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In effetti, é andata esattamente cosi e, se si fa eccezione di quanti hanno voluto perseverare a vedere, ma stavolta in senso negativo, dei segnali di continuità col passato, rimproverandoli a quelle forze politiche che avevano a lungo predicato la loro 'diversità' e discontinuità (e che adesso si comportavano come tutte le altre), pressoché tutti i commentatori e gli osservatori della politica, seppure con visuali differenti, non hanno potuto far altro che riconoscere le molte differenze e difformità che si sono viste.
A parte tutte le parole spese per dimostrare indignazione nei confronti del 'tanto tempo' trascorso per avvicinarsi alla soluzione per formare un esecutivo, nonostante la mancata maggioranza di ogni forza politica o loro raggruppamento obbligasse a percorrere esclusivamente delle ipotesi di coalizioni o di accordi programmatici (e non politici), che é stata un'indignazione che mi permetto di confinare in un (legittimo ma non pragmatico) contesto di critica pregiudiziale, personalmente, non ho creduto di ritenere la questione del tempo trascorso alla stregua di una novità. Sia perché vi sono state crisi di governo ben più lunghe, sia perché, a mio parere, rientrava a pieno titolo nella normalità il fatto che le mediazioni necessarie per arrivare ad un accordo fra forze politiche tanto diverse (come sono 5stelle e lega) non avrebbe certo potuto essere una rapida passeggiata.
Sono invece stati una novità, che acquista ulteriore valenza a seguito dei successivi avvenimenti (di cui si dirà), i primi incarichi esplorativi che il Presidente della Repubblica ha affidato ai due Presidenti del Parlamento, che, diversamente dai precedenti, nelle intenzioni del Capo dello Stato, sono stati 'mirati' a verificare, uno per volta, l'esistenza di maggioranza, diciamo cosi, di destra o di sinistra, che potesse accordarsi coi 5stelle.
In precedenza, tutti gli incarichi esplorativi affidato alle prime cariche istituzionali, sono sempre state 'ad ampio spettro', cioè prive di limiti esplorativi.
É stata una novità la dichiarazione del Presidente della Repubblica che ha fatto seguito alle rinunce di proseguire i reciproci mandati dei Presidenti delle Camere, che, presone atto, manifestava la sua intenzione di proporre all'esame parlamentare un governo tecnico supplente dell'incapacità (ndr. testuale) delle forze politiche di trovare un accordo fra loro.
Una novità, come lo é stata l'assicurazione che ha fornita che ognuno dei ministri scelti si sarebbe preso l'impegno di non candidarsi a future elezioni, non sulla base di una scelta personale, ma, per quanto se n'é inteso, come precondizione necessaria per poter far parte di quell'esecutivo. Cosa 'nuova' che, peraltro, qualcuno ha interpretato come un'impropria privazione di un legittimo diritto costituzionale.
E poi, la novità di cui sono piene in questi giorni le pagine dei quotidiani ed i telegiornali, non solo nazionali. Facendo la media fra i vari modi coi quali questa 'novità' é stata riferita, mi sembrerebbe equo riportarla come 'il rifiuto del Presidente della Repubblica di apporre la sua firma sul decreto di nomina del ministro dell'economia che gli aveva proposto il Presidente del Consiglio incaricato' ... la conseguente rinuncia di quest'ultimo ed il rientro in scena dell'ipotesi presidenziale di formare un Governo tecnico.
Si manifesta, all'interno di questi ultimi accadimenti, una significativa quantità di elementi di novità che, pur senza volerli valutare, proverei a puntualizzare.
Nella nostra Storia repubblicana è la prima volta che un Presidente della Repubblica ed un Presidente del Consiglio incaricato, pur nella reciproca correttezza relazionale che ci é stata raccontata, raggiungono un tale livello di disaccordo e di conflittualità che, di fatto, pone fine ad un tentativo di portare un Governo alla fiducia del Parlamento.
Legittimità o meno degli atti dell'uno e dell'altro, ci stiamo trovando in una situazione inimmaginabile fino a poco tempo fa. I due soli precedenti episodi 'conosciuti' in cui la nomina di un ministro fu condizionata dal Capo dello Stato erano connessi a questioni di conflitto d'interessi e di conflitto fra i poteri dello Stato e, pertanto, tranne poche eccezioni, non indussero i costituzionalisti, né gli organi di giudizio costituzionali ad approfondire il merito della legittimità del potere di veto del Presidente della Repubblica. A mio avviso, ora, di fronte ad una situazione certo più complessa delle due precedenti, sarebbe auspicabile che lo si facesse
Altra novità, quel rifiuto presidenziale, a quanto é dato sapere, non é connesso alla qualità della persona del ministro 'bocciato', bensì alla personale valutazione del Capo dello Stato che il pensiero di quel ministro, trasformandosi in atti governativi, avrebbe potuto arrecare danni molto rilevanti all'economia del nostro Paese, alla nostra credibilità politica in Europa e nel Mondo.
Inoltre, alla negativa valutazione dell'ambiguità su questi temi all'interno della quale avrebbero scelto di mantenersi le due forze politiche accordatesi per un nuovo Governo.
Onestamente, sempre esimendomi dall'entrare nel merito di questa valutazione, faccio molta fatica a ritenere questo tipo di argomentazioni qualcosa di diverso da un'opinione politica, dalla quale il nostro Presidente dovrebbe essere limitarsi.
L'ultima novità cui intendo soffermarmi é che, se la memoria non mi tradisce, i nostri Presidenti della Repubblica non hanno mai 'mandato in Parlamento' un Governo che non potesse avere alcun margine ed alcuna probabilità di ottenere la fiducia. Ed anche qui, legittimità della decisione a parte, si tratta di una scelta molto 'particolare' in ragione del fatto che, a parte la dichiarata astensione del PD, tutte le altre forze politiche hanno preannunciato il voto contrario.
Quindi, un Governo che non potrà neppure nascere.
Giovanni Finali