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I dati certificati dall'Autorità per l'Energia sono drammatici. Nel primo trimestre 2022 sul primo trimestre 2021 in Italia si è registrato un aumento del 131% per il cliente domestico tipo di energia elettrica (da 20,06 a 46,03 centesimi di euro/kWh, tasse incluse) e del 94% per quello del gas naturale (da 70,66 a 137,32 centesimi di euro per metro cubo, tasse incluse). Basterebbero questi numeri per far capire quanto la situazione nel nostro Paese sia esplosiva.
Di fatto ogni famiglia si è vista più che raddoppiare la spesa per le bollette di gas e luce. E per le imprese è andata anche peggio. Aumenti che pesano in modo diretto sui bilanci famigliari e aziendali ma che incidono anche sulle spese di prima necessità e sul futuro delle attività produttive.
E' evidente infatti che, a causa dell'aumento dei costi dell'energia e del carburante, il prezzo degli stessi generi alimentari è lievitato in modo netto, con rincari - in particolare sul fresco - superiori al 10%. Intere filiere sono in ginocchio: dal commercio ormai rivoluzionato dall'e-commerce, alle grandi catene produttive che, come nel caso della ceramica, stanno scegliendo di fermare gli impianti per bloccare le perdite.
Indubbiamente è complicato ricostruire la genesi che ha portato a questa deriva e se è vero che le limitazioni delle esportazioni di gas dalla Russia all'Europa hanno giocato un ruolo decisivo (al di là dei venti di guerra in Ucraina), è parimenti vero che i problemi hanno origini lontane non solo spaziali, ma anche temporali. Nodi legati alle a dir poco poco lungimiranti politiche energetiche del nostro Paese e allo scarso peso dell'Italia nel già ridotto scacchiere europeo.
Ora però il baratro economico e sociale è un passo e le analisi sul perchè si è giunti a questo punto sono tardive e poco utili. Allo stesso modo predicare soluzioni di medio-lungo periodo è tanto suggestivo quanto evanescente. Oggi parlare di transizione ecologica è evidentemente un modo per nascondere il problema. La svolta green è certamente importante, ma richiede tempi non compatibili con la emergenza. Una emergenza che è qui e ora e che qui e ora va arginata dal Governo.
L'Esecutivo sta pensando di stanziare 6 miliardi contro il caro bollette, ma ovviamente non basta. Serve una svolta che consenta alle famiglie e alle imprese di respirare. Servono aiuti economici importanti, certo, ma serve soprattutto prendere atto che è il momento di pensare a una vera riconciliazione nazionale. Mettere da parte le divisioni legate alla gestione della pandemia, accantonare definitivamente la costruzione di un nemico interno e affrontare il vero problema che abbiamo davanti. Quello di una crisi non solo economica, ma sistemica, potenzialmente devastante. Smetterla di crogiolarsi in sterili e teoriche prospettive sull'aumento del Pil che fosse anche del 6% non basterebbe a compensare l'evidente china della economia reale e mettere da parte battaglie di retroguardia per difendere posizioni politiche sempre più autoreferenziali. Le associazioni di categoria tornino a rappresentare le proprie categorie e rinuncino ad essere casse di risonanza del Governo, locale o nazionale, per logiche di autosopravvivenza. I partiti provino a mostrare la loro faccia migliore, o quella meno impresentabile. E il Governo la smetta con misure deliranti legate alla gestione di una pandemia fortunatamente in ritirata. Solo così sarà possibile abbassare la febbre che agita le notti della società italiana. L'evoluzione in atto è probabilmente irreversibile, ma tentare di governarla senza esserne travolti è un dovere della politica. E' questa l'unica tachipirina possibile, perchè la vigile attesa stavolta potrebbe portare all'implosione definitiva.
Giuseppe Leonelli
Redazione Pressa
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