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Ecco che gli alpini non sono né di destra né di sinistra, sono dei mitomani del reale. Così il 13 maggio del 2006 con un memorabile articolo La Tribuna di Treviso definiva gli Alpini.
Disubbidienti e recidivi. Hanno i soliti trabiccoli, sono già sbronzi alle 11 di mattina e, data l'ora, anche eccessivamente galanti con le signore. Perché gli alpini ci tengono alla loro caricatura, usano l'appeasement alla rovescia e fanno del loro meglio per diffondere alle nostre latitudini la massima inglese che delle cose serie vuole si parli con leggerezza, mentre la serietà è riservata al superfluo. Si beffano di noi parrucconi indicando il rovescio di quel che sono, lavoratori quando sembrano dei perdigiorno, precisi quando si fingono distratti, fedeli quando sembrano inaffidabili e terribilmente seri laddove appaiono dei caciaroni. Se qualcuno non vuol capire, ciccia.
Uno li vede e sta sempre li a chiedersi se è la Lega Nord che ha preso da loro o chi. Il fatto è che detengono un marchio di fabbrica autoctono soggetto a diverse imitazioni, ma inesportabile al di là dell'arco alpino.
Modena città sta ospitando la due giorni della loro Adunata annuale, la 75esima. Una mostra sulla Grande guerra, le premiazioni del concorso Alpini sempre, l’esibizione dei cori e il tradizionale sfilamento in centro storico delle penne nere...
E a vederli, ad ascoltare il loro (il nostro?) Inno d'Italia ci si commuove. E si rimpiange quel senso di appartenza che muove ancor oggi quelle anziane penne nere. Li si ascolta e ci si domanda dove abbiamo sbagliato in mezzo.
Dove, improvvisamente, abbiamo perso per strada il 'noi': fosse la penna nera sul cappello o l'Unità sottobraccio? Quando, da un giorno all'altro, abbiamo smesso di bere vino e di piangere alle feste popolari? Quando è successo che l'appartenenza è diventata uno strumento utile solo a comandare, una medaglietta, un lasciapassare? Quando le persone buone e intelligenti hanno iniziato a vergognarsi a dire 'noi' e hanno preferito chiudersi in un 'io' perdente e rancoroso? Perchè siamo riusciti a ridurre una divisa in una maschera di carnevale, i valori in caricature, il cerimoniale in teatro?
Quando le stelle alpine profumate e delicate sono diventati tristi fiori di plastica cinese da usare per il taglio del nastro con sindaco, vescovo e bambina in abito da Comunione?
Eppure ascoltando l'Inno di Mameli, cantato da quegli anziani un po' curvi, con le camice rigonfie e il cappello piegato a destra, viene da pensare che, nonostante tutto, non vi sia altra soluzione che tornare indietro e ripartire da loro.
Leo