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Guerra Ucraina, la comunicazione a senso unico e la storia riscritta

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'Tutto e tutti per la vittoria' è un motto fascista che campeggiava in molti manifesti della propaganda nei primi anni di guerra


Guerra Ucraina, la comunicazione a senso unico e la storia riscritta
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“Tutto e tutti per la vittoria” è un motto fascista che campeggiava in molti manifesti della propaganda nei primi anni di guerra. Il tempo scorre, ma nulla cambia; cambiano gli strumenti che perseguono lo stesso obiettivo: condizionare l’opinione pubblica.

Che la comunicazione generalista sulla guerra in Ucraina sia a senso unico, è un dato di fatto. Ma la posizione dello scrivente, e di un buon numero di intellettuali, è che la non conoscenza anche delle ragioni da parte russa, sia un errore che allontana una soluzione pacifica del contrasto. In nessun modo si vuole assolvere Putin e l’Armata Rossa per quanto sta accadendo, ma quando l’odio è vasto e profondo, si fonda sulla netta e indiscutibile separazione tra il “bene” e il “male”, un qualsiasi accordo diventa estremamente difficile se non impossibile e i conflitti, invece che risolversi, si ampliano.

Nelle guerre, la propaganda bellica appartiene sempre a entrambe le parti, con la creazione di false notizie (smettiamole di chiamarle fake news: esiste il termine in italiano!). Tuttavia, sono sempre stati difesi certi limiti, certe fonti che in modo più oggettivo presentavano e commentavano i fatti.

Una delle prove sull’esistenza in Ucraina di manipoli filo nazisti e nazionalisti contro le popolazioni russofone più legate culturalmente e politicamente a Mosca, è l’eccidio di Odessa. La questione non è limitata al “Battaglione Azov”, ma è molto più vasta e articolata e affonda le proprie radici nei 3 anni d’occupazione hitleriana, dal 1941 al 1944. Di ciò si occuperà un articolo successivo.

Ebbene, oggi l’enciclopedia più consultata è Wikipedia e ad essa tutti guardano con fiducia per l’esattezza delle informazioni e l’obiettività.

Fino a qualche giorno addietro, esisteva una voce dal titolo “Rogo di Odessa” che così raccontava quell’episodio: “La strage di Odessa è un massacro avvenuto il 2 maggio 2014 ad Odessa presso la Casa dei Sindacati, in Ucraina, ad opera di estremisti di destra, neonazisti e nazionalisti filo occidentali ucraini ai danni dei manifestanti sostenitori del precedente governo filo russo, […]. Nel rogo, preceduto e seguito da linciaggi e violenze nei confronti degli aggrediti, trovarono la morte almeno 48 persone […].”

A suo tempo, il fatto sconvolse il mondo e la regista francese Anne-Laure Bonnel, presente per girare un documentario sul Donbass e la pressione militare esercitata soprattutto sui civili da parte del nuovo governo (a questo link potete guardare il girato, sopra un fotogramma), riuscì a catturare alcune immagini e a intervistare dei semplici soldati e poliziotti che divennero disertori, dopo questo massacro.

Oggi, la versione di Wikipedia è profondamente cambiata, ma è ancora possibile leggere, con il comando appropriato, la versione precedente, quella da me citata. Ecco il nuovo testo: “Il rogo di Odessa è stato un incendio verificatosi il 2 maggio 2014 presso la Casa dei sindacati di Odessa, in Ucraina, a seguito di violenti scontri armati fra fazioni di militanti filo-russi e di sostenitori del nuovo corso politico ucraino determinatosi nel paese dopo le proteste di Euromaidan. Il rogo ha portato alla morte di 42 persone.”

I morti sono diventati 42 e i neonazisti si sono trasformati nei “sostenitori del nuovo corso politico”. Nel documentario che possiamo considerare più veritiero e obiettivo – girato al tempo dei fatti, non ora e da una regista francese – si scopre la ragione di questo incendio dovuto al lancio di bombe Molotov da parte dei filonazisti verso le finestre dell’edificio, ma la nuova versione di Wikipedia dice che questi lanci avvennero da entrambe le parti e fa risalire lo scontro a due tifoserie opposte che s’erano radunate per assistere alla partita di calcio Futbol'nyj Klub Čornomorec' e la Metalist Charkiv. Potrebbe essere, ma i morti bruciati e sparati sono stati da una parte sola: quella che aveva cercato di proteggersi all’interno del sindacato.

La ricostruzione della Polizia, giunta sul posto a fatti conclusi come sempre si riscontra nelle immagini, aggiunge poi una nota di un cinismo disarmante: l’indagine ufficiale governativa ha reputato come probabile che l’incendio sia stato provocato accidentalmente dagli stessi occupanti l’edificio. Insomma, preparando maldestramente delle Molotov da lanciare contro il “Battaglione Azov” che li assediava, si sono dati fuoco da soli e le bombe incendiarie del documentario sono effetti cinematografici o gesti di singoli e di alcuna rilevanza.

Il nuovo racconto di Wikipedia afferma poi che “La polizia ucraina procedette a diversi arresti, fra i quali anche 63 manifestanti anti-Maidan usciti illesi dagli scontri e successivamente scarcerati, in circostanze non del tutto chiare, durante un attacco di miliziani pro-russi al quartier generale della polizia stessa.” Insomma, questi filorussi si incendiano per proprio conto, muoiono in 42 o almeno 48 non lo sappiamo e, quelli che si salvano dal “Battaglione Azov” e dalle fiamme, sono arrestati. Fortunatamente per loro, gli amici hanno preso d’assalto la sede della polizia e li hanno liberati.

“Tutto e tutti per la vittoria” è un motto fascista che campeggiava in molti manifesti della propaganda nei primi anni di guerra. Il tempo scorre, ma nulla cambia; cambiano gli strumenti che perseguono lo stesso obiettivo: condizionare l’opinione pubblica.

Massimo Carpegna

Massimo Carpegna
Massimo Carpegna

Visiting Professor London Performing Academy of Music di Londra. Docente di Formazione Corale e del master in Musica e Cinema presso Istituto Superiore di Studi Musicali Vecchi Tonelli..   Continua >>



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