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Nelle ultime settimane i media hanno portato alla luce la drammatica situazione degli operatori sanitari impegnati in trincea contro il Covid-19. Molti di loro si sono ammalati, molti sono positivi, molti sono morti. Ora a fronte di un coro di proteste, denunce, lettere alla più importanti riviste scientifiche firmate da medici e da ordine dei medici, i Governatori delle tre regioni più colpite, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, hanno risposto in modo diverso. La Lombardia ha provveduto quasi da subito a creare dei percorsi differenziati dal Pronto Soccorso, per chi autonomamente si reca in ospedale con sintomi influenzali che possono far pensare ad una infezione da Coronavirus.
Il Governatore del Veneto ha deciso, in piena autonomia, di effettuare tamponi a tappeto ai sanitari e anche agli asintomatici sul territorio, cosa che puntualmente sta facendo.
In Emilia Romagna il Governatore Bonaccini, fra una dichiarazione e una smentita, fra accuse dei sindacati e scuse dell'amministrazione, alla fine martedi 17 marzo con un post su Facebook assicura molti più tamponi anche agli asintomatici e, soprattutto, agli operatori sanitari. Peccato che le cose poi non si sono concretizzate.
Ci risulta che a tutt'oggi per gli operatori sanitari del Policlinico di Modena per esempio, dopo la dichiarazione di Bonaccini, la campagna tamponi non sia affatto partita. E non solo. Non è stato creato un percorso alternativo separato dal Pronto Soccorso per chi vi si reca con sintomi influenzali, nè una struttura di pre triage. Siamo all'assurdo che se malauguratamente hai un po' di febbre e qualche colpo di tosse il medico di base ti dice di restare a casa ma non ti fanno il tampone. E se dopo 5/6 giorni non ne puoi più perché non ci salti fuori con gli antinfluenzali, vai al PS dell'ospedale.
E siamo punto a capo. Se vieni dichiarato positivo, nel frattempo hai contagiato mezzo pronto soccorso, utenti e sanitari. E, paradosso nel paradosso, ti isolano dai tuoi famigliari che, seppur asintomatici, hanno condiviso con te almeno 5/6 giorni di malattia, ma ai quali non viene fatto il tampone.
A tutto questo bisogna aggiungere che se i nostri medici eroi fossero positivi al Covid-19 (senza saperlo perchè non sottoposti al tampone) continuano ad operare in reparto con l'evidente conseguenza che possono contagiare a loro volta i pazienti. Senza considerare che in una emergenza di questo tipo anche i sistemi di areazione dei locali dell'ospedale diventano inevitabilmente dispersori di contagio.
Già una volta il Direttore del PS del Policlinico di Modena e il Direttore dell'Unità operativa di Microbiologia di Bologna, dopo aver effettuato i tamponi a operatori sanitari in servizio al PS del Policlinico modenese, decidono in modo autonomo di analizzarne solo alcuni, mentre gli altri sono stati 'buttati' via perchè non riportavano i criteri necessari per essere analizzati. Cioè: hanno fatto il tampone agli operatori che sono a stretto contatto con pazienti infetti e non, sono loro stessi a rischio contagio, ma la Direzione non ritiene opportuno analizzarli. Sembra una follia. Ad aggravare tutto ciò qualche giorno dopo esce un documento della direttrice generale della agenzia sanitaria dell'Emilia Romagna secondo il quale i medici positivi al tampone, possono dimezzare la quarantena e tornare a lavorare solo dopo sette giorni. Naturalmente poi la smentita è stata regolarmente pubblicata, con tanto di lettera di scuse.
Non si tratta più di una questione politica ma di etica e di consapevolezza della portata di quello che si sta gestendo. Non possiamo accettare che i medici ospedalieri, medici di base, gli operatori sanitari (compreso volontari, operatori del 118, ecc..) siano trattati in questo modo. Reclamiamo per loro e per noi sicurezza, coerenza, rispetto, perchè fuori dagli ospedali c'è un paese che diligentemente e responsabilmente sta a casa, che si attiene scrupolosamente alle indicazioni del Governo. Noi non vogliamo terrorizzare ma far conoscere a tutti come stanno realmente le cose.
Anna Beatrice Borrelli