Renzi parla di una “sconfitta netta che ci impone di aprire una pagina nuova all’interno del Pd”. Per questo, “Lascio la guida del Pd, e come previsto dallo statuto ho chiesto al presidente del Pd Matteo Orfini di convocare l’assemblea nazionale per aprire la fase congressuale che si aprira’ al termine dell’insediamento del Parlamento e della formazione del governo”.
“Non credo- aggiunge- che sia possibile evitare un confronto vero dentro il Pd su ciò che è accaduto in questa campagna elettorale, in questi mesi, in questi anni. Sarà il caso di fare un congresso serio e risolutivo, non uno che si apre e non finisce mai, ma uno che permetta alla leadership di fare quel che è stato eletto”.
“Chi ha vinto politicamente le elezioni - continua Renzi - non ha i numeri per governare e chi è onesto intellettualmente dovrebbe dire che questo nasce dalla questione referendaria”.
“Coloro i quali si sono opposti” alla riforma istituzionale, attacca Renzi, “oggi sono vittime dei loro marchingegni, della loro scelta di contestare la semplificazione del modello del referendum”.
Renzi si rimprovera “il grande errore di non votare in una delle due finestre del 2017 in cui si poteva imporre un’agenda europea”.
“In questa campagna elettorale segnata dalle bugie ce n’e’ una piu’ grande di tutte, quella per cui il M5s dice che non si alleera’. Mostrino il loro valore se ne sono capaci”, dice Matteo Renzi.
“Mi rivolgo ai milioni di italiani che ci hanno votato- prosegue- ma anche a chi non ci ha votato: mi sento garante di un impegno morale politico e culturale. Abbiamo detto in campagna elettorale ‘no’ a un governo con gli estremisti. Abbiamo detto no a un governo degli estremisti. Non abbiamo cambiato idea”.
“Il nostro posto in questa legislatura e’ all’opposizione. Li’ ci hanno chiesto di stare i cittadini italiani e li’ staremo. Il Pd e’ nato contro i caminetti, non diventera’ la stampella di forze antisistema. Si parla spesso di forze responsabili. Saremo responsabili- conclude- e la nostra responsabilita’ sara’ di stare all’opposizione”.
E la parola dimissioni arriva al piano nazionale a quello locale, soprattutto in una regione come l'Emilia-Romagna, roccaforte rossa non più rossa, dove alla segreteria del partito c'è Paolo Calvano che sconsolato guarda la conferenza stampa del leader (ormai ex) nazionale