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Non sembri una mancanza di sensibilità il fatto che citi una persona che é mancata solo qualche giorno addietro, ma non sono riuscito a trovare un sostituto che, come lui, potesse dare immediatamente l'idea di un grande manager, capace di fare i conti con una straordinaria quantità di complessità, di 'non guardare in faccia nessuno' anche quando c'é da decidere soluzioni spiacevoli e soprattutto che abbia in mente e persegua, prima di ogni cosa, la finalità del profitto. Ció, al di là di una mia personale valutazione del suo lavoro, che qui non mi sembra il caso di approfondire.
Quella del titolo di questa nota é la domanda che da qualche giorno mi frulla in testa ogni volta che penso alle polemiche attorno alla gestione della Fondazione San Filippo Neri.
Mentre crescono, e sembrano non attenuarsi le critiche, i media locali hanno dapprima dato informazione del 'complesso' relazionale che vede la Fondazione intrattenere, almeno sulla carta, con tanti soggetti (Ergo, ostello. Asp minori, comunità minori non accompagnati, Girasole Errenord e Albareto, scuole e Memo). Poi, si é diffusa linformazione che dopo la nomina di Borellini da parte del presidente Muzzarelli, il cda del San Filippo Neri, con una straordinaria quanto inusuale celerità, laddove solitamente anche piccole modifiche agli atti normativi degli Enti richiedono attenzioni e tempi del tutto differenti, ha modificato il proprio Statuto, introducendo la necessità della figura del Revisore dei conti che, del tutto inspiegabilmente, prima non era prevista.
Poi, ancor più recentemente, in pieno marasma, si é stati informati che 'nell'orbita' del San Filippo Neri é confluito l'Istituto Tommaso Pellegrini, che 'si occupa' di ragazzi sordi (così vogliono essere chiamati) e muti.
In tutta verità non se ne sono intese bene le modalità ed i dettagli, ma presto immagino che saranno resi noti.
Non c'é che dire: una bella galassia, della quale, peraltro, pochi giorni fa, la Direzione San Filippo Neri ha anche diffuso a mezzo stampa alcuni costi d'esercizio... seppure con qualche 'circa' che il nuovo Revisore, immagino scandalizzato, si appresterà a far sparire.
E ancora, sempre solo pochi giorni fa, a commento di un mio articolo su LaPressa, il Responsabile Organizzativo del Pd (che non credo sia l'ultimo arrivato), nonché mio 'vecchio amico' dei tempi sindacali, che, a onor del vero 'interviene' spesso, con mio piacere... esprimeva la sua approvazione nei confronti della Fondazione e della sua Direzione, perché, in pochi anni, trovatasi ad 'ereditare' un'ipab (il San Filippo Neri, appunto) in crisi coi conti, era riuscita a trasformarsi in un Soggetto solido dal punto di vista economico e ad intercettare diversi interessi (ho ripetuto bene il tuo pensiero, Roberto Melotti?).
Ed un'altra volta ancora, ha richiamato la mia attenzione sulla positività dell'avvio e perseguimento di intrecci fra pubblico e privato, quale unico viatico per garantire i Servizi.
Bene, credo proprio di aver capito bene. Oggi, la chiave interpretativa necessaria, più di ogni altra, per valutare la congruità, l'adeguatezza, la validità e la qualità delle 'cose'... quindi anche quelle dei Servizi Educativi e Sociali .... é quella di riscontrarne gli aspetti economici. E se sono soddisfacenti, cos'altro serve?
Beh... per fortuna sono vecchio e mi auguro di non fare in tempo a vedere, meglio, a soffrire le conseguenze di questa impostazione.
E, per fortuna ho fatto in tempo a vivere una stagione molto diversa dall'attuale, che, per fare un esempio, ha preferito perseguire obiettivi ben diversi dagli attuali. Il Patronato ed anche il S,Paolo, per dire, quando erano ancora ipab del tutto autonome, scelsero di riorganizzarsi in termini di maggior qualità dei Servizi che gestivano e non di ricercare il 'massimo sfruttamento economico' del loro ingente patrimonio immobiliare. Nonostante il loro stato un pó fatiscente, in quegli anni che ancora non recavano traccia di crisi immobiliari, avrebbero potuto vendere a buon prezzo i i loro palazzi e mettere a frutto le somme percepite, che sarebbero state oltre che bastevoli anche per garantire un minimo di servizi 'a giustificazione' della loro esistenza.
Scelsero diversamente (e orgogliosamente), perché animate da senso civico (far restare i patrimoni al pubblico) e soprattutto perché avevano in mente, prima di ogni altra considerazione, che il loro fine statutario era, e non poteva essere altro, che garantire ai ragazzi 'assistiti' il miglior supporto educativo che si rendeva possibile dalle risorse.
Alla luce di quanto appare oggi, che mette in luce come la diversa scelta della Fondazione risulti apprezzata, chi si comportò diversamente fece decisamente male. Oggi, che nessuno guarda più alla qualità degli interventi che si attuano (nessuno, ad esempio, ne ha fatto cenno nell'attuale querelle... mentre avrebbe dovuto, eticamente, l'oggetto principale) e si apprezzano, invece, i responsi economici ottenuti, per discutibili che siano... di che peccato ci siamo macchiati!
Ma se così devono andare le cose, se nessuno deve più occuparsi di pedagogia, di psicologia, di sociologia e della loro qualità all'interno dei servizi che eroga .... non varrebbe allora la pena di mettere a dirigere il tutto un nuovo Marchionne?
Giovanni Finali