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Si chiude in queste ore, con gli ultimi 4 parti programmati, l’esperienza del punto nascite dell’ospedale di Pavullo. La scure della commissione ministeriale che ha bocciato la proposta di deroga all’apertura delle strutture con volumi inferiori ai 500 parti all’anno (richiesta a gran voce dai comitati di mamme e cittadini e che pur con scarse o nulle possibilità di riuscita era stata trasmessa al Ministero, dalla Regione Emilia Romagna), si è abbattuta su Pavullo e ha salvato Mirandola. Ma solo perché al comune della bassa è stato riconosciuto che il calo delle nascite (comunque 426 nel 2016 e quindi più vicino alla soglia minima dei 500 rispetto ai 197 registrati nello stesso anno a Pavullo), soprattutto nel 2012 e nel 2013, era stato provocato dagli effetti del sisma che ha obbligato al trasferimento dei parti in altre sedi.
Ma, pur non conoscendone ancora i tempi, anche per il punto nascite di Mirandola il destino è segnato. L’Accordo della Conferenza Unificata Stato Regioni del dicembre 2010 parla chiaro e ‘raccomanda di adottare stringenti criteri per la riorganizzazione della rete assistenziale, fissando a 1000 il parametro standard minimo a cui tendere per il mantenimento'. Ciò significa che in provincia di Modena, come mostra la grafica, rimarranno solo il punto di nascita di Modena (considerato HUB a livello provinciale) oltre ai punti nascita di Sassuolo e di Carpi. Quest'ultimo, nel 2016, aveva registrato più di 1200 parti. E lì saranno dirottate principalmente le donne residenti nell'area nord. A Sassuolo, già da oggi, saranno principalmente dirottate le donne del distretto montano che potranno continuare ad usufruire dell’ospedale di Pavullo non più per dare alla luce i propri figli ma per l’assistenza nelle fasi pre e post parto.
Redazione Pressa
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