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Ieri i Finanzieri del Comando Provinciale di Padova, diretti dalla Procura della Repubblica di Rovigo, ha posto agli arresti domiciliari e imposto l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria tre soggetti, ritenuti appartenenti a un’associazione per delinquere, finalizzata alla truffa, che - avvalendosi di società “di comodo” operanti nel territorio della provincia padovana - avrebbe cagionato un danno di 1,5 milioni di euro circa nei riguardi di 64 operatori economici dislocati su tutto il territorio nazionale (Calabria, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Sardegna, Sicilia, Toscana, Trentino Alto Adige e Veneto).
Nel dettaglio, il Giudice per le indagini preliminari di Rovigo ha disposto gli arresti domiciliari nei confronti del rappresentante legale di un centro elaborazione dati contabili e l’obbligo di presentazione quotidiano alla polizia giudiziaria, con contestuale obbligo di dimora nel luogo di residenza, a carico di due buyer.
Il sodalizio composto da dodici indagati e promosso da un soggetto già emerso in altri contesti investigativi per ipotizzati legami con il clan Mazzei di “Cosa Nostra”, avrebbe rigenerato, nell’arco di due anni, 28 aziende, precedentemente inattive o decotte, intestandole a prestanome e alterando i relativi dati di bilancio, grazie alla complicità di un professionista e del citato prestatore di servizi contabili, con lo scopo di farle apparire sane e affidabili nei pagamenti. Nel periodo di emergenza epidemiologica da Covid-19 le citate imprese avrebbero fatto incetta all’ingrosso di rilevanti quantitativi di merce (a titolo esemplificativo, prodotti agroalimentari, edili, elettronici, materie plastiche) attraverso assegni scoperti o bonifici bancari disposti e immediatamente annullati, così risultando il “veicolo” per la realizzazione di un disegno criminoso che, nell’ordine, avrebbe interessato le province di Novara, Milano, Varese, Modena e, più di recente, Padova e Brescia.
Nel corso della prima fase delle indagini, i Finanzieri della Compagnia di Este avevano eseguito, nel settembre 2021, un’ordinanza emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari di Rovigo, che disponeva la custodia cautelare in carcere del citato promotore e quella degli arresti domiciliari del factotum del sodalizio, imponendo l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria a un buyer diverso da quelli fermati ieri. Contestualmente erano stati sequestrati oltre 20 dispositivi informatici, la cui disamina ha permesso all’Autorità giudiziaria rodigina di valutare il coinvolgimento dei singoli associati per poter sostenere l’accusa in giudizio.
Nel frattempo l'organizzazione, trasferitasi nell’hinterland bresciano, avrebbe posto in essere analoghe condotte, approvvigionandosi, senza onorare il pagamento del relativo corrispettivo, di ulteriori merci di varia natura, quantificate in oltre 2,2 milioni di euro, che venivano sempre cedute fuori dagli ordinari circuiti commerciali. All’atto dell’esecuzione del primo provvedimento cautelare nel settembre scorso, era stato possibile recuperare alcuni di questi beni, per un valore di 250 mila euro circa, compresi generi alimentari di immediato deperimento, che, nell’ottobre dello stesso anno, sono stati devoluti in beneficenza a Enti e Associazioni attive nella provincia di Padova per l’assistenza a famiglie in difficoltà economica.
In definitiva, le investigazioni, allo stato nella fase delle indagini preliminari, hanno consentito di eseguire, nei mesi di settembre 2021 e marzo 2022, otto misure cautelari personali nei confronti di sei dei dodici membri dell’associazione e di rilevare l’approvvigionamento fraudolento di beni, per un controvalore di oltre 3,7 milioni di euro, nel periodo compreso tra novembre 2019 e dicembre 2021. E' stato possibile alienare alcuni beni sequestrati a gennaio, del valore di 1,2 milioni di euro, così ristorando, seppur in parte, il danno derivante dalle truffe perpetrate.