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“La morte di Riina non e’ la morte della mafia, che e’ cambiata, ferita, ma c’e’“. In un’intervista a Repubblica, il ministro dell’Interno Marco Minniti, invita i partiti a siglare un patto che parta dal rifiutare ogni accordo elettorale con esponenti delle mafie.
“Le mafie votano e fanno votare. Per la politica è dunque venuta l’ora di firmare un ‘patto di civilta” in nome della democrazia: tutti i partiti sottoscrivano un impegno solenne, un rifiuto esplicito di ricercare e ricevere il voto delle mafie”, dice il titolare del Viminale. Minniti sottolinea che Riina e’ stato “il simbolo di due mafie. Una mafia che in una prima fase non rappresenta l’Anti-Stato, perche’ si infiltra e cresce nelle sue pieghe, condizionandolo grazie alle complicita’ del sistema. In quella fase l’esistenza stessa della mafia viene messa in discussione, addirittura negata.
Poi arriva una seconda mafia che, dopo averlo infiltrato, lancia allo Stato la sfida stragista, la minaccia più drammatica che il Paese abbia conosciuto, insieme al terrorismo. Il Capo dei capi ha guidato entrambe le mafie: quella che si infiltra e quella che sfida. Ma alla fine ha perso”.
Il ministro dell’ Interno Marco Minniti spiega a Repubblica che “tutti i protagonisti della ‘commissione’ di Cosa nostra non ci sono piu’. Provenzano e Riina sono morti, gli altri in galera. La democrazia ha pagato un prezzo terribile, ma alla fine ha prevalso, senza snaturarsi. Non ha ceduto allo ‘Stato d’eccezione’. Nonostante Capaci e Via D’Amelio, le bombe del ’93, la strage sfiorata all’Olimpico, Ciampi isolato sull’Aurelia con la paura del golpe. Fatte le debite proporzioni il maxi-processo, iniziato nell’86 e terminato nel ’92, e’ come Norimberga: la democrazia, portando alla sbarra i suoi aguzzini, riafferma se stessa”.
“Ci sono processi in corso, aspettiamo che si concludano. Ma e’ un fatto che per lungo tempo la politica ha fatto fatica a considerare la mafia l’avversario da combattere“, dice Minniti a proposito della trattativa Stato-mafia. “La mafia ne ha approfittato, si e’ sentita cosi’ potente da sfidare le istituzioni che prima aveva condizionato. Ma proprio quella sfida ha prodotto una rottura traumatica: e’ nata nel Paese una coscienza anti-mafia, l’idea che la mafia sia il nemico assoluto della democrazia”.