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Covid, battaglia andava combattuta nelle case e non solo in ospedale

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Medicina democratica: 'Numero dei positivi crescenti è dunque dovuto alla mancata identificazione degli asintomatici legati alla convivenza con un sintomatico'


Covid, battaglia andava combattuta nelle case e non solo in ospedale
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Il virus RNA (corona) è un virus aerogeno, cioè si diffonde nell’aria e per contatto tra persone e superfici, a differenza di altri virus che hanno solo una trasmissione ematica o con liquidi, si pensi all'Aids.
Lo strumento del distanziamento, da 1 a 4 metri, e la mancanza di contatti sociali e lavorativi è ritenuto lo strumento migliore per impedire al virus di replicarsi nelle cellule umane.

A differenza di altri Stati che prima di noi hanno avuto la stessa infezione, ci siamo distinti per non aver adottato:
a) Disinfezione mediante agenti antinfettivi con nebulizzazione costante di intere città, metropolitane, uffici, luoghi di lavoro, case, chiese, sale riunioni, etccc, ritenendo solo l’igiene personale, lavare le mani, lo strumento atto al difendere la popolazione ed evitando contatti, strette di mano, e adottando le mascherine senza una indicazione precisa sul loro funzionamento.


b) Adozione del tampone faringeo solo nei casi estremi del paziente sintomatico in ospedale e mai dell’asintomatico e quasi mai del sintomatico a casa, se non i particolari casi o scelte di ammnistrazioni locali.
c) Il punto B ha portato inevitabilmente a falsare i dati dei positivi e dei decessi e le relative percentuali (ipotesi del 400%).

I documenti
Circolare del 22/02/2020 n 5889
Si ritiene opportuno sottolineare che le indicazioni emanate dal Ministero della Salute e ribadite nella circolare prot. n. 0005443 – 22/02/2020- DGPRE/DGPRE-P, raccomandano che l’esecuzione dei tamponi sia riservata ai soli casi sintomatici di ILI (Influenza-Like Illness, Sindrome Simil-Influenzale) e SARI (Severe Acute Respiratory Infections, Infezione Respiratoria Acuta Grave), oltre che ai casi sospetti di COVID-19 secondo la definizione di cui all’allegato 1 della suddetta circolare.
In assenza di sintomi, pertanto, il test non appare sostenuto da un razionale scientifico, in quanto non fornisce una informazione indicativa ai fini clinici in coerenza con la definizione di “caso”.


Circolare 9774 del 20/03/2020
Si rammenta, inoltre, il ‘Documento relativo ai criteri per sottoporre soggetti clinicamente asintomatici alla ricerca d’infezione da SARS-CoV-2 attraverso tampone rino-faringeo e test diagnostico, redatto dal gruppo di lavoro permanente del Consiglio superiore di sanità circa il ruolo degli asintomatici nella dinamica della diffusione epidemica di COVID-19…

Il paradosso
Si è verificato quindi un paradosso di non poca rilevanza, in quanto il paziente sintomatico (tosse , mal di gola, perdita dell’olfatto) nel cercare di trovare conferma mediante tampone nasale faringeo ha visto negata tale analisi in quanto si è ritenuto di attendere i fatidici 14 giorni con antipiretici o altro, se tutto passava, cessando la carica infettante del soggetto, con cure del medico curante, si poteva procedere al rientro al lavoro (paziente quindi sconosciuto alle statistiche). Sarebbe interessante avere la quantificazione di queste richieste spesso telefoniche per capire in che ordine di grandezza ci si muove.
Gli asintomatici eventualmente in famiglia del sintomatico non sono entrati nella griglia di osservazione, quindi una persona sintomatica eventualmente positiva, aveva la possibilità di contagiare un numero X di persone in famiglia che a loro volta inconsapevoli hanno potuto contagiare altre persone X allargando ed ampliando il numero dei contagi aumentando quel coefficiente che vuole 1:1 il limite per la decrescita (nel caso di conoscenza personale l’asintomatico svolgeva il ruolo di medico e il sintomatico era la moglie).
L’eventuale paziente sintomatico che avesse avuto aggravamento dei sintomi poteva recarsi all’ospedale per effettuare il test tampone, aumentando la concentrazione del virus nei centri di cura, (untore inconsapevole) da cui ne è derivato il 9% dei pazienti contagiati in Italia essere personale sanitario (Spallanzani, 220 posti in rianimazione covid, 0 contagi tra il personale) e i 45 decessi tra i medici, con la deduzione dell’ISS di pochi giorni fa, che è stato l’ospedale il maggiore centro di contagio nella epidemia ed il SSN era impreparato alla emergenza.

Ora l’OMS scrive che occorre correre dietro al virus e non aspettarlo, cosa che doveva essere fatta subito, vedi Cina e Corea, a mio avviso, in quanto esiste una carica infettante in “strada” ed una carica infettante in “individuo”, fino ad ora si è atteso che il paziente sintomatico presentasse sintomi gravi per ricoverarlo ed analizzarlo in ospedale, ritenendo superfluo il contagio virale in strada, o dell’asintomatico, o del portatore sano.

Questa metodica ha di fatto sottostimato il numero dei portatori sani fornendo dati falsati, e allo stesso tempo ha impedito di correre dietro al virus fuori dagli ospedali allargando la platea degli individui serbatoio inconsavole del virus, spesso conviventi con sintomatici lievi.
Questo errore di valutazione e di procedura ha indotto il virus a replicarsi ovunque (sarebbe sufficiente leggere il regolamento di polizia veterinaria in corso di epizozie animali, afta, MEV, peste, influenza suina, aviaria, mixomatosi etcc).

La Regione Veneto
Chi ha compreso questo è stata la Regione Veneto, che ha visto nei tamponi lo strumento atto alla identificazione e messa in quarantena degli individui sani, legati da vincoli familiari o lavorativi con sintomatici positivi al test, e si osserva la curva epidemiologica divergente rispetto a Lombardia ed Emilia Romagna.

Il numero dei positivi crescenti è dunque probabilmente dovuto alla mancata identificazione degli asintomatici legati alla convivenza con un sintomatico che non è stato sottoposto al test e non da criminali cittadini che non rispettano le regole (marginale). Se questo cittadino fa parte del 50% di persone che devono recarsi al lavoro (fabbriche aperte al 50%) diventa un portatore del virus inconsapevole, da cui la curva epidemiologica in crescita.

In sintesi si è atteso il cittadino in ospedale con sintomi gravi al fine di procedere con le metodiche impartite dal Ministero, semintensivo e intensivo, ma non si è svolto il lavoro più importante che è quello epidemiologico sul territorio, che riesce ad abbattere la propagazione del virus.

Questo approccio ha da un lato sovraccaricato le strutture ospedaliere (ventilatori, maschere, farmaci, posti letto...) evidenziando logicamente le criticità che conosciamo del SSN degli ultimi 30 anni, messo a rischio e pericolo la vita degli operatori sanitari, senza allo stesso tempo combattere sul campo (a casa) e non nell’ultimo girone (ospedale) la battaglia con il virus, la battaglia si vince tra le mura domestiche riducendo il numero dei contagi ed intervenendo prima che insorgano, quando possibile, i sintomi gravi di ipossia (vedi Piacenza).

Il perché si sia volutamente ritenuto superfluo non abbattere la carica virale ambientale, resta una incognita che ci differenzia da chi ha svolto questa guerra in altri Stati. Il nemico andava combattuto con le sue armi dentro le mura di casa ed adottando disinfezioni a tappeto insieme al distanziamento, se non si adottano queste misure, un virus così mutevole ed adattabile a tutto non si sconfigge. In questo gioco di scacchi stiamo perdendo senza aver compreso la fragilità del nemico.

Giocherà certamente a nostro favore l’arrivo delle temperature estive, le stesse potranno sterilizzare l’ambiente (azione mancata dei disinfettanti) con i raggi solari, relegando la catena aminoacidica del virus (termolabile) ad essere presente solo all’interno della cellula uomo, cessando il contagio, ma è una magra consolazione perché mancano ancora 3 mesi.

Roberto Monfredini - Medicina Democratica


Redazione Pressa
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