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Non sono i cosiddetti no vax ad aver elevato Novak Djokovic a simbolo. E’ stato l’orrore ideologico dettato dalla follia del green pass ad avere elevato un fenomeno sui campi da tennis ad esempio di coraggio e libertà. Il tennista serbo ieri sera ha vinto il suo ventiquattresimo Slam, nessuno nel mondo del tennis maschile ha mai varcato questa soglia. Record assoluto: il più grande di tutti i tempi è lui ed è di nuovo il numero uno del mondo.
Eppure Djokovic è un simbolo che va ben oltre le sue qualità sportive. E i simboli servono, al di là della loro umanità e del loro talento. Insieme a questo inarrivabile campione si riscatta una fetta di umanità ferita e umiliata ingiustamente, senza motivo alcuno. E le sue vittorie irridono il sistema.
Djokovic che subì l'umiliazione dell'espulsione dall'Australia, Djokovic che venne bandito dagli Stati Uniti, Djokovic irriso da scanzonati giornalisti che saltavano la fila per farsi vaccinare per primi e da burloni virologi eternamente presenti in Tv, ha superato tutti. Ha fatto leva sul suo talento per difendere le sue idee, ha usato il meglio di sè per definire sè. Profeta non tanto di un messaggio legato ad una specifica scelta sanitaria, ma profeta del diritto e dovere di ciascuno di difendere e lottare per quello in cui si crede. Anche quando non conviene, anche quando intorno il mondo ride e deride.
Il re è nudo e a dirlo non è un bambino, ma a gridarlo sorridendo sui campi in cemento di Flushing Meadows a New York è il più grande tennista di sempre.
Giuseppe Leonelli
Redazione Pressa
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