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L'ironia ha voluto che il M5S tornasse al centro dello scenario politico e che il ruolo della Lega venisse ridimensionato. Dalla quasi totale irrilevanza nei confronti dell'alleato di governo a una posizione di netto vantaggio nei confronti della degli altri attori politici, oggi i pentastellati hanno l'imbarazzo della scelta: continuare, dopotutto, insieme alla Lega oppure governare col Pd?
Uno scenario inimmaginabile fino a una settimana fa, quando la Lega - forte dal risultato alle europee - dettava l'agenda politica del governo. Dall'apertura della crisi ad oggi sono cambiate molte cose. Per quanto riguarda i due Matteo, Renzi è tornato almeno per qualche minuto in campo dimostrando di essere sempre lo stesso. In poco tempo, l'ex-premier è passato dal 'mai con i Cinquestelle' a voler formare un governo con questi ultimi per salvare la legislatura.
Alcuni quotidiani all'estero pensavano fosse tornato in vita, ma i Cinquestelle hanno preferito trattare con Zingaretti. In ogni caso la sua prestazione sarà servita da esempio all'altro Matteo, il quale è passato da minacciare la crisi di governo chiedendo di andare subito al voto a fare retromarcia insinuando che il suo telefono è sempre acceso e negando di aver detto qualcosa di simile a 'staccare la spina'.
Proprio colui che ha aperto la crisi, oggi appare spaventato dai risvolti negativi che quest'ultima possa avere. Ritornare al voto è una probabilità che si riduce man mano che la trattativa M5S-PD prende piede e, tenendo in considerazione l'ipotesi di tornare all'opposizione, il Vicepremier ha immaginato uno scenario che non aveva ancora previsto: quello di restare fuori dal governo per anni o almeno durante il tempo sufficiente per vedere sfumare il proprio consenso.
Il fantasma di questo possibile scenario ha reso Salvini meno sicuro di sé. Ora dorme poco e qualcuno lo avrà pure avvertito sulla breve durata del consenso in questi tempi. Di sicuro saranno stati quelli della Lega, i quali hanno fatto pressione su di lui affinché aprisse alla continuità con il M5S per preservare la certezza di restare al governo. Per quanto riguarda i Cinquestelle, le circostanze attuali li rimettono al centro dello scenario. I pentastellati che erano già in trattativa con quello che qualche settimana fa avevano battezzato come il Partito di Bibbiano riferendosi al Pd col quale Di Maio non si sarebbe mai alleato, hanno ricevuto la controfferta di un Salvini che, pur di continuare sulla 'poltrona' darebbe a Di Maio la Presidenza del Consiglio. Sì, esatto, la stessa per cui lui ha aperto la crisi di governo.
Da notare anche il ritorno di Di Maio al centro dell'attenzione e la possibile uscita di scena di un Conte che fino a poche ore fa era considerato come una specie di antitesi a Salvini nonché una figura di riferimento in questa crisi ferragostana. La carta aperta e indirizzata al Ministro dell'interno nella quale rimprovera la sua 'sleale collaborazione' nella vicenda dello sbarco dell'Open Arms lo aveva consacrato come figura politica del momento; e invece è molto probabile che la sua esperienza concluda qui e venga spedito nella Commissione dell'UE.
Tutto sta ad indicare che la catena di eventi che accadono nel bel mezzo di questa strana crisi potrebbe non bastare per suggerire un determinato epilogo. Così, l'ironia ci rimescola tutte le carte, allontanando lo scenario che sembrava 'il più probabile' e riportando in gioco delle altre possibilità. Per concludere, non si può fare a meno di sottolineare le assurde contraddizioni dimostrate dai principali esponenti politici del Paese, le quali dimostrano la mediocrità e la pochezza di una classe dirigente il cui capolavoro resterà quello di aver perso tutta la credibilità a disposizione nel minor tempo possibile.
Estefano Tamburrini
Redazione Pressa
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