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Mercato Albinelli, un tentativo di riqualificazione senza... Storia

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Si crede di risolvere il problema aggiungendo poco alla volta 'un posto a tavola' modificandogli i connotati, invece di rafforzare la sua vocazione storica


Mercato Albinelli, un tentativo di riqualificazione senza... Storia
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Il sedime di una città è il risultato di un amalgama stratificato di diverse cose: di storie, di tracce, di memorie, di saperi esperenziali, che poi si traduce in ricchezza culturale. Tale valore è presente non solo in luoghi peculiari perché fisici, spesso scaturisce da quegli aspetti non tangibili, immateriali: luci, suoni e voci, profumi, per il clima e la familiarità che si respira in luoghi pieni di calore oltre che per il colore da rischiarare le grigie e bigie giornate padane, dove le differenze di chi è solito frequentarli, semplicemente cadono, si annullano. Immediato è il sentimento di identificazione con la città e con uno dei suoi luoghi più simbolici.

Un luogo dove chiunque anche il “turista per caso” si riconosce, certi posti e l’aria che vi si respira sono comuni e tutto il mondo è paese.

Orbene, giustappunto uno dei luoghi simbolo e più amati dai modenesi, il Mercato Alimentare di Via Albinelli presto subirà delle modifiche strutturali tali che la sua nota e storica fisionomia sarà snaturata. Il motivo? I banconisti del pesce sono fuori regola per le norme igieniche sanitarie.

I quattro operatori del pesce saranno spostati, per far posto a nuove attività di ristorazione, troveranno posto qua e là tra le altre corsie del mercato.

Pare molto strano la faccenda della inadeguatezza igienico – sanitario. Punto primo la struttura del mercato è stata riqualificata e messa a norma interamente alla fine degli anni ‘90 del Novecento, in quella occasione si ricorderà che temporaneamente il Mercato si trasferì all’ex Amcm, nelle ex officine filovia poi nottetempo demolite anticipando l’esito del ricorso pendente al TAR .

Punto secondo, negli anni scorsi più volte si è valutato l’ipotesi di diversificare e ampliare l’offerta del Mercato alimentare, aggiungendo per l’appunto un servizio minimo di somministrazione preparato all’interno. Non si è andati oltre alle ipotesi ventilate , c’era il problema degli odori oltre alla impossibilità data dalla struttura stessa di installare i fuochi e le canne fumarie obbligatorie per non essere fuori regola dal punto di vista igienico-sanitario.

Interessante che improvvisamente si siano materializzate le condizioni che prima mancavano.

Il pesce puzza come è noto… dalla testa.

Insuperato lo scoglio non visibile nella forma del vincolo di “particolare“ interesse culturale, posto dal Ministro nel 1991. E il particolare interesse culturale è dato proprio dai banchi originali per la vendita del pesce ,così recita la formula del sigillo: “ particolarmente caratteristici “, tra tutti quelli delle cinque corsie perché, “realizzati, sia nelle strutture portanti, che nelle vasche, in marmo di Verona.

Pare che non sia stata prontamente informata la Soprintendenza dello stravolgimento funzionale in seno all’Albinelli, proposto dalla prededente giunta che non sapendo che pesci pigliare per risollevare il mercato in crisi, ha pensato soltanto di sparpagliarli al suo interno. I bei banchi in marmo di Verona, vincolati e inamovibili, faranno da tavoli in perfetto stile “vintage” per i futuri commensali.

Solerti e attenti all’igiene, e disattenti però sull’altra chiccha dello storico Mercato coperto, oltre che a fregiarsi dell’importante e particolare vincolo culturale, ospita al suo centro una scultura di Giuseppe Graziosi, la fontana con l’Erbivendola è a secco, in disuso da troppo tempo, l’acqua non scorre per un banale guasto che tarda a essere riparato.

Non si può rimanere indifferenti e silenti quando è in atto sistematicamente da parte di coloro che come primari tutori, invece di salvaguardarli e custodirli, con un aggiramento a sinistra… o con il lasciapassare della Soprintendenza, e a suon di Varianti urbanistiche, non fa altro che praticare un continuo snaturamento e alterazione dei luoghi storico-testimoniali della città. Oggi è la volta dello storico e antico Mercato Coperto, la scusa è la mancanza delle norme bla bla…, e il nuovo che avanza è venduto come la panacea salvifica in grado di rilanciarlo.

Sono ben altre le azioni che bisogna mettere in campo pensiamo, ad esempio: rivedere il regolamento interno e la gestione del Consorzio con tanto di Cda, introdurre la filiera corta, il km zero,assegnare alcuni banchi ai produttori della campagna amica, avviare bandi super agevolati per l’imprenditoria giovane, attivare se non già esistente una collaborazione/convenzione tra gli operatori del mercato e tutte le attività di ristorazione presenti in Piazza XX Settembre e vie limitrofe, gli eccellenti prodotti del nostro territorio nelle loro cucine a costo concordato, pubblicità reciproca … al gusto. Come ben faceva l’oste Ermes, era una delizia vederlo in biciclina con il grembiulone arrotolato con la spesa fatta in piazza. Promozione per acquistare le specialità eno-gastronomiche presentando il biglietto unico del sito Unesco.

Limitare a pochi giorni l’anno la concorrenza di quei mercatini alimentari e folcloristici, esentati dal rispettare le ineluttabili (per alcuni) normative igienico-sanitarie, tanto amati dalla presidentessa di Modenamoremio.

Snaturamento, una riorganizzazione quindi, non solo nella sua fisionomia strutturale, ma anche sotto l’aspetto di luogo principe di una socialità urbana sempre più rarefatta.

La prolificazione capillare della media/grande distribuzione sottocasa, l’insieme della comodità e costi più contenuti, lentamente ha assottigliato quella frotta di clientela che veniva a Modna, in piazza per la spesa, un caffè e le due chiacchiere di rito.

Riconversione in parte già in corso, da luogo di servizio urbano come mercato alimentare, che tale dovrebbe restare, rinnovandosi puntando sulla varietà e qualità dei prodotti. Presto quindi con l’aggiunta della ristorazione, come se mancasse in centro città, anzi c’è solo l’imbarazzo della scelta, e di tutti gusti, diventerà un posto “cool” di augurante richiamo internazionale secondo il primo cittadino. Un futuro contenitore acchiappa turisti!

Critico sul progetto dei ristorantini all’Albinelli, è anche l’uscente direttore Brevini della Confesercenti, no a scimmiottare esperienze europee, il mercato… resti mercato.

Il progetto che prevede modifiche così sostanziali all’Albinelli, accresce di un’altra azione il lungo elenco di alterazione dei connotati di cui sono oggetto le memorie testimoniali della città.

Ieri si offeso e svilito con un’azione cementificatoria il Parco delle Rimembranze, ripresa da poco grazie al via libera della giustizia dopo il processo di primo grado e sopraggiunti termini della prescrizione ,cancellata del tutto quella che era Piazza d’Armi, ribattezzata Novi Sad fino all’odierna Novi Ark per realizzare un parcheggio multipiano perennemente mezzo vuoto, con il suo Parco archeologico abbandonato allo spregio. Sbriciolate le Grafiche Arbe di Vinicio Vecchi per far posto a un centro commerciale, così pure le officine Stanguellini in favore di una ediliza privata. Servizio completo alla Stazione piccola al sapore di fitness. La proposta avanzata da HERA (proprietario) di abbattere perché non più utilizzata la Torre Piezonometrica del Parco della Resistenza, opera architettonica di pregio degli anni ‘60 del Novecento, firmata dagli stessi autori della famosa Torre Velasca di Milano, relazionata da un inconsapevole assessore ai lavori pubblici a un altrettanto consiglio comunale, alla levata di scudi dell’ordine degli architetti, subito il dietro front dell’ex assessore, che ha ammesso di non sapere della importante matrice architettonica.

Fallita la speculazione edilizia alla ex Manifattura Tabacchi, perduta una mirabile architettura industriale ottocentesca,spezzettata in 150 appartamenti, mentre sarebbe stata una magnifica sede universitaria, invece abbiamo il vuoto e l’invenduto, i debiti privati sanati dalle casse pubbliche e gli studenti senza un tetto sopra la testa.

Approvato a fine corsa dalla scorsa consigliatura il piano di recupero per il Parco della Creatività dell’ex Amcm, con i conti che non tornano, tre palazzine e un supermercato, più la copertura del parcheggio seminterrato a fungere da “piazza” , il corollario per i due edifici destinati a sedi culturali della storica azienda municipalizzata.

Un solo aggettivo per definire l’affair del Sant’Agostino: scandaloso.

A spada tratta e per oltre dieci anni si è insistito su un progetto offensivo dei principi di tutela dei beni culturali, e col pretestuoso trasferimento della Biblioteca Estense, se si fosse agito diversamente e con buon senso il recupero del Sant'Agostino potrebbe essere già a buon punto. La Soprintendenza l’ha bocciato a ragion veduta, e fatto increscioso ,la notizia giunta a ridosso della tornata elettorale del 26 Maggio scorso , è stata tenuta nel cassetto per diversi giorni.

Non è solo lo storico mercato Albinelli ad avere problemi, è tutto il centro storico con le sue diverse compagini ad averne, e negli ultimi decenni ha cambiato faccia. Da sempre luogo primario e centro direzionale per servizi e funzioni e motore della città dal punto di vista sociale, culturale, formativo /educativo, politico ed economico, a un lento calo e cambio sostanziale di vivacità e progressiva desertificazione, favorita dal decentramento di presidi. Deve ritornare a essere quel faro direzionale che è sempre stato. Invece di riportare la palla al centro così come in uso nel gergo calcistico, col riaccendere quel faro, si sta riducendo sempre più il centro storico come luogo diffuso per lo svago e il consumo di tempo libero, e per un turismo giornaliero, quindi alla toccata e fuga.

Non è in crisi solo il comparto commerciale, nello specifico quello di qualità, quel famoso salotto buono di Modena è ormai solo un ricordo, da sempre identificato nel tratto centrale della Via Emilia, con i suoi bei negozi rinomati a conduzione familiare. Che cosa è rimasto di quel periodo storico per il commercio di qualità della città? Specchio tra l’altro anche del livello socio-culturale cittadino, oggigiorno pare impossibile che ci si stato quel glorioso passato, che le cose sono diverse e di tutt’altro tenore, si evince dalla sparizione di quel tipo di attività di qualità. I negozi storici chiudono uno dopo l’altro, si è arresa dopo oltre un secolo di attività anche la ferramenta Ronchetti di Canalchiaro. Al loro posto tanti cloni che offrono la stessa cosa, e da altre attività per carità utili e rispettabili, che dalle vie secondarie sono passate alla principale.

Quali sono le cause di questa avanzata desertificazione di servizi e di funzioni? In atto da diversi anni?

Tra le cause figurano la crisi economica, l’avvento di nuove mode e cambio di abitudini. Principalmente però alla base c’è anche la scelta politica di decentrare ogni funzione presente in centro storico, dislocati altrove ogni tipo di presidio, lasciando interi edifici e zone vuote con conseguenze devastanti. Ovvio che spostare un presidio in automatico è seguito anche dal compresivo flusso di utenti, a seguire la diffusione e prolificazione della grande distribuzione che ha messo in ginocchio il piccolo commercio di qualità e le realtà artigianali.

Nulla o poco si è fatto per arrestare il trend negativo, è evidente la assenza di una politica di sostegno a favore del settore. Deboli le azioni per fare rete tra l’Amministrazione, associazioni anche di categoria e fra il pubblico/privato, per un piano organico di incentivo per piccole attività commerciali di qualità. Che soccombono sotto le grandi catene commerciali e palatipici e per gli affitti non più sostenibili, in favore del grande inteso come monomarca che insieme ai cosiddetti eventi di ogni tipo sempre più all’ordine del giorno, ha reso il “salotto” e tutto il centro storico di Modena alla stregua di un indistinto chiassoso, pacchiano centro commerciale.

La scomparsa di tanti servizi e il dislocare altrove presidi, baluardi che non bisognerebbe mai smobilitare, significa impoverimento, diminuzione di flussi vitali, perdita di primari servizi urbani a scapito della qualità che diventa in alcuni casi scadente da una parte e omolagata dall’altra, certifica che il problema alla base è culturale.

Tutto ciò ha reso il centro storico poco frequentato durante il corso della settimana, specialmente durante le ore del giorno, si popola la sera solo in certe zone per la movida, per diventare affollatissimo durante il weekend. Il problema è che il centro storico sta diventando un vero e proprio centro commerciale, in cui si svolgono “eventi” di ogni tipo, che sono visti come strumenti di welfare per il neo assessore alla Cultura!

L’assessore a nostro avviso è fuori strada, “la Cultura è senz’altro uno strumento per il welfare “.

Ma questi “eventi” una volta terminati, cittadini e turisti vanno via, le luci si spengono sul vuoto. Mancano quei posti attrattivi, produttivi, contaminanti e calamite per la frequentazione, troppi negozi fotocopia, ma per tanti generi necessari che non siano vestiti e calzature, oppure custodie per gli smartphone, c’è da pedalare per Km. , insomma occorre andare in periferia.

Servirebbe un piano organico di rilancio per riportare in centro quei flussi vitali che sono migrati con le varie dislocazioni operate negli anni e variegate attività. Il centro storico non può continuare ad essere manomesso in nome della riqualificazione e vissuto al mordi e fuggi, utilizzato come location per i tanti eventi che calato il sipario di questi nulla rimane oltre che i resti delle consumazioni. Il cuore della città è fatto di cultura, tanta cultura, comunità residente e di lavoro.

Si è interrotto da tempo quel dialogo fecondo, collaborante, vivace fra la rappresentanza politica e il mondo intellettuale /culturale /artistico, con le associazioni e la realtà imprenditoriale cittadina. Quella vicinanza e contaminazione hanno prodotto buone idee, buone politiche per la città di grande respiro, contribuendo alla crescita sociale collettiva e consapevole. Oggi la visione non solo culturale è calata “dall’alto”. Si pensa di avanzare mentre invero si arretra, prediligendo un modello culturale improntato sulla visibilità, massificazione e modalità consumistiche, a scapito di una visione urbana favorente la produzione di valori e collante sociale.

Con questa visione purtroppo, non si cercano le cause della crisi che attanagliano il Mercato Albinelli e tutto il centro storico, per lo più da imputare alle politiche miopi di più amministrazioni succedutesi negli ultimi anni. Per l’Albinelli si crede di risolvere il problema aggiungendo poco alla volta “un posto a tavola” modificandogli i connotati, invece di rafforzare la sua vocazione storica.

Franca Giordano

Redazione Pressa
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