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L’assessore alla cultura Cavazza resiste. Resiste nonostante il flop clamoroso della mostra al Mata. Perchè - al di là della retorica sui numeri che possono essere sempre interpretati come le grida di Azzeccagarbugli- per il «Manichino della storia» targato Milazzo-Bottura-Mazzoli-Muzzarelli, parlare di flop è il minimo. Una mostra lanciata come l’evento del secolo, costata 550mila euro di soldi pubblici (209mila dalla sola Regione) che ha incassato meno di 37mila euro e ha intercettato meno di 10mila visitatori paganti... Beh più che un flop è un disastro. E i paragoni con altre mostre che avrebbero intercettato meno spettatori sono ridicoli: sarebbe - per soldi spesi e per clamore mediatico - come paragonare il numero di partecipanti al carnevale di Rio con quelli del carnevale di Saliceta San Giuliano (per rimanere in tema prequaresimale).
Comunque Cavazza resiste. Non si dimette.
Parla di cultura che ‘resta pubblica’ e tira dritto. Dopo il tragico esito del «Manichino» (mostra disorganizzata, che unisce eccellenze al nulla e nella consapevolezza che almeno Basquiat non avrebbe meritato tanto insulto), presenta un programma del Mata anonimo e provinciale. Che passa per le foto di Zagaglia e Fontana, per l’arte polacca di Marinella Paterni e per le figurine ‘Calciatori’. Che va benissimo, rispetto per tutti, ma che dimostra una incapacità sia allo slancio che alla programmazione. Una politica culturale nè da formiche nè da cicale. Incapace sia di slanci improvvisati ma sognanti (magari ospitando a Modena Van Gogh o Munch o Schiele o Turner, perchè no, cavolo), sia incapace di programmare un vero calendario di eventi, magari senza eccellenze. Ma solido e coerente. Niente. Politiche culturali improvvisate. Nè formiche nè cicale.
Tanto per riempire uno spazio preso in affitto - con soldi pubblici- da chi finanziò la campagna elettorale di Muzzarelli. Tanto per dire: ‘vedete che facciamo qualcosa al Mata’. Che forse sarebbe meglio- comunque più coraggioso fare il nulla. E lasciare le stanze vuote. O piene di specchi o muri bianchi. Lasciando ai visitatori la possibilità di immaginare. Parlando con uno specchio o con un muro. Comunque Cavazza resiste. Non si dimette. Perchè qui non si dimette nessuno. Vicesindaco, assessore alla cultura, esponente dell’area cattolica. Resiste Cavazza. Perchè la politica è prima di tutto questo. Resistere. Che poi la colpa del flop del Mata è di Muzzarelli e della sua amicizia con Bottura, lui - Cavazza – nemmeno l’avrebbe fatta quella mostra. L’assessorato alla cultura è una delega pro-forma, un po’ come le pari opportunità. O la legalità per citare la nuova delega data ieri al rampante Bosi. Principi altisonanti per nascondere il vuoto. Lo sanno tutti. Per primo Cavazza. Che infatti resiste. Mica come ha fatto quella pasionaria della Caporioni. Lasciare per questione di principio, per senso di dignità... Ma no. Non si fa.
Redazione Pressa
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