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Da questa mattina luminosa d'estate, pur in assenza di un obbligo vaccinale che il governo pilatescamente si è ben guardato dall'introdurre (visti anche i limiti dei vaccini, la fase sperimentale degli stessi, e l'impossibilità, ad oggi, di fornire garanzie sugli impatti e sugli effetti nel medio e lungo periodo), chi non si è vaccinato (giovani e giovanissimi compresi), sarà discriminato, intimidito, diviso dagli altri. Nell'accesso ai luoghi della cultura, dello sport, della socialità. Non solo come individuo, ma soprattutto come soggetto sociale. Partendo dall'elemento fondante della società: la famiglia. Perché con il Green Pass all'Italiana (che presto potrebbe essere spazzato via dalle disposizioni e dalle indicazioni europee che ne evidenziano l'alto quanto inacettabile tasso di discriminazione), viene attuato questo: divisione sociale, esclusione, discriminazione. Per Decreto. Il tutto supportato da disinformazione istituzionale a senso unico.
Non solo per i cittadini, vaccinati e non, ma anche per chi (senza il titolo di pubblico ufficiale o autorità sanitaria), è da oggi chiamato inopportunamente ad applicarlo. Esercenti, gestori di attività lasciati allo sbaraglio e a loro volta impauriti da un provvedimento la cui applicazione potrebbe portare a rischi, in caso di ricorso, anche di carattere penale.
Alla via della corretta informazione, anche sulle cure esistenti, alla trasparenza, alla via dell'inclusione e della condivisione informativa sul covid e sui vaccini, il governo ha deliberatamente scelto la via della confusione informativa e normativa, dell'esclusione e della divisione sociale, dell'intimidazione e della discriminazione (che diventa anche economica se consideriamo l'accesso ai tamponi a pagamento in alternativa al green pass). Il tutto, senza assumersi la responsabilità dell'obbligo vaccinale, ma scegliendo di percorrere la via surrettizia di un vero e proprio ricatto sociale.
Divieti e sanzioni che, appunto, in assenza di un obbligo (come poteva essere quello degli spostamenti, per tutti, durante il lockdown), costituiscono il nodo più controverso della vicenda Green Pass, sia sotto il profilo giuridico ma soprattutto per l'aspetto sociale.
Perché su questo terreno dei principi, delle libertà e dei diritti che le persone hanno individualmente e socialmente, dal dopoguerra ad oggi, a prescindere dal governo di turno, si gioca una partita che va al di là della divisione vax o no vax (divisione che l'informazione di sistema tenta di alimentare). Perché se il governo, in pochi mesi, è passato dal 'riconoscimento' e dalla 'tutela' delle libertà costituzionalmente garantite alla 'concessione condizionata' delle stesse libertà, e il tutto senza un obbligo di legge rispetto all'elemento fondante, presupposto delle limitazioni e delle sanzioni (in questo caso i vaccini), allora tutto cambia e allora tutto è molto più rischioso. Oggi e in prospettiva. Il limite, oltre al quale è salto nel buio, è superato. Perché se la distinzione e il parametro per dividere ed escludere oggi è la vaccinazione non obbligatoria, domani potrebbe essere altro, molto altro, non obbligatorio ma altrettanto deliberatamente scelto dal governo di turno. Che in virtù e nell'ambito di una emergenza via via prorogata, agirebbe al di fuori di un sistema di pesi e contrappesi. Che senza essere costituzionalisti è quello che inizia, purtroppo, a prospettarsi e a leggersi nella realtà quotidiana. Sempre più, giorno dopo giorno, pezzo a pezzo.
Per l'elemento che da individuale diventa, appunto, collettivo, per la divisione che questo strumento, il green pass, porta porta anche all'interno delle famiglie, nucleo fondante della società. Che sia in città che in vacanza, fuori città, oggi, 6 agosto, per fare un esempio, dovranno rinunciare ai luoghi della cultura anche solo per il fatto che i genitori, vaccinati o no, possono avere liberamente detto no alla vaccinazione dei propri figli, anche solo di fronte ai balbettii e alle contraddizioni di una scienza su questo punto ancora profondamente divisa e senza risposte sugli effetti a lungo termine dei vaccini ai minori. Coppie e gruppi di amici che dovranno dividersi, anche per un pranzo, una cena, una partita a calcetto, un tuffo in piscina anche solo per accedere al chiuso di un locale o un museo, ma anche all'aperto di un parco divertimenti dove fino a ieri era possibile (e dove sarebbe possibile ancora oggi grazie all'impegno e agli investimenti e alla responsabilità dei gestori), entrare e permanere in piena sicurezza, con le dovute precauzioni. Quelle dovute precauzioni che il governo stesso ha illuso, con uno spot TV nazionale (ora non a caso radicalmene corretto), di potersi lasciare alle spalle. Precauzioni che anche i vaccinati devono continuare ad avere, perché é sempre più evidente che il vaccino difende (la prova del nove sarà comunque l'autunno), dagli effetti più gravi, ma non dal contagio. Nelle piscine, nei luoghi dello sport, dello stare insieme dove la cronaca quotidiana conferma quanto quelle precauzioni (che ormai siamo portati ad applicare con o senza obbligo e con tanto buon senso), continuino ad essere più utili addirittura del vaccino, sul fronte dei contagi, che rimangono (i report quotidiani confermano), tanti e possibili anche dopo la seconda dose e anche, dati di ieri anche a Modena, con effetti gravi.
Quello di oggi, così introdotto, è tutt'altro che lo strumento di libertà propagandata e tantopiù riconquistata. Perché quella tolta senza presupposto e poi fintamente concessa, è solo una libertà condizionata, a cui ci si adegua per convenzione, comodità e soprattutto per paura. Il contrario di ciò che uno Stato dovrebbe garantire e riconoscere al proprio popolo. Un passo indietro nella storia democratica e di civilità nostra e del nostro Paese.
Gi.Ga.