A partire dal 24 aprile 2017, l'obbligo di ottenere il visto di conformità si estende agli importi superiori a 5.000 euro annui, con un'eccezione per le start-up innovative identificate secondo l'articolo 25 del D.L. n. 179/2012, per le quali tale limite viene elevato a 50.000 euro e, dal 2024, elevato a 70.000 euro, durante il periodo di iscrizione nella sezione speciale del Registro delle Imprese. Questo onere ricade sui contribuenti che intendono utilizzare sia i crediti IVA annuali che quelli infrannuali, ovvero trimestrali, per la compensazione; di conseguenza, il visto di conformità dovrà essere apposto su entrambe le tipologie di dichiarazione IVA.
Nel contesto delle attività di controllo relative all'IVA, l'applicazione del visto di conformità non richiede valutazioni di merito, ma è piuttosto volta a verificare formalmente le operazioni registrate e la loro corretta esposizione nella dichiarazione annuale. Pertanto, il professionista incaricato di apporre il visto non deve effettuare una valutazione di merito sull'IVA detraibile o contestare la validità delle operazioni registrate. Tuttavia, in determinati casi specifici, le autorità fiscali non escludono del tutto la possibilità di effettuare un controllo di merito sulle operazioni effettuate.
Inizialmente, i controlli del professionista per il rilascio del visto si concentrano sulla regolare tenuta e conservazione delle scritture contabili obbligatorie ai fini dell'IVA, sull'aderenza dei dati esposti nella dichiarazione ai risultati delle scritture contabili e sulla coerenza dei dati esposti nelle scritture contabili con la documentazione relativa.
L'Agenzia delle Entrate ha specificato che l'apposizione del visto di conformità presuppone sempre un controllo per garantire che il codice attività economica indicato nella dichiarazione IVA corrisponda a quello risultante dalla documentazione contabile, conformemente alla tabella di classificazione delle attività economiche vigente al momento della presentazione della dichiarazione.