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Oramai è un dato di fatto, si deve ripartire, non si potrà continuare il lockdown all’infinito ma nessuno dice come. Nel frattempo i contagi aumentano, o per lo meno non si fermano, anche questo è un dato di fatto, sono meno gravi perché si conosce la bestia con cui si ha a che fare, ma al minimo accenno di cedimento ecco che si aprono seconde case, si raggiunge la casa al mare, si prova a fregare i controlli eccetera. Pasqua di multe più che di resurrezione, e comunque non è bastato perché c’è chi se n’è bellamente fregato.
C’è anche chi sollecita il dibattito chiedendosi se la salute è davvero più importante dell’economia, in virtù del fatto che senza questa, effettivamente, il diritto alla salute non lo garantisci più.
E ci rimani pure male a leggere di interviste ai vari piani di Confindustria o delle associazioni di categoria dove leggi che sì, “bisogna riaprire!” ma non ti dicono come, si passa dalla solita concertazione col sindacato, si dice che le fabbriche non sono i luoghi di contagio (sono ospedali e cra, ormai è un dato di fatto) e probabilmente il virus è talmente mutevole e anche un po’ vagabondo che pure in zone remote, volente o nolente ci arriva (eccezion fatta per Pievepelago e Fiumalbo).
Pare tutta una confraternita dell’aria ai denti, ma si sa, in Italia ci sono sessanta milioni di Presidenti del Consiglio, sessanta milioni di allenatori quando c’è il mondiale di calcio e sessanta milioni di virologi da quando c’è il Covid-19.
Nella canzone “Maracaibo” Lù Colombo cantava “Fuggire si ma dove?”, oramai il refrain è, oltre allo stressante “andra tutto bene” e al patetico “state a casa”, “ripartire si ma come?”.
Ragionando un po’ e guardando a quanto fatto in Veneto dove i contagi sono stati contenuti, e dove Zaia, numeri alla mano dice che dovremo convivere con le mascherine, mi dico, ecco un primo punto per riaprire: mascherine obbligatorie per uscire di casa, come in Israele del resto. E gli ambienti di lavoro? Test sierologici a datori di lavoro e lavoratori, la Ferrari ha lanciato l’idea, come azienda può permetterselo internamente ma, diciamocelo, col supporto delle Ausl sarebbe possibile farlo azienda per azienda almeno una volta a settimana. Basterebbe che nelle fantomatiche task force facessero un piano serio di tamponi e test.
Col monitoraggio costante si potrebbero riaprire fabbriche e cantieri, resterebbe il problema dei luoghi di lavoro col contatto tra le persone: parrucchieri, estetiste, bar, ristoranti, cinema, teatri, sale da concerti e da ballo… sono tutti luoghi dove volenti o nolenti si produce pil, e anche la cultura ne è un ingranaggio, e con le chiese chiuse, che spesso fan da teatro soprattutto in provincia, quanti eventi che saltano…
Beh, la proposta banale è sanificazione obbligatoria e convenzionata. Col Covid-19 andrà per le lunghe, non nascondiamocelo, non sono uno scienziato e prima di trovare un vaccino non sperimentale… La soluzione, oltre alle mascherine è la sanificazione, e se le imprese sono troppo piccole per supportare una spesa tale che, almeno una volta a settimana andrà fatta, che abbiano degli incentivi. Più è sano l’ambiente circostante, più è probabile che il rischio contagio sia ridotto al minimo.
Sia chiaro, non sto dicendo che il lockdown non sia servito. Ma le chiese chiuse, le aziende chiuse e poi ci ritroviamo la gente che se ne frega dei divieti e va fuori per pasqua. Le code insensate al mercato Albinelli. I drive-trough per le mascherine. E non si pensa che se vengono sanificati costantemente i luoghi di lavoro (e mi vien da pensare che solo una decina di giorni fa hanno avviato le sanificazioni dei mezzi di trasporto in provincia di Modena….) si può girare in sicurezza o quasi. Avere l’apparenza di una vita normale. Riaprire si ma come? Con la testa, quella che non sta usando nessuno, dal governo in giù. Serve supporto, oltre che economico, anche sanitario e mi vien da pensare, che tra mascherine obbligatorie, test sierologici e sanificazioni si potrebbero pure creare dei posti di lavoro…
Stefano Bonacorsi