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Ho aspettato volutamente un paio di giorni dalla fine della Fiera dell’Economia Montana, giusto per sapere quali sarebbero state, a caldo e a freddo, le impressioni relative al successo della biennale quest’anno intitolata “Emozioni bio slow”. E i numeri ci sono, si parla di 30.000 visite nei quattro giorni, di un grande successo vuoi per il caldo e la conseguente fuga dalla pianura, vuoi per l’interesse che, a conti fatti, suscita lo stile di vita “slow” a cui la montagna invita. Da qui una maggiore attenzione sul settore agricolo, in particolare all’agricoltura bio e alla conseguente filiera mangereccia, con tanto di strizzata d’occhio al settore turistico. E non sono mancati, ovviamente, gli artigiani di quasi tutti i comparti che questo settore include.
Però… l’Appennino non è solo questo, il Frignano non è solo questo e non può continuare ad essere solo questo.
Può starci che sia una delle poche fiere campionarie nel territorio montano dell’Emilia-Romagna, ma l’economia del territorio, non si evolve solo nel settore agricolo e chi vive a ridosso della statale 12 lo sa, perché dall’Abetone a scendere verso Modena, chi percorre quella che dovrebbe essere la Nuova Estense, non vede solo aziende agricole, agriturismi e alberghi, ma anche capannoni, imprese di metalmeccanica, centri commerciali, aziende strutturate. Vede un territorio che a tratti si è evoluto per non rimanere inchiodato a un turismo che ha bisogno di sempre nuove inventive e che non tiene il passo rispetto ad altre zone d’Italia. E chi ci vive coglie la necessità di strutture adeguate a questo cambiamento: nuove strade, meglio percorribili per facilitare i trasferimenti; un nuovo sistema di trasporti, non legato alle vecchie “corriere” ma più flessibile anche per chi non ama guidare (da queste parti sistemi come Uber o Flixibus sarebbero più che ben accetti!).
Chi vive in appennino vorrebbe lo sviluppo della banda larga, perché l’economia non è più solo artigianato, agricoltura e turismo, ma è anche “smart” e avere connessioni con 56k o wi-fi che alla prima folata di vento si disperdono è deleterio per chi vorrebbe vivere su questo territorio ma non può perché… non ci sono i mezzi per stare al passo.
Una fiera dell’economia montana dovrebbe essere anche il momento in cui un territorio si pone delle domande per il suo futuro, capire come frenare lo spopolamento e l’abbandono del territorio (con conseguenze disastrose anche per l’ambiente perché ne viene a mancare la cura) che, alla lunga, porta anche al depotenziamento dei servizi. Invece tutto questo è mancato, così come manca, di volta in volta, nelle campagne elettorali. Così come manca la riconversione di economie da turismo residenziale che oramai sono un ricordo del pleistocene. Si va avanti, come sempre, con gli sforzi dei singoli, a dispetto dei proclami che vogliono questo territorio unito e compatto. No signori, non funziona così: il territorio vive perché c’è chi vuol viverlo, ma la visione d’insieme manca. E non basta una fiera dalle “Emozioni bio slow” a millantare un’unità di intenti che nei fatti non si è mai vista. Nè in economia né altrove.
Stefano Bonacorsi