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Babij Jar. Un nome che a molti dice poco o nulla, un burrone nei pressi di Kiev dove furono trucidati, nel 1941, 33.771 ebrei ad opera dei nazisti, con l’appoggio della polizia ausiliaria ukraina.
Odessa. Massacro di un numero compreso tra i 25.000 ed i 34.000 Ebrei, tra il 22 ed il 24 ottobre 1941, ad opera delle truppe rumene e tedesche con la connivenza della polizia ausiliaria ukraina.
Tra il 13 e il 23 gennaio 1942, 19852 Ebrei furono inviati a Berezovka e da qui a piedi (marcia della morte) al campo di Golta.
All’arrivo delle truppe sovietiche, il 10 aprile 1944, furono contati ad Odessa 703 ebrei sopravvissuti.
L’URSS
Stalin non fu da meno, scatenando nel dopoguerra una campagna conto i cosiddetti “cosmopoliti“ (gli Ebrei russi) con processi che durarono fino al 1952.
Stalin pensò anche di costituire, prima in Crimea e successivamente nel Birobidzahn, a 8000 kiliometri da Mosca, un territorio che divenne “regione autonoma” ove gli Ebrei avessero a costruire quella che fu detta “la Palestina sovietica“.
Fu un fallimento e l’idea non impedì a Stalin di avversare l’idea che Ebrei mitteleuropei in fuga dal nazismo, potessero trovarvi un qualche rifugio.
Agli inizi del secondo conflitto mondiale e nel dopoguerra quasi tutta la classe dirigente del Birobidzahn fu eliminata, fatti fucilare per ordine dello stesso Stalin.
Ancora oggi la Regione autonoma ebraica del Birobizahn esiste, almeno sulla carta, ma della popolazione di oltre 160.000 abitanti, risultano Ebrei meno dell’ 1% (circa 1.600).
La morale è e resta sempre la stessa: chi è senza peccato scagli la prima pietra.
Oggi l’Ukraina accusa la Russia di crimini di guerra e genocidio, la Russia risponde che si tratta di montature.
I morti restano, morti ukraini, morti russi, perché nei molti mezzi militari che vengono mostrati distrutti vi erano esseri umani, nei piani alti degli edifici trasformati in postazioni, altri esseri umani, non mi interessa sapere a che parte appartengano, sono tutte vittime della stupidità (per non dire di peggio) umana.
Cominciare a fare i conti, lamentando: io di più, no tu no, è da sciacalli.
Giusto e doveroso che vengano avviate inchieste internazionali, ma una volta giunti a conclusioni, forse che le vittime, tutte le vittime, saranno ripagate?
Allora è meglio prima fare tacere le armi, in questo conflitto, come in tutti i conflitti armati, non esistono buoni e cattivi, è una visione sbagliata che non porterà a nulla di buono.
Continuare ad alimentare un conflitto in nome di quelle che sono solo scelte politiche ed economiche, visto il peso delle risorse su cui entrambi i contendenti vogliono mettere le mani è il vero crimine contro l’umanità.
Sostenere che non è così, che l’aggredito che si atteggia a vittima si sta solo difendendo da una aggressione e altrettante belle parole pronunciate in diverse sedi, è ipocrisia.
Sostenere che l’aggressore, perché comunque ci troviamo di fronte ad una aggressione, vi è costretto, altrettanta ipocrisia.
Nuovamente l’ONU balbetta, viene meno ai suoi principi e doveri, non sappiamo nulla o poco delle posizioni di altri paesi, che, pur avendo le loro gatte da pelare, evitano di esprimersi o fanno finta di niente, proseguendo imperterriti a coltivare i loro egoistici interessi, che molte volte sono solo di pochi e lasciano vaste aree di popolazione nella miseria.
Dei conflitti armati nel mondo, che, tra l’indifferenza di molti, continuano a mietere vittime, sembra importare ben poco.
Si fa leva su di un buonismo di facciata, ma non risolve nulla, manca una reale e condivisa volontà e su tutto regna incontrastato il denaro.
Non si può essere servitori di due padroni, o lo si arriva a capire senza compromessi, o non vedo vie di uscita.
Mi è stato obiettato: ma il mondo è sempre stato cosi!
Sarà, ma a me, filo d’erba, tra milioni di fili d’erba, non sta bene! Non mi illudo di potere cambiare qualcosa, ma spero di potere continuare anche negli anni a venire, per quanto mi sarà concesso di rimanere su questa terra, a potermi esprimere in piena libertà.
Giuseppe Bellei Mussini
Nella foto Dina Mironovna Pronicheva, sopravvissuta al massacro di Babij Jar, testimone al processo di Kiev