirlo), non seppe più programmare il futuro. O almeno, non ne seppe programmare la fattibilità. Perchè il futuro (e guardando quelle stesse aree oggi ne abbiamo la conferma), si fermò li. C'è poco da fare e da girarci intorno.
E quello che viene proposto come nuovo oggi, negli indirizzi e nel merito, non fa altro che riprendere ciò che c'era già ed è stato, più o meno consapevolmente, distrutto. 
Basta pensare che in quegli anni l'erre nord (dove oggi i privati sono fuggiti e per abbozzare una riqualificazione da un degrado creato il Comune ha già speso 20 milioni di soldi pubblici). ospitava, oltre al supermercato, una galleria commerciale privata, sede di associaziondi categoria, l'ufficio igiene con tutti i servizi sanitari e di medicina legali (di fatto la casa della salute che si prova a riproporre oggi) ed un sottopasso che evitando i pericoli della strada Canaletto, collegava e cuciva in sicurezza l'area commerciale dalle residenze di viale Gramsci. Solo per fare un esempio. A quel tempo furono costruite le nuove scuole Gramsci, che ancora servono il bacino della Crocetta. Fu costruita la tangenziale (che era l'unica ad avere i semafori eliminati in un secondo tempo). Nacque la borsa merci delle carni, la più importante in Italia, a fianco del mercato bestiame più grande d'Italia. Che c'era di che essere orgogliosi anche di essere i primi in quei settori, di avere davvero, da modenesi, quella marcia in più. 
Poi il nulla. Non fu più costruito niente di strutturale, di servizio, anzi, iniziò il graduale smantellamento. Che ha gradualmente lasciato spazio al vuoto. Quello di aree enormi abbandonate, transennate, mai più utilizzate. Come un enorme buco nero che cancella ciò che un tempo era vita, lavoro, commercio, sviluppo. Più nulla. Perché ci fu il grande piano di riqualificazione della fascia ferroviaria che nel 1999. Ambizioso. Forse troppo soprattutto per le capacità di realizzarlo che gli amministratori che lo proposero dimostrarono (o meglio non dimostraroni), di avere. Che poi, nel bene e nel male, sono sempre gli stessi. Dall'ex Sindaco Barbolini (ex assessore regionale alla sanità, poi senatore, ed oggi da pluripensionato anche alla Presidenza di ERT). Da Giancarlo Muzzarelli, che allora era Vicepresidente della Provincia, a Pattuzzi che ne era formalmente il Presidente (ai tempi impegnati entrambi a dire si al passaggio a nord dell'Alta Velocità che ha di fatto escluso Modena).  Passando per Palma Costi (che allora era assessore all'urbanistica e oggi Assessore regionale alle attività produttive, nel ruolo che dopo l'esperienza in provincia fu poi di Muzzarelli. Che oggi, come sindaco, ha come capo di gabinetto il fratello di Palma Costi, Luigi). Ma questi è un altra storia. Comunque emblematica di responsabilità. Politiche ed amministrative. Di una politica che (tornando al generale al di la dei nomi), ha negato, per 20 anni, ad un un quarto della città, il proprio futuro. Che non vuole dire che tutto è perduto, ma che rende tutta da dimostrare, e ben poco da propagandare, la capacità di quella stessa politica (per non dire di una certa parte politica), di coprire i buchi che lei stessa ha creato. 

Gianni Galeotti


Redazione Pressa
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