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La conversione del Drake: 'Anche i miti sono fragili e hanno bisogno di Dio'

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A 35 anni dalla scomparsa di Ferrari, proponiamo la testimonianza integrale di don Galasso Andreoli


La conversione del Drake: 'Anche i miti sono fragili e hanno bisogno di Dio'
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Sono passati 35 anni da quel 14 agosto del 1988, quando all'età di 90 anni moriva Enzo Ferrari. Tra i tanti ricordi e aneddoti ancora vivi nella enorme eredità umana e materiale lasciata dal Drake, vi è una testimonianza forse non nota a tutti. Si tratta di una pubblicazione donata ai partecipanti alla cerimonia di commemorazione nel decimo anniversario della morte, firmata da don Galasso Andreoli, per decenni cappellano della fabbrica Ferrari, ma anche capellanno nella sovietica Togliattigrad all'inizio degli anni 70. Un libretto di 10 pagine ormai ricercato oggetto per collezionisti, ma dal contenuto vivo e attuale.
Don Galasso, sacerdote conosciuto e amato da tanti modenesi scomparso nel 2005, ha lasciato una testimonianza umana e spirituale profonda dell'uomo che ha pensato e costruito il mito del Cavallino Rampante.

Un racconto che descrive con tatto e delicatezza la conversione di un uomo che forse più di tutti ha rappresentato l'eccellenza imprenditoriale italiana nel mondo. Una conversione che don Galasso descrive come 'La sua vittoria più bella'.
Ed è per questo che oggi, a 35 anni dalla scomparsa di Ferrari, abbiamo recuperato quella pubblicazione e crediamo che quella testimonianza meriti di essere riproposta in modo integrale.

Dell'Ing. Enzo Ferrari ne hanno parlato libri, riviste e articoli di giornali di tutto il mondo. Da parte mia, desidero rendere noto un aspetto umano e spirituale che tanti non sanno e che forse hanno piacere di conoscere. Ho conosciuto l'Ing. Ferrari nel Febbraio 1957; ero sacerdote da qualche mese e la Ferrari, le Ferrovie e la Nettezza Urbana, erano i miei impegni di apostolato. Quando, nei nostri colloqui, l'Ing. Ferrari prendeva la parola, mi era difficile inserirmi nel dialogo.

Ogni tanto provavo ad obiettare qualcosa, ma era sempre lui che teneva il 'pallino'. Ascoltavo sempre volentieri, con attenzione, anche perché era molto brillante. Non ho mai smesso di fargli visita una volta al mese, quando era possibile e questo ha consentito, col tempo, di rendere il nostro rapporto sempre più confidenziale, tanto da permettermi di scrivergli, nel periodo in cui sono stato a Togliattigrad con la Fiat (1969-1973), in occasione di una grande vittoria della Ferrari (1° e 2° al Gran Premio d'Austria), il seguente telegramma:


E il giorno dopo mi giunse questa risposta immediata.


Ma, nonostante tutto, rimaneva una situazione 'in attesa'. A un certo punto ho cambiato stile. Tutte le volte che andavo da lui avevo sempre un gesto concreto di bontà da proporgli, per un suo dipendente o per qualche familiare. Non ha mai detto di no. Ne voglio raccontare alcuni.
• Un lavoratore delle fonderie mi chiese se parlavo a Ferrari affinché raccomandasse sua figlia, neo ragioniera, in un istituto bancario modenese. Al che Ferrari con toni da burbero benefico: 'Perché non viene lui a chiedermelo?'. Il lavoratore andò e sua figlia fu assunta in quella banca.
• La Città dei Ragazzi di Modena aveva bisogno, per la scuola meccanici, di un motore 'formula uno', da sezionare. Appena ebbi esposto la mia richiesta, con quel fare scherzoso di quando era 'in buona' (e solo in questi casi mi dava del tu) mi disse: 'A forza di portare fuori dei pezzi, ti manca soltanto il telaio e poi ti fai la macchina'. Era vero..., se i pezzi, presi con discrezione, non li avessi subito regalati agli amatori. Ora alla scuola meccanica della Città dei Ragazzi fa bella mostra di sé un motore a sei cilindri.
• La sorella di un dipendente, abitante a Modena, aveva adottato un bambino gravemente ammalato, rifiutato dai genitori. La Usl di Firenze - presso cui lavorava questa eroica ragazza, nubile - non le concedeva il trasferimento alla Usl di Modena. L'Ing. Ferrari si commosse tanto che usò tutto il suo ascendente per ottenere il trasferimento immediato di quella giovane, e ci riuscì.
• La direzione dello Zuccherificio di Massa Finalese era indecisa se farmi entrare come cappellano in quell'ambiente di lavoro: l'Ing. Ferrari mi scrisse addirittura una... sua raccomandazione. Peccato che non abbia conservato il testo.
• Quando ci fu l'attentato al Papa lo vidi quasi sconvolto. Mi confidò che aveva recitato un'Ave Maria per la sua guarigione e aggiunse: 'E' l'unica persona al mondo che parla con autorità e non si lascia condizionare da nessuno'. 'È un prototipo come lei!', risposi io. Mi sorrise.
• Quando arrivava qualche suo vecchio meccanico dei 'tempi d'oro', spesso vedevo la sua segretaria preparare un assegno per la firma e sono certo che era un'offerta spontanea, non richiesta.
• Non vanno dimenticate le iniziative di ordine pubblico: aver finanziato le ricerche sulla distrofia muscolare; il centro di risonanza magnetica al Policlinico di Modena e l'aver dato ai distrofici della nostra città un centro permanente (in via Mascagni) che, oltre all'ambulatorio, gestisce - tramite volontari - una cooperativa di lavoro per disabili. Il fatto poi, che il figlio Piero continui, con umiltà e semplicità, a finanziare le opere del padre, è molto significativo: non gli ha lasciato solo un patrimonio economico, ma anche un'eredità di valori umani. Sono convinto che sono stati queste scelte e questi gesti che l'hanno preparato all'incontro col Signore, nonostante le sue forti passionalità, non sempre controllate. Insieme alla morte immatura del suo Dino, che incise profondamente nel suo animo, tanto da fargli sentire, nonostante la gloria umana, la precarietà della vita.

Quando il sabato 9 Maggio 1988, dopo aver tanto pregato, andai a far visita all'Ing. Ferrari per parlargli della necessità di mettere ordine nella sua anima - se voleva incontrare le due persone che aveva tanto amato, il figlio Dino e la sua buona mamma - aggiunsi: 'Se ci fosse qui l'Abate Alberto Clerici (defunto nel 1972, che lui tanto stimava) lei si sarebbe già confessato'. Poi, ritenendo di non essere io la persona più adatta, gli proposi: 'Vuole che le vada a chiamare un prete?'. E lui, di rimando, con il solito tono autoritario, ma che tradiva emozione: 'Ce l'ho già il prete!', e mi posò una mano sulla spalla. Fu così bello che non ebbi più timore di tornare da lui, la vigilia della venuta del Papa, con la teca dell'Eucaristia per riproporgli la confessione e comunicarlo. Alla fine, dopo un po' di silenzio trascorso in preghiera, gli chiesi se il giorno seguente, 4 Giugno, poteva venire a Maranello per incontrare il Papa. Con rammarico mi disse che non se la sentiva per i suoi disturbi e per la forte debilitazione. Era sincero e lo provano queste sue parole: 'So che al Papa piacciono gli orologi, gliene ho fatto fare uno proprio apposta per lui, da una fabbrica svizzera e domani glielo faccio avere'. Sembrava un bambino che avesse preparato un regalo per il papà. L'indomani ci fu una lunga telefonata tra l'Ingegnere Ferrari e il Papa. Che cosa si siano detti, mai nessuno lo saprà. Avevo chiesto all'Ing. Ferrari di poter riferire al Papa che si era confessato e comunicato e, prima che avvenisse la telefonata, il Papa era già stato informato. Il grande e prolungato abbraccio che il Papa mi diede, sul palco della pista di Fiorano, quel giorno, era certamente per esprimermi la gioia di quella notizia. Tornai ancora a visitare l'illustre amico. Non andai in ferie con i miei parrocchiani proprio per essergli vicino. Il 14 Agosto, visto che le sue condizioni erano peggiorate, gli proposi l'olio degli infermi, che accettò. Era così lucido che nulla faceva supporre, a così breve scadenza, il decesso. Erano già i Vespri della Madonna Assunta, quando ricevette l'Unzione e, pochi minuti dopo, in piena lucidità, concluse la sua giornata terrena: il 14 agosto 1988.

Perché mi sono permesso di raccontare tutto questo? Di molte vicende umane a lieto fine sono stato testimone, ma questa soltanto desidero rendere pubblica. Da un'inchiesta giornalistica è emerso che le tre realtà più note del mondo sono la Coca Cola, Ferrari e Brigitte Bardot. Enzo Ferrari ormai appartiene alla storia. Ritengo che tutti abbiano il diritto di conoscere e di rallegrarsi dell'avvenimento più bello della sua vita, che lo onora tanto; specialmente i giovani che in lui vedono un mito. Non è male riflettere che anche i miti sono fragili e hanno bisogno di Dio.
Mi viene spontaneo l'accostamento alla grande figura di Napoleone. Quando Napoleone, a Sant'Elena, sentendo avvicinare la fine dei suoi giorni, chiese al Papa Pio VII - che aveva tenuto prigioniero e bistrattato - un sacerdote per disporre la sua anima al grande passaggio, Pio VII volle che fosse addirittura un sacerdote della Corsica ad andare a Sant'Elena, perché potessero familiarizzare meglio. In quell'occasione, a Napoleone fu chiesto, da chi gli era vicino: 'Ma come, tu, il grande Napoleone, senti la necessità di un prete?'. E Napoleone di rimando: 'Solo un incosciente si accinge a varcare la soglia del mistero senza riconciliarsi con Dio'. A questo punto mi sembra di sentire la voce del fratello maggiore di cui parla il Vangelo di Luca nella parabola del 'Figliuol prodigo': ma è giusto una così facile riconciliazione dopo una vita in cui Dio sembrava dimenticato? Nel cuore di ogni uomo, pure del peccatore più incallito, c'è Dio, anche se impedito ad emergere. E quel Dio, quasi paralizzato dal peccato dell'uomo, è sempre pronto a farsi sentire nella coscienza e nel cuore dei suoi figli, appena gliene danno l'occasione. È bene, poi, che tutti sappiano che nessuno è salvo per i propri meriti. La salvezza è un dono del tutto gratuito. L'unico modo di salvarsi è quello del pubblicano che si batte il petto e dice, senza alzare gli occhi al cielo: 'Signore, abbi pietà di me, peccatore'. 'E le opere?', dirà qualcuno. Le opere ci vogliono, ma come risposta all'amore gratuito di Dio che ci ha salvati per amore. Le opere non sono quindi la causa della salvezza: È solo la misericordia di Dio che ci salva.

Da ultimo, ci tengo a precisare che sarei presuntuoso se attribuissi a me stesso l'accostamento a Dio di Ferrari. Il sacerdote, in questi casi, è solo uno strumento, e spesso inadeguato, nelle mani di Dio.
Sac. Galasso Andreoli cappellano della Ferrari
Modena, 14 Agosto 1998 decennale della nascita al cielo dell'Ing. Enzo Ferrari

Redazione Pressa
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