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A Reggio Emilia, epicentro dei più importanti processi di mafia in Emilia-Romagna (ma anche fulcro della vicenda Saman e di Bibbiano), 'il diritto di cronaca è sempre più a rischio'. Lo dicono i giornalisti della provincia di Reggio Emilia firmando una nota diffusa dall'Aser, il sindacato regionale dei cronisti. Il monito arriva in particolare dai comitati di redazione del Resto del Carlino, la Gazzetta di Reggio, Teletricolore e TeleReggio (appunto assieme ad Aser): 'Il bavaglio che sta calando sulla cronaca, a partire da quella ordinaria, è un campanello d'allarme che non va ignorato, anche perché palesa il rischio che determinati temi, come quello della mafia, tornino ad essere avvolti dal silenzio, che come noto avvantaggia soltanto gli interessi delle consorterie criminali'.
Di qui l'auspicio che le istituzioni, chiamate a far rispettare la norma (introdotta col decreto legislativo dell'8 novembre 2021 ed entrata in vigore il 14 dicembre 2021) per rafforzare la presunzione d'innocenza, 'sappiano bilanciare adeguatamente il diritto alla presunzione d'innocenza con gli altri diritti costituzionalmente garantiti e altrettanto meritori di attenzione. Cosa che al momento non pare stia accadendo in modo puntuale, almeno a Reggio Emilia'. Quella norma ci ha messo poco a farsi ribattezzare come 'legge bavaglio', 'come ampiamente denunciato da più parti in questi mesi, che comprime fortemente il diritto di cronaca dei giornalisti e quello dei cittadini ad essere informati', mandano a dire i cronisti reggiani. 'L'applicazione della norma, che tra l'altro varia in modo sensibile tra provincia e provincia del territorio nazionale, creando una inaccettabile difformità, ha dato luogo a Reggio Emilia ad alcuni effetti difficilmente giustificabili con lo spirito e la lettera del provvedimento stesso', aggiungono facendo degli esempi.
Come nel caso di una persona portata in carcere dopo la condanna in via definitiva per riduzione in schiavitù 'ed altri gravi reati', ma di cui 'non sono state fornite le generalità. Si è così giunti al paradosso di garantire la presunzione d'innocenza di una persona condannata in via definitiva'. Oppure, 'in occasione di incidenti stradali, sempre più spesso, gli operatori di Polizia si rifiutano di fornire qualsiasi informazione, anche in presenza di persone decedute, questo in ragione di presunte disposizioni emanate dalla magistratura, di cui chiediamo conto'. Di recente, dicono i giornalisti reggiani, di 'un grave episodio di violenza sessuale non è stata fornita alcuna comunicazione e soltanto la perseveranza dei cronisti ha consentito di informare i cittadini di quanto era accaduto (nel pieno rispetto dell'anonimato della vittima e della presunzione d'innocenza dell'indagato)'. Per di più, appunto, tutto questo succede a Reggio Emilia dove 'è ozioso ricordare' che, 'come dimostrato dal processo Aemilia', è l''epicentro di una 'locale' di 'ndrangheta. Tutti gli osservatori più accreditati sono concordi nel sostenere che l'attività di tale associazione a delinquere non sia cessata con il processo e le sentenze. Le interdittive antimafia che continuano ad essere emanate dalla Prefettura ne sono un chiaro segnale'. Ma se non si può raccontare, avvisano i cronisti, si rischia di lasciare campo libero alla criminalità organizzata. E a tal proposito ricordano che il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, 'magistrato simbolo della lotta alla 'ndrangheta, e tra i primi a sensibilizzare l'opinione pubblica della provincia di Reggio Emilia sulla presenza della mafia in questo territorio, a proposito della legge bavaglio ha parlato chiaramente di una 'involuzione democratica'.
Redazione Pressa
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