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Onore ai medici di base. Innanzitutto, vorrei complimentarmi pubblicamente con il mio medico di base.
Perché? Negli anni passati, alla fine di ottobre, io, come tutti gli altri suoi pazienti anziani o fragili, ho sempre ricevuto una sua telefonata per ricordarmi la vaccinazione anti influenzale. E mi ha sempre spiegato i quattro motivi per cui avrei “dovuto” vaccinarmi; eccoli:
- Per me: per salvaguardare la mia salute
- Per lui: perché così avrebbe potuto occuparsi meglio dei suoi pazienti più impegnativi
- Per i suoi pazienti più impegnativi: perché liberandolo dall’impegno di seguire tanti influenzati, avrebbe potuto occuparsene meglio
- Per il sistema sanitario nazionale: perché non avrebbe potuto far fronte ad una impennata di casi gravi di polmoniti.
Questo vuol dire fare il medico di base come si deve e fare educazione alla salute ai cittadini!
Ma veniamo al tema di oggi con qualche considerazione sull’emergenza coronavirus.
La prima è l’assoluta inutilità dell’Europa; assente e confusa su tutti fronti.
Il 14 marzo, l’assessore lombardo Gallera, ha dichiarato: “ Recluteremo medici da Cuba, Venezuela e Cina”. E l’Europa?
La seconda è l’assoluta dannosità del regionalismo così come è stato concepito; presidenti di regione che si fanno chiamare e, purtroppo, si credono “governatori”, pronti a sfidare lo stato anche per convenienze politiche. La sanità torni in mano allo Stato e chiudiamola lì.
Il disastro della sanità
La terza è che ora subiamo le conseguenze di una politica sanitaria disastrosa praticata da tutti i governi degli ultimi decenni che ha ridotto drasticamente la disponibilità di letti; in particolare, è aumentata in modo significativo la percentuale di ospedali privati sul totale. I dati parlano sa soli. Nel 2017 al primo posto della classifica sui posti letto disponibili negli ospedali c’era il Giappone, con 13,1 posti ogni 1.
000 abitanti, seguito dalla Corea del Sud (12,3), dalla Russia (8,1) e dalla Germania (8,0).
L’Italia (con 3,2 ogni 1.000 abitanti) superava Paesi come Spagna (3,0), Stati Uniti (2,8), Regno Unito (2,5) e Canada (2,5). Per la cura dei casi acuti, ai primi due posti nel 2017 c’erano sempre Giappone (7,8 posti ogni 1.000 abitanti) e Corea del Sud (7,1), seguiti dalla Germania (6,0). L’Italia, con 2,6 posti ogni 1.000 abitanti, superava Stati Uniti (2,4), Regno Unito (2,1) e Canada (1,9). (Dati Eurostat e OCSE)
Ecco perché i paesi che hanno più posti letto, e soprattutto più terapie intensive, possono ora far fronte a questa pandemia con interventi economicamente meno devastanti.
E alla fine di tutto, vedremo anche quanto avrà collaborato la sanità privata rispetto allo sforzo fatto dal pubblico. Vedremo…
Ma non basta; dopo aver messo il numero chiuso a medicina, sono state tagliate drasticamente le borse per le specialità col bel risultato di avere laureati in medicina che non possono esercitare la professione, chiusi in un limbo, anche di diversi anni, prima di poter accedere alla specializzazione; ciò proprio negli anni in cui decine di migliaia di medici, sia ospedalieri che di base andranno in pensione. Intanto, però, la spesa sanitaria è cresciuta del 200%. Di fronte a questi dati, sembra davvero incredibile constatare che la nostra sia una delle migliori sanità del mondo; salvo le emergenze, come si vede.
Gli italiani e le emergenze
Ma è su un ultimo punto che vorrei soffermarmi: il comportamento degli italiani di fronte all’emergenza. Intanto, già parlare di “italiani” è una bella impresa; chi sono? Quelli che con grande abnegazione e pericolo lavorano nella sanità o quelli che non riescono a rinunciare nulla delle proprie abitudini nemmeno in questo momento?
Vorrei, oggi, concentrare l’attenzione proprio sui “cittadini comuni”, su quelli a cui da settimane viene chiesto di mantenere le distanze o, meglio, di non uscire di casa.
Ci sono voluti ben quindici giorni, un discorso di Mattarella e ben tre di Conte per convincerli a seguire diligentemente alcune semplici regole; siamo fatti così.
A loro discolpa, occorre però ricordare che da parte di molti politici la comunicazione è stata ambigua; come non ricordare qui, Zingaretti, Di Maio, Salvini, Fontana, Zaia, Sala che erano intervenuti per minimizzare e per “allentare la psicosi”. E anche i principali mezzi di comunicazione avevano seguito la linea del non spaventare.
Comunque, seppur depurato da quanto sopra, rimane che, nel nostro paese, le regole, in generale, vengono vissute come semplici consigli che ognuno poi adatta alla propria situazione. Vi ricordate il “ma-anchismo di Veltroni?: sì, ma anche…
Insomma, gli italiani sanno dare il loro meglio solo nelle situazioni di “imminente emergenza”, insomma, quando la casa brucia.
E la emergenza climatica?
Bella questa primavera anticipata con cinque gradi in più della media! Bello questo sole! Peccato che non piova e che non ci sia neve nemmeno sul Cimone. Tutto normale? Per nulla, ma i nostri comportamenti sono adeguati riguardo alle due più grandi emergenze planetarie che il nostro mondo abbia mai vissuto: quella dell’inquinamento e dei cambiamenti climatici?
Per quanto concerne l’inquinamento, il rapporto Air Quality in Europe dell’Agenzia europea dell’ambiente indica in 412.000 il numero di morti ogni anno in Europa; in Italia, si stima che siano circa 80/90.000. Una strage.
In incidenti stradali, in Italia, muoiono ogni anno circa 3.500 persone e sul lavoro circa 1.500 di cui la metà “in itinere”. Tanti, troppi, numeri da non sottovalutare e che giustamente ci impressionano, ma estremamente più bassi di quelli provocati dall’inquinamento. “Purtroppo”, le morti per inquinamento sono silenti, non fanno impressione e neanche titoli sui giornali; per questo motivo l’indifferenza è generalizzata.
Per quanto riguarda i cambiamenti climatici, ce ne ricordiamo solo quando accadono eventi estremi che, per ora, causano “solo” distruzione e morte in aree limitate, ma che nei prossimi anni provocheranno sconquassi enormi anche nella vita quotidiana. Questi pericoli, però, non vengono vissuti come imminenti, né dalla politica, né dall’ informazione e quindi, nemmeno dai cittadini; e così andiamo avanti bellamente inconsapevoli tra happy hours e vacanze, godendoci il meglio che questa vita ci può dare; e quelli che verranno? Beh, affare loro…
Finiremo tutti come nel noto aneddoto della “rana bollita”?
Però, siamo sempre pronti a commuoverci davanti ai discorsi di Greta, ad andare in piazza a manifestare, a sostenere petizioni, perfino ad appendere dei cartelli su balconi e finestre. E in prima fila, ci sono quei politici che nulla fanno per garantire un futuro sostenibile alle nuove generazioni.
Ma cambiare i nostri comportamenti? Quello no?
O togliere il voto a quei partiti che negano i cambiamenti climatici o li sottovalutano? Quello no?
Franco Fondriest